“Papà oggi sarebbe contento dell’apertura del processo d’Appello. Vogliamo giustizia per mia sorella Serena Mollicone, ma quella vera”: così parla Consuelo
Processo di Appello bis per l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, per il figlio Marco e per la moglie Annamaria, accusati di concorso nell’omicidio della 18enne uccisa nel 2001 L'articolo “Papà oggi sarebbe contento dell’apertura del processo d’Appello. Vogliamo giustizia per mia sorella Serena Mollicone, ma quella vera”: così parla Consuelo proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il suo cuore smise di battere durante la pandemia, Guglielmo Mollicone morì a 72 anni senza ottenere giustizia per sua figlia ma “Papà oggi sarebbe contento. Vogliamo giustizia, ma quella vera”. Le parole sono quelle a caldo di Consuelo Mollicone. La sorella di Serena, la vittima del Delitto di Arce commenta così la volontà della Corte di Cassazione di aprire un processo d’Appello contro le uniche persone accusate di aver ucciso la ragazza. Parliamo dell’ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola, sua moglie Anna Maria e del figlio Marco, assolti in primo e secondo grado. I giudici di Roma hanno annullato la sentenza d’appello e dopo ventiquattro anni il processo dovrà ricominciare.
Il delitto di Arce – Serena, all’epoca diciottenne, scomparve da Arce il primo giugno del 2001 e fu ritrovata senza vita dopo due giorni in località Fontecupa, sempre in provincia di Frosinone. Venne ritrovata in quel boschetto diventato una discarica abusiva con mani e piedi legati e la testa infilata in un sacchetto di plastica sigillata dal nastro adesivo. Per i luogotenenti dei carabinieri Vittorio della Guardia, Ferdinando Scatamacchia e Rosario Casamassima che erano in servizio nei giorni in cui fu compiuto l’omicidio, in servizio al Ris di Roma all’epoca, “la ragazza non è stata uccisa sul posto dove è stato trovato il cadavere. Serena Mollicone ha urtato la porta della caserma dei carabinieri quel giorno”. Secondo i Ris il legno, la resina e la colla trovati sul nastro avvolto sul capo della ragazza sono riconducibili a una porta dell’alloggio della caserma che potrebbe essere stata l’arma del delitto.
Le parole della sorella – “A volte penso a come sarebbe mia sorella Serena Mollicone oggi, se fosse ancora viva. La immagino sposata, con una bella famiglia e un lavoro che la soddisfa. Una donna realizzata, che ha completato gli studi e realizzato i suoi sogni”, dice Consuelo Mollicone che oggi ha 52 anni, circa nove in più di Serena. “La decisione della Cassazione riapre un po’ la speranza che si faccia giustizia” continua Consuelo Mollicone, “è un passo importante. La Procura Generale ha fatto un grande lavoro, e anche i legali che hanno affiancato me e la mia famiglia in questi anni. Come diceva mio padre, non cerchiamo una qualunque forma di giustizia. Ma quella vera”.
Per la forza e il coraggio con cui si è battuto fino alla fine, Guglielmo Mollicone è stato definito un padre-coraggio. Lo descrive così sua figlia: “Era un uomo combattivo e determinato a portare avanti la sua battaglia, non si sarebbe mai arreso. Ha lottato fino alla fine per avere giustizia. Ma papà era anche un uomo buono e altruista, aiutava chiunque gli chiedesse una mano. Ad Arce era conosciuto da tutti, perché avevamo una cartoleria molto frequentata e perché era anche il maestro delle scuole elementari del paese. Nel negozio venivano a trovarlo i suoi ex alunni, ormai diventati adulti. Era colto, parlava latino e francese, suonava il pianoforte, adorava la musica, ascoltava Al Bano e Bocelli. Era stato in seminario, aveva preso il diploma magistrale e si era iscritto all’università a Roma. Ma non si è laureato perché, prima di discutere la tesi, si è innamorato di nostra madre, Bernardella. Lei è morta all’età di 36 anni, per un tumore. Io avevo sedici anni e Serena sei. Era piccola, papà le ha fatto anche da mamma. Non si è mai dato pace per quello che è accaduto a mia sorella, ha chiesto verità e giustizia fino al giorno della sua morte”.
Durante i funerali di Serena a papà Guglielmo fu inferto un altro dolore: venne prelevato in Chiesa davanti a tutti dai Carabinieri diretti allora proprio da Franco Mottola, oggi imputato nel processo di omicidio. La figlia ricorda così quel giorno: “In quel momento non capivamo che cosa stesse accadendo. Non ci hanno lasciato piangere Serena in pace, cercavano in tutti i modi di incolparlo. Hanno iniziato con le perquisizioni a casa per cercare il telefonino di mia sorella che non si trovava, e che poi è ricomparso all’improvviso in un cassetto che i carabinieri avevano già controllato. Per la scomparsa di quel cellulare fecero anche il mio nome, ma io non ero ancora arrivata ad Arce. Da anni vivo lontana dal mio paese, insegno in una scuola in Lombardia”.
Il carrozziere – Per il delitto di Serena venne arrestato all’epoca il carrozziere Carmine Belli. L’uomo fu prelevato dopo che rilasciò alcune dichiarazioni ai carabinieri. Mentre tutta Arce cercava Serena, Belli andò spontaneamente in caserma per raccontare che l’aveva vista il giorno della scomparsa in un bar a pochi passi da Fontana Liri (dove era andata per fare una radiografia), il bar Della Valle, insieme a un ragazzo con i capelli biondi e a spazzola con lei a bordo di un Y10. Per aver rilasciato questa testimonianza il carrozziere è stato accusato di essere l’assassino di Serena ed è rimasto in carcere ingiustamente per 17 mesi.
Fu incriminato perché nella sua carrozzeria fu ritrovato un pezzo di scotch simile a quello ritrovato sul capo di Serena, ma era un materiale comune e facilmente reperibile: chiunque avrebbe potuto averne in casa. Dice oggi Consuelo di lui: “Belli era un ex alunno di papà. Ricordo che mio padre pensava che fosse coinvolto nella sparizione di mia sorella. Ma non c’entrava nulla. E noi abbiamo sempre cercato la verità. Spero che adesso, finalmente, si faccia giustizia. Lo merita mio padre, che anche dal letto dell’ospedale, mentre moriva, sperava di vedere chiusa questa storia. Lo merita, soprattutto, mia sorella, che avrebbe avuto diritto a vivere la sua vita ed essere felice”.
Chi era Serena Mollicone – Sua sorella la ricorda così: “Era una ragazza vivace, allegra, solare. Fin da bambina, metteva il buon umore a chi le stava vicino. Aveva gli occhi di mamma ed era buona come papà. Lui le aveva trasmesso la passione per lo studio – a scuola era bravissima, quando è sparita stava per diplomarsi – e l’amore per gli animali. Un giorno ha trovato per strada una cagnolina molto grande, un pastore maremmano e lo ha portato a casa per curarlo. L’aveva salvata e chiamata Bella. Poco tempo dopo, ha salvato un altro cucciolo, che era finito sotto una macchina. Lo ha portato dal veterinario, lo ha vegliato per intere notti finché non è guarito. Lo aveva chiamato Cucciolo, è morto qualche anno fa. Talvolta, diceva che avrebbe fatto la veterinaria. Ma amava la musica, suonava il clarinetto nella banda del paese. Negli ultimi mesi si era anche fidanzata con un ragazzo, andavano molto d’accordo, erano sereni insieme”.
Serena negli ultimi tempi era preoccupata per i suoi amici, molti erano finiti nel tunnel della tossicodipendenza. Il giorno della festa del Santo Patrono era stata vista da molti affrontare nella piazza del paese Marco Mottola, figlio del maresciallo, davanti a tutti. Da molte testimonianze (fonte: Le Iene, puntata del 15 febbraio 2024) risulta che lei quel giorno gli avrebbe detto: “Se gli continui a dare droga, io ti denuncio“. Questa lite è stata confermata dalla zia della ragazza in fase processuale. “I miei amici muoiono di droga”, le aveva detto. Intanto la decisione della corte suprema é stata accolta da un breve applauso mentre fuori dal Palazzaccio si leggeva su uno striscione: “Serena vive”.
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