Pzifer, Paramount, Walmart e non solo fanno marcia indietro sull’inclusività

L'ultima è la big pharma Pfizer, ma sono moltissimi i nomi noti di aziende americane che stanno smantellando i loro programmi su diversità e inclusione per compiacere il presidente Donald Trump. E c'è pure un influencer che si dedica alla missione.

Mar 9, 2025 - 16:37
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Pzifer, Paramount, Walmart e non solo fanno marcia indietro sull’inclusività

L’ultima è la big pharma Pfizer, ma sono moltissimi i nomi noti di aziende americane che stanno smantellando i loro programmi su diversità e inclusione per compiacere il presidente Donald Trump. E c’è pure un influencer che si dedica alla missione

 

Diritti e ideali contano finché fanno guadagnare. Le società americane – non solo tech come Google, Meta e Amazon – si stanno rimangiando tutte le buone intenzioni dichiarate nei loro programmi aziendali dedicati a diversità e inclusione, noti come DEI, acronimo di Diversity, equity, and inclusion (diversità, equità e inclusione).

Ecco chi cerca di guadagnarsi il favore del presidente Donald Trump.

PFIZER ORA PREFERISCE IL “MERITO”

“Merito” anziché “diversità”. Giovedì scorso Pfizer ha apportato alcune importanti modifiche alla sua pagina web dedicata a diversità, equità e inclusione. In particolare, ha eliminato alcuni termini relativi alle iniziative per la diversità e ha posto una nuova enfasi sul “merito”, proprio come suggerito da un ordine esecutivo firmato da Trump.

Il titolo della pagina web è passato da “Diversità, equità e inclusione” a “Diversità, equità e inclusione basate sul merito”. L’azienda, stando a Quartz, ha anche aggiunto una nuova frase al paragrafo introduttivo della pagina: “La nostra cultura della diversità, dell’equità e dell’inclusione è basata sul merito: una cultura in cui il duro lavoro, il talento e i contributi guidano il successo e le barriere alle opportunità vengono rimosse”. Sono state fatte anche altre modifiche simile.

Il Ceo di Pfizer Albert Bourla, insieme agli amministratori delegati di PhRMA, Stephen Ubl, e di Eli Lilly, David Ricks, era stato invitato a metà dicembre da Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago per una cena con il segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., il quale lo aveva rassicurato promettendogli che non avrebbe dichiarato guerra ai vaccini e ai farmaci in generale.

ANCHE ALTRE BIG PHARMA SI ALLINEANO

Ma Pfizer non è l’unica nel settore che fa marcia indietro perché, come fa notare Bloomberg, “i produttori di farmaci dipendono dai programmi sanitari statali, tra cui Medicare e Medicaid, per una parte sostanziale delle loro entrate”.

All’inizio del mese anche altri amministratori delegati delle principali case farmaceutiche si sono incontrati con Trump e, secondo la testata economica, Bristol Myers Squibb, Johnson & Johnson, Biogen, Genentech (la divisione statunitense di Roche) e Alnylam Pharmaceuticals hanno recentemente rimosso i riferimenti alla DEI dalle loro relazioni annuali.

Eli Lilly, invece, annunciando un investimento di 27 miliardi di dollari in quattro nuovi siti produttivi negli Stati Uniti, ha chiesto una “proroga o un miglioramento” degli sgravi fiscali.

CINEMA E TV DIVENTANO TRUMPIANE

Anche una parte di cinema e televisione vira nella direzione indicata da Trump. Per quanto riguarda Disney, non sorprende molto la decisione di sbarazzarsi dell’iniziativa Reimagine Tomorrow, utilizzata per mettere in luce storie e talenti di comunità sottorappresentate e l’eliminazione delle valutazioni dei dirigenti incentrate sulla diversità. Da tempo infatti la multinazionale è passata da essere il tempio del politically correct a simbolo anti-woke.

Paramount, invece, secondo Quartz, ha sorpreso Hollywood annunciando che non utilizzerà più obiettivi di diversità nelle assunzioni e ha iniziato a rimuovere il linguaggio DEI dal suo sito web.

Infine, non molto tempo dopo che il capo della Commissione federale per le comunicazioni di Trump ha ordinato un’indagine su NPR, un’organizzazione indipendente non profit comprendente oltre 1 000 stazioni radio statunitensi, e Public Broadcasting Service (PBS), un’azienda no-profit di televisione pubblica, quest’ultima ha annunciato che cesserà le sue iniziative DEI per “garantire il rispetto dell’ordine esecutivo del presidente”. PBS, ricorda il Time, riceve finanziamenti per la sua programmazione per bambini dal dipartimento dell’Istruzione Usa e dalla National Science Foundation, filtrati dalla Corporation for Public Broadcasting.

LA MARCIA INDIETRO DI GRANDI MAGAZZINI, INDUSTRIA ALIMENTARE E AUTOMOBILISTICA

Non si oppongono al volere di Trump nemmeno la catena di grandi magazzini Target di Minneapolis, che dopo le proteste per la morte di George Floyd aveva totalmente sposato le politiche DEI, il produttore di birra Molson Coors e quello di whisky Jack Daniel’s, oltre al gigante Pepsi – contrariamente alla rivale Coca-Cola, che mantiene il suo impegno.

Prima ancora degli ordini esecutivi, pure McDonald’s e Walmart avevano annunciato la ritirata. Walmart ha addirittura detto che non venderà più alcuni prodotti LGBTQ+, come deciso da Target. Marcia indietro anche per l’azienda specializzata in bricolage e ferramenta Lowe’s.

Pure i giganti delle due e quattro ruote annullano gli impegni presi. Tra loro, Harley-Davidson, Toyota e Ford.

LE BANCHE DI INVESTIMENTO CI RIPENSANO

Negli ultimi giorni anche Goldman Sachs ha annunciato di aver cancellato gli obiettivi di diversità che si era data, adeguandosi all’ordine esecutivo di Trump che prevede questo obbligo per quanti vogliono lavorare con gli uffici federali. Come ricorda il Sole 24 Ore, la mossa della banca d’investimento arriva dopo che “Citigroup ha annullato gli obiettivi di diversità fissati nel 2022 con scadenza al 2025 e ha dichiarato che non richiederà più una selezione di candidati o intervistatori basata su criteri di inclusione”.

Quartz osserva che “forse nessuna azienda ha fatto un’inversione di rotta più rapida di Citigroup”. Il responsabile delle assunzioni infatti a dicembre ha detto: “La DEI fa parte del nostro DNA”, ma appena un mese dopo l’insediamento di Trump e la dichiarazione che le politiche DEI sono illegali nei contratti federali, Citigroup ha staccato la spina alla maggior parte dei suoi programmi DEI, citando i contratti governativi. In questo vortice di giravolte, il Sole riferisce che la Ceo Jane Fraser ha voluto precisare in una lettere ai dipendenti che i valori aziendali e le strategie interne non cambieranno.

Anche Bank of America, Morgan Stanley, JPMorgan, Huntington e Wells Fargo hanno ridotto le proprie iniziative DEI negli ultimi giorni.

CHI RESISTE

L’amministrazione Trump sta cercando di eliminare questi programmi in tutti i settori pubblici e privati, comprese le scuole pubbliche e le forze armate ma qualcuno resta fedele agli impegni presi. È il caso del rivenditore di cosmetici Lush che, senza mezzi termini, ha dichiarato di non avere “intenzione di fare marcia indietro su nulla”, anzi, si è assicurato che fosse ben chiaro lanciando una linea di bath bomb proprio a tema DEI.

Sicuri di proseguire nella giusta direzione anche la National Football League, Delta Airlines (contrariamente a Boeing) e l’azienda notoriamente progressista Ben&Jerry’s. “Crediamo che le aziende che si inchinano timidamente all’attuale clima politico tentando di tornare indietro nel tempo diventeranno sempre meno competitive sul mercato e alla fine saranno giudicate come se fossero state dalla parte sbagliata della storia”, ha dichiarato l’azienda di gelati in un comunicato.

Per ora resistono anche Apple e Costco nonostante alcuni azionisti della catena di ipermercati abbiano tentato di revocare le politiche DEI, difese dal consiglio di amministrazione, e il think tank conservatore National Center for Public Policy Research abbia invitato il produttore di iPhone a demordere. Gli azionisti però hanno respinto la proposta.

LA CROCIATA DELL’INFLUENCER ROBBY STARBUCK

Se Stephen Miller, uno dei principali consiglieri di Trump, ha utilizzato il suo gruppo America First Legal per citare in giudizio le aziende che utilizzano iniziative DEI, così come i programmi incentrati sull’aiuto agli americani non bianchi, il vero braccio dietro alle non troppo velate minacce è Robby Starbuck che, per la sua battaglia contro quella che considera l’ideologia “di sinistra” nei consigli d’amministrazione, ha messo una vera e propria strategia di attacco sostenuta dal suo esercito di 600mila follower su X.

Ex regista di video musicali e influencer che si è candidato senza successo al Congresso come repubblicano, ha sviluppato negli ultimi tempi un notevole seguito online facendo campagna contro le politiche aziendali DEI, tanto da attribuirsi il merito del cambio di passo di Walmart. Nel suo passato anche una campagna contro le mascherine anti-Covid e i vaccini obbligatori durante la pandemia e un documentario, realizzato con la moglie e promosso da Elon Musk e Trump, contro la teoria del gender intitolato The War on Children.

Starbuck, a cui tutte le aziende contattate si sono inchinate, ha detto al Financial Times: “La situazione che queste aziende stanno affrontando è un mondo nuovo e molto diverso, in cui ho una linea diretta con una parte considerevole dei loro clienti. Questi clienti sono impegnati e hanno capito una cosa molto importante: i loro portafogli sono un’arma”.