Perché Sanremo ora è solo la “bancarella” delle etichette discografiche internazionali

Sono le grandi etichette multinazionali della musica, le cosiddette major discografiche, a decidere chi sale sul palco di Sanremo per il Festival che, da sempre, la maggiore vetrina della musica italiana. Se guardiamo i numeri, la risposta è chiara: Warner, Sony e Universal dominano il settore, controllando l’86% delle canzoni presentate in gara. Il mercato […] L'articolo Perché Sanremo ora è solo la “bancarella” delle etichette discografiche internazionali proviene da Economy Magazine.

Feb 18, 2025 - 14:40
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Perché Sanremo ora è solo la “bancarella” delle etichette discografiche internazionali

Sono le grandi etichette multinazionali della musica, le cosiddette major discografiche, a decidere chi sale sul palco di Sanremo per il Festival che, da sempre, la maggiore vetrina della musica italiana. Se guardiamo i numeri, la risposta è chiara: Warner, Sony e Universal dominano il settore, controllando l’86% delle canzoni presentate in gara. Il mercato musicale italiano sembra quindi essere solo una pedina in un gioco globale gestito da grandi investitori, fondi speculativi e strategie finanziarie. Il tutto decise lontano dall’Ariston.

Il monopolio delle etichette discografiche internazionali a Sanremo

Se analizziamo la provenienza degli artisti di Sanremo, scopriamo che 30 concorrenti appartengono a una delle tre grandi etichette discografiche: 15 di Warner, 9 di Sony e 6 di Universal. Solo quattro artisti provengono da etichette indipendenti. Questo dimostra come il controllo della musica italiana sia saldamente nelle mani delle multinazionali, che operano attraverso le loro filiali o consociate.

Universal, con sede operativa a Santa Monica, detiene il 32,1% del mercato e gode del sostegno finanziario di colossi come Vivendi, Tencent Holding e Pershing Square. La Sony Music, diretta da Rob Stringer, controlla oltre il 20% del settore globale ed è sostenuta da un impero finanziario che fa capo a Theo Kolokotronis, magnate con un patrimonio da 136 miliardi di dollari. Warner, con il 15,9% del mercato, appartiene invece a Len Blavatnik, il cui impero si estende fino a DAZN.

Un business miliardario

Sanremo è un evento mediatico e musicale di enorme impatto economico. L’edizione appena conclusa ha generato oltre 245 milioni di euro, con una crescita della raccolta pubblicitaria di 67 milioni. La Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) stima che il comparto musicale nazionale abbia prodotto un indotto di circa 500 milioni di euro nell’ultimo anno, spinto soprattutto dagli streaming e dagli abbonamenti alle piattaforme digitali.

Tuttavia, a livello globale il mercato musicale vale quasi 29 miliardi di dollari e l’Italia, pur essendo la terza realtà europea, conta ancora poco rispetto agli Stati Uniti, che dominano il settore. Le etichette italiane sembrano svegliarsi solo in presenza di fenomeni eccezionali come i Måneskin, capaci di conquistare il mercato internazionale.

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Con Sanremo le etichette discografiche scommettono sui cantanti italiani “da esportazioni”

Le major internazionali continuano a chiedersi se l’Italia possa ancora sfornare artisti capaci di sfondare all’estero. Sanremo ha premiato cantautori come Olly, Corsi, Brunori, Fedez e Cristicchi, segnando un ritorno all’originalità e all’autenticità musicale. Ma senza investimenti strutturati e strategie di lungo periodo, il rischio è che questi talenti restino confinati al mercato nazionale.

Mentre cala il sipario sul Festival, resta una domanda aperta: la musica italiana ha ancora la forza di imporsi su scala globale o resterà una scatola mezza vuota, gestita da lontano da pochi colossi finanziari?

 

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