Ordine di non pagare l’assegno bancario (revoca ai sensi dell’art.35 Legge Assegni)
Nota a ABF, Collegio di Bologna, 11 ottobre 2024, n. 10799.

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La decisione in oggetto risulta relativa a vicenda che il medesimo Collegio giudicante così sintetizza:
“Dalla documentazione versata agli atti emerge che l’assegno in contestazione risulta emesso in data 16.09.2019 a titolo di caparra confirmatoria relativa ad una proposta di acquisto di un immobile. Stante il mancato avveramento delle condizioni dedotte nella proposta di acquisto, in data 25.11.2019, parte ricorrente chiedeva all’Agenzia Immobiliare, depositaria del titolo, la restituzione dell’assegno, che tuttavia non veniva restituito. Cosicché in data 27/11/2019 parte ricorrente si metteva in contatto per iscritto con la resistente informandola di aver chiesto la restituzione del titolo e manifestando la propria intenzione di evitare che l’assegno venisse incassato. Chiedeva, dunque, indicazioni su come bloccarlo e domandava se potesse essere agevole, allo scopo, rendere incapiente il conto. L’intermediario forniva riscontro al cliente in data 29/11/2019, invitandolo a chiedere la restituzione dell’assegno per procedere al suo successivo annullamento. Rassicurava, inoltre, il ricorrente che fosse, in ogni caso, illegittimo procedere all’incasso dell’assegno. L’assegno, tuttavia, veniva posto all’incasso in data 27.01.2020 e, in pari data, l’intermediario provvedeva ad addebitare il relativo importo sul conto corrente del ricorrente effettuato anche un giroconto di euro 1.500,00 in favore del conto di traenza da un altro conto intestato al ricorrente e alla cointestataria del ricorso”.
Ebbene, in disparte la pur interessante questione procedurale che l’Arbitro affronta preliminarmente per dichiarare infondata un’eccezione di procedibilità avanzata da parte ricorrente, resta da esaminare la disciplina dell’assegno bancario e del pagamento dello stesso per individuare l’eventuale responsabilità risarcitoria della Banca resistente (che viene, infine, riconosciuta e pronunciata.
Nello specifico, l’art 32 del Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 (Legge Assegni) statuisce, tra l’altro che “L’assegno bancario deve essere presentato al pagamento nel termine di otto giorni se è pagabile nello stesso comune in cui fu emesso; di quindici giorni se pagabile in altro comune del Regno; di trenta giorni se è pagabile nei territori comunque soggetti alla sovranità italiana compresi nel bacino del Mediterraneo; di sessanta giorni se è pagabile negli altri territori soggetti alla sovranità italiana. […] I termini suddetti decorrono dal giorno indicato nell’assegno bancario come data d’emissione”. Soggiungendo il successivo art. 35 che “L’ordine di non pagare la somma dell’assegno bancario non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione. In mancanza di tale ordine, il trattario può pagare anche dopo spirato detto termine”.
Da quest’insieme di norme (Legge Assegni, artt. 32 e 35), può trarsi, nei fatti, la seguente serie di regole – argomenta Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9844 del 14/04/2021 (richiamata dal Collegio di Bologna) che:
“Durante il correre del periodo di presentazione del titolo, sussiste un “vincolo specifico e immodificabile di destinazione della provvista”, che è “destinato a operare in deroga al principio secondo cui la convenzione di assegno vincola la banca soltanto nei confronti dell’emittente”, con la conseguenza che quest’ultima deve comunque “provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili, atteso che la disposizione dell’art. 35, mira ad assicurare un’affidabile circolazione del titolo di credito” (cfr., in particolare, le pronunce di Cass., 3 giugno 2004, n. 10579; e di Cass., 26 giugno 2008, n. 17493). L’inutile trascorrere del periodo di presentazione, peraltro, non comporta ex se (in via automatica, cioè) la sopravvenuta inefficacia dell’ordine delegatorio che è espresso nell’apposizione della firma di traenza, la scadenza di tale termine venendo invece a incidere solo sul detto vincolo di destinazione e così facendolo meno con conseguente, immediato riflesso sulla posizione del prenditore del titolo (cfr. appunto il testo dell’art. 35, comma 2, per cui alla richiesta di pagamento somme avanzata dal prenditore dopo l’avvenuta scadenza del termine di presentazione il trattario ha “facoltà” di dare positivo riscontro, sempre che manchi un contrario ordine proveniente dal traente, ma pur in presenza di adeguata provvista sul conto corrente di riferimento). Nei rapporti direttamente correnti tra traente e banca trattaria, l’inutile trascorrere del termine di presentazione apre solo, e in via correlata, il potere del traente di disporre una revoca dell’ordine di pagamento emesso in precedenza, che abbia diretta efficacia nei confronti della Banca trattaria. Secondo i principi – è anche da precisare -, che il traente può revocare l’ordine senza particolari limitazioni di tempo, sino a quando il trattario non abbia eseguito il pagamento a favore del legittimo prenditore del titolo: cfr., in particolare, la noma dell’art. 1270 c.c., comma 1[1]. Naturalmente, l’atto di revoca non ha bisogno di indicare una qualche giustificazione a supporto. Ma non diversamente deve dirsi pure per l’opposta eventualità di mancato esercizio del potere di revoca”[2].
Il punto, dunque, nel caso di specie e a prescindere dall’ulteriore circostanza non valutata dall’Arbitro del giroconto compiuto dalla Banca da altro conto, al medesimo traente cointestato, al fine di rendere il conto di traenza capiente rispetto al pagamento del titolo, è se il traente avesse validamente revocato l’ordine di pagamento e se la resistente avesse, dunque, provveduto, al pagamento dell’assegno bancario ignorando la revoca di pagamento impartita. E la conclusione del collegio è, per l’appunto, in tal senso.
“Non vi è dubbio che il ricorrente abbia impartito l’ordine di non pagare l’assegno dopo il decorso del termine per il pagamento (considerato altresì che la legge sugli assegni non prevede alcun obbligo di forma con riguardo all’ordine di non pagare: Cfr. Collegio Milano n. 3822/2014)[3], cosicché – assorbite tutte le altre questioni – il ricorso deve essere accolto”[4].
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[1] Art. 1270, primo comma, cod. civ.: “Il delegante può revocare la delegazione fino a quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione in confronto del delegatario o non abbia eseguito il pagamento in favore di questo”.
[2] Cf., altresì, Cass. Civ., Sez I, Sent., (data 09/05/2014) 03/07/2014, n. 15266: “— l’art. 35 legge assegno , secondo il quale l’ordine di non pagare la somma portata dal titolo non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione, si interpreta nel senso che prima di detta scadenza la banca non deve tener conto della revoca disposta dal cliente, dovendo a contrario provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili , atteso che la disposizione mira ad assicurare un’affidabile circolazione del titolo e a garantire l’esistenza dei fondi al momento dell’emissione dell’assegno fino alla scadenza del termine di presentazione”.
[3] ABF, Collegio di Milano, Decisione N. 3822 del 18 giugno 2014: “… Orbene, non è dato rinvenire nel nostro ordinamento e in particolare nell’art. 35 l. ass. alcun onere di forma riguardo all’ordine di revoca dell’assegno, al contrario è dato pacificamente ricevuto in dottrina e giurisprudenza che l’ordine di non pagare possa essere dato in qualsiasi forma, anche attraverso una dichiarazione orale – come nel caso che ci occupa – dichiarazione che, infatti, la ricorrente afferma (senza che la resistente contesti il punto) essere stata rivolta al direttore di filiale della banca”.
[4] Cfr. Donato Giovenzana, Revoca dell’assegno bancario, ex art. 35 Legge Assegni, pubblicato l’11 novembre 2020 in Diritto del Risparmio.
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