Permacultura, non solo agricoltura: lentezza, diversità e resilienza per stare meglio con se stessi e con gli altri
Di permacultura si parla molto, ma soprattutto come una tecnica agricola, come una filosofia della coltivazione improntata alla sostenibilità. In realtà, la permacultura, come spiega bene lo psicologo ed esperto del tema Alessandro Marfia nel libro La tua vita in permacultura. Costruire relazioni sostenibili tra persone e natura (Terra Nuova) è una “disciplina che offre […] L'articolo Permacultura, non solo agricoltura: lentezza, diversità e resilienza per stare meglio con se stessi e con gli altri proviene da Il Fatto Quotidiano.

Di permacultura si parla molto, ma soprattutto come una tecnica agricola, come una filosofia della coltivazione improntata alla sostenibilità. In realtà, la permacultura, come spiega bene lo psicologo ed esperto del tema Alessandro Marfia nel libro La tua vita in permacultura. Costruire relazioni sostenibili tra persone e natura (Terra Nuova) è una “disciplina che offre una visione sistemica del mondo in cui viviamo e anche delle nostre vite e dei nostri ambienti”. I fondatori di questa visione hanno immaginato un sistema che imitasse il funzionamento della natura e lo hanno proposto per la produzione di cibo, “ma i principi della permacultura che ne sono venuti fuori sono applicabili in qualsiasi ambito, nelle organizzazioni così come nella vita di tutti i giorni e nelle nostre relazioni”, afferma l’autore. Ad esempio, uno dei principi di progettazione è “piccolo è lento”. I fondatori della permacultura hanno notato infatti che i “processi naturali sono piccoli, che la natura si muove lentamente e che questa lentezza diventa abbondanza, raggiunta a piccoli passi. Ecco, in un momento storico in cui la nostra cultura ci impone di andare velocissimo, rallentare, muoversi a piccoli passi, avere una visione a lungo termine diventa fondamentale”.
“Integrare” invece di separare, “usare e valorizzare la diversità”
Osservando i modelli naturali nel mondo vegetale e animale, si può notare che alla base del funzionamento del mondo vegetale e animale c’è l’integrazione. “Noi in natura”, prosegue Marfia, “non conosciamo un uliveto fatto solo di ulivi o una foresta fatta solo di alberi, la monocoltura è umana, invece una foresta è un insieme di specie integrate tra loro, talmente tante che non riusciamo quasi a contarle. Ecco, questa capacità di integrare invece di separare l’abbiamo persa, eppure la potremmo usare in moltissimi ambiti, persino quello lavorativo”.
In un sistema naturale la diversità è un valore di base. La permacultura propone la valorizzazione della diversità, che non è vista come qualcosa solo da accettare, ma come un valore aggiunto. In un sistema progettato in permacultura la diversità porta resilienza. “Se ho un uliveto ma le olive mi vanno male, sono perduto. Ma se in quell’uliveto c’è spazio anche per agrumi, frutta, erbe aromatiche, la mia resilienza aumenta. Lo stesso vale a livello sociale e relazionale, se valorizzo la diversità avrò la possibilità di aggiungere valore alla mia vita e resilienza”.
Osserva e interagisci, il primo principio di progettazione
Un altro aspetto ancora che caratterizza la permacultura è quello di osservare prima di interagire. “È fondamentale”, continua l’esperto, “osservare prima ancora di fare, e osservare nel tempo. In agricoltura ad esempio c’è ancora la tendenza di ‘studiare’ poco di quello che un sito ci offre e decidere un po’ a priori ciò che voglio coltivare, secondo logiche di mercato che poco si sposano con quelle locali, climatiche e morfologico/paesaggistiche. Osservare le condizioni del sistema in cui interviene, dal terreno, da come si muove l’acqua, lavorare con e non contro la natura. La permacultura propone lo studio di ciò che accade e cerca di capire cosa già funziona, in modo da risparmiare energie e intervenire in una fase di progettazione, con maggiore possibilità che tutto funzioni”.
E ancora: un altro aspetto chiave è quello del feedback, che in permacultura viene visto come una risposta positiva a quello che succede, non come un problema, semmai, anzi, come una necessità di cambiamento, come una soluzione da trovare.
Insomma, lungi dall’essere un sistema agricolo poco produttivo, una agricoltura del non fare, la permacultura ha una visione sistemica che, se applicata anche in altri ambiti, convertirebbe i conflitti in risorse. Infine, a livello mentale aiuta a circoscrivere i problemi sui quali si può agire, riducendo lo stress che arriva da fattori esterni e distanti rispetto ai quali non posso fare nulla. “Concentrarsi sul locale, ecco un altro punto della permacultura. Perché il locale è l’ambito in cui posso prendere decisioni, in cui ho controllo e questo aiuta a stare meglio”.
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