Per ripristinare la natura del Pianeta basterebbe una frazione minima del PIL globale
Per ripristinare la natura in almeno 115 nazioni del mondo basterebbe una cifra compresa tra lo 0,04 e lo 0,27% del PIL mondiale, per dieci anni. La stima è contenuta nel primo studio completo sui costi del ripristino dei territori nel mondo, pubblicato sulla rivista specializzata Land Degradation and Development. A fronte di un sacrificio […] The post Per ripristinare la natura del Pianeta basterebbe una frazione minima del PIL globale appeared first on L'INDIPENDENTE.

Per ripristinare la natura in almeno 115 nazioni del mondo basterebbe una cifra compresa tra lo 0,04 e lo 0,27% del PIL mondiale, per dieci anni. La stima è contenuta nel primo studio completo sui costi del ripristino dei territori nel mondo, pubblicato sulla rivista specializzata Land Degradation and Development. A fronte di un sacrificio sostanzialmente irrisorio da parte di tutti i Paesi del mondo, quindi, si potrebbe porre rimedio a un problema che affligge oltre un terzo della popolazione mondiale, con ripesanti cadute in termini sociali, economici e ambientali sulla vita di tutti.
Secondo le stime delle Nazioni Unite, circa il 40% dei territori nel mondo è degradato (ovvero a ridotta produttività biologica o economica), con ricadute su almeno tre miliardi di persone in termini di sicurezza e stabilità. Tra le principali cause vi sono pratiche agricole non sostenibili, deforestazione, estrazione mineraria e urbanizzazione incontrollata. Questa tendenza si potrebbe invertire con interventi mirati a seconda delle specifiche del luogo. Tra questi, si contano pratiche quali la riforestazione, la conservazione del suolo e la protezione dei processi naturali, ma anche la piantumazione di vegetazione nativa e la creazione di aree protette. Azioni di questo tipo contribuiscono a migliorare la fertilità del terreno, aumentare la ritenzione idrica e prevenire il degrado del territorio, con il conseguente arricchimento della biodiversità e ripristino degli ecosistemi. I terreni sani, inoltre, sono in grado di assorbire l’anidride carbonica: di fatto, quasi l’80% del carbonio immagazzinato nei sistemi terrestri si trova nel suolo.
Secondo una recente analisi, il ripristino della natura nelle 115 nazioni che si sono impegnate, tramite la firma di patti e trattati, a recuperare circa un miliardo di ettari di territori degradati entro i loro confini (un territorio complessivamente grande quanto il Canada) costerebbe tra i 311 e i 2,1 mila miliardi di dollari. Una cifra che a prima vista può sembrare enorme, ma che rapportata rappresenta appena una percentuale compresa tra lo 0,04% e lo 0,27% del PIL globale, suddiviso in dieci anni. I dati provengono dall’analisi dei dati della Banca Mondiale e di altri strumenti, quali il database Worldview of Conservation Approaches and Technologies (WOCAT), oltre che della letteratura accademica. Gli interventi per i 243 progetti di ripristino in tutto il mondo hanno costi estremamente variabili, che oscillano tra i 185 dollari all’ettaro per la gestione delle foreste agli oltre 3 mila per i sistemi silvopascolo.
I Paesi del Sud del Mondo sono quelli nei quali sono presenti la maggior parte dei progetti di ripristino: basti pensare che quasi la metà di questi si trova nell’Africa Subsahariana. Tuttavia, per porvi rimedio la regione sarebbe costretta a sborsare una cifra pari al 3,7% del PIL, un impegno economico difficilmente sostenibile per uno Stato. Soprattutto se si tiene conto del fatto che i costi per implementare progetti di questo genere hanno un impatto diretto sui proprietari terrieri, che potrebbero non poter utilizzare le proprie terre per l’agricoltura o altre attività economicamente redditizie. L’analisi realizzata, infatti, si concentra sui costi diretti per l’implementazione dei programmi di recupero, ma eslude i costi di opportunità (il mancato guadagno dei proprietari terrieri a fronte del mancato uso delle proprie terre per attività economicamente redditizie come l’agricoltura).
L’urgenza, quindi, spiegano gli autori della ricerca a Mongabay, è quella di trovare «meccanismi di condivisione dei costi tra i vari Paesi», oltre che di «implementare approcci di ripristino a basso costo», che evitino di fravare troppo sui membri di una certa comunità. Anche alla luce del fatto, sembra doveroso aggiungere, che spesso sono proprio le nazioni più ricche a sfruttare fino allo sfinimento i terreni dei Paesi più poveri in termini economici.
[di Valeria Casolaro]
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