Non c’è niente di “giallo” nell’umorismo dark di The White Lotus
Hawaii, un resort di lusso e un gruppo di sconosciuti che non hanno nulla in comune tra loro se non un conto in banca imbarazzante. Potrebbe trattarsi di un nuovo reality show e forse per certi versi lo potremmo definire così. A conti fatti, The White Lotus è un Grande Fratello più cattivo, più eccentrico… Leggi di più »Non c’è niente di “giallo” nell’umorismo dark di The White Lotus The post Non c’è niente di “giallo” nell’umorismo dark di The White Lotus appeared first on Hall of Series.

Hawaii, un resort di lusso e un gruppo di sconosciuti che non hanno nulla in comune tra loro se non un conto in banca imbarazzante. Potrebbe trattarsi di un nuovo reality show e forse per certi versi lo potremmo definire così. A conti fatti, The White Lotus è un Grande Fratello più cattivo, più eccentrico e molto più ironico di quanto quello reale potrà mai realmente essere. In primis, perché i protagonisti non sanno di farne parte. E poi c’è il mistero, quell’incognita a inizio stagione (le trovate tutte disponibili sul catalogo NOW qui) che necessariamente attira l’attenzione dello spettatore, curioso di capire il perché, il per come e, soprattutto, il chi.
The White Lotus inizia dalla fine.
Una vacanza prende una piega decisamente inaspettata e oscura e qualcuno ci è rimasto secco. Riavvolgiamo quindi il nastro dall’inizio per diventare noi stessi non solo spettatori, ma anche investigatori della vicenda. Raccogliamo gli indizi, valutiamo i moventi e assumiamoci il ruolo di Sherlock Holmes. C’è un momento preciso in cui ogni lettore di un buon giallo si accorge di essere irrimediabilmente catturato. È quando, tra le pagine fitte di indizi e false piste, gli occhi scorrono avidamente le righe, assetati di risposte. Il genere giallo ha questa capacità unica. Non si limita mai a raccontare una storia, ma invita il lettore a partecipare, a farsi detective, a immergersi in un gioco mentale che ha il sapore della sfida e il brivido dell’ignoto.
Il giallo nasce come enigma, come struttura logica che guida l’investigazione, superandone però gli stretti confini. Sin dai tempi di Edgar Allan Poe, con il suo detective Auguste Dupin, o di Arthur Conan Doyle, che ha dato vita all’indimenticabile Sherlock Holmes, il giallo si è evoluto, trasformandosi e adattandosi ai tempi. Dai classici romanzi deduttivi di Agatha Christie, in cui ogni indizio è un tassello di un meccanismo perfetto, fino ai noir sporchi e cupi di Raymond Chandler e Dashiell Hammett, che hanno portato in scena detective disillusi e città oscure.
Ma perché il giallo affascina così tanto?
Forse perché tocca qualcosa di profondamente umano. Il desiderio di ordine in un mondo caotico, la speranza che alla fine la verità verrà alla luce. Eppure, ci piace anche perderci nel labirinto dell’inganno, lasciarci ingannare, dubitare di ogni personaggio, immaginare soluzioni che poi si rivelano errate. In fondo, leggere un giallo è un po’ come camminare su un filo sottile tra la logica e l’illusione, in attesa di quel momento in cui tutto, finalmente, si incastra alla perfezione.
Rimane tutt’oggi un genere che continua a reinventarsi, mescolandosi con il thriller psicologico, con la narrativa storica, con il poliziesco più crudo. Il giallo nordico, per esempio, con le sue atmosfere fredde e il suo realismo spietato, ha conquistato milioni di lettori. Nelle storie moderne, il crimine si intreccia con le piaghe sociali, rendendo l’indagine non solo una caccia al colpevole, ma anche una riflessione sul male e sulla giustizia.
La satira sociale a tinte noir di The White Lotus
Ed è proprio in fondo a questa ricca e longeva tradizione che si incastra la serie tv di Mike White. The White Lotus si presenta come un giallo abbastanza classico, con l’unica vera eccezione dell’assenza del detective. C’è un omicidio, ci sono i sospettati, persino la ricostruzione degli avvenimenti e altre brillanti trovate stilistiche fedeli al genere. Il presupposto è quello ed è precisato nei primi cinque minuti di ogni stagione. Tuttavia, con il proseguo degli eventi, ci rendiamo conto che l’indagine non è affatto il fulcro del racconto, come potrebbe sembrare a una occhiata superficiale. The White Lotus è una satira sociale a tinte noir. Il crimine – quando c’è – è più un pretesto narrativo che il cuore della storia.
Ogni stagione mette in scena delle situazioni e dei personaggi molto netti.
Che si tratti delle Hawaii, di Taormina o della Thailandia, ogni luogo suggestivo serve appositamente per mostrare, alla luce del sole, l’oscuro e contorto groviglio di vizi che è l’animo umano. Siamo ormai così assuefatti alle storie proposte da Mike White, da ritrovare persino delle similarità tra alcuni personaggi, pur trattandosi di eventi molto distanti tra loro. Perché, al di là del fil rouge che connette tra loro le tre stagioni, ci sono davvero dei tipi umani palesemente ripetuti. Shane Patton, per esempio, condivide tutta l’arroganza e la lascivia di Saxon Ratliff (Patrick Schwarznegger ha parlato molto del suo personaggio). Sono entrambi ricchi figli di papà, abituati a ottenere quello che vogliono, senza alcun interesse per il prossimo.
Anche Piper Ratliff ci fa pensare a due personaggi visti in precedenza: Paula e Alfie. Come loro Piper si autoproclama un outsider, una idealista e e una persona buona, ma in fin dei conti è dipendente dai soldi della sua famiglia tanto quanto lo sono i suoi fratelli. Si tratta di due casi evidenti, di certo non gli unici, di cui Mike White si è servito per dare forma al suo personale Satyricon.
L’umorismo dark e la lotta di classe
Petronio, attraverso il filtro della finzione letteraria e di un’ironia multistrato, si limita a ritrarre con realismo il mondo che lo circonda, facendone il vero protagonista della sua opera. Ne emergono con forza tutti i vizi e le contraddizioni della società contemporanea: l’eccesso nei piaceri materiali, come il cibo e il sesso, la supremazia dell’apparenza sui valori morali, la smania di lusso e l’ostentazione della ricchezza, soprattutto da parte dei liberti, i nuovi ricchi dell’epoca.
Dietro le avventure del protagonista Encolpio si nasconde un’acuta critica sociale e un senso di smarrimento tipico di un’epoca in cui i valori tradizionali sembrano sgretolarsi. Il Satyricon era un affresco incompleto di una Roma che si specchiava nella propria decadenza, un banchetto di parole tra popolare e aulico. Allo stesso modo, The White Lotus è la raffigurazione grottesca di un mondo superbo e avido. Con particolare riferimento al punto di vista occidentale, Mike White mette in scena le ipocrisie dell’uomo moderno, convinto di ergersi al di sopra di tutto, ma in realtà sprofondato nel letame fino al busto. Sono dannati senza sapere di essere condannati per sempre al loro girone. Partecipanti di un reality show, come dicevamo prima, di cui sconoscono le regole.
Mike White si nutre del disagio, dell’ipocrisia e delle tensioni di classe, più che del mistero e della ricerca della verità.
È un’operazione quasi opposta al giallo classico. Invece di un detective che mette ordine nel caos, The White Lotus (rinnovata per una quarta stagione!) ci mostra personaggi persi nelle loro nevrosi, in un mondo in cui il disordine regna sovrano e la giustizia è un concetto molto relativo. Il colpo di scena finale ha il sapore di una beffa crudele. Una riuscitissima ovviamente. Non c’è nessun omicidio, nessun assassino armato di coltello o pistola (in senso stretto almeno). Chi muore in The White Lotus, lo fa per sua stessa mano. In maniera tragicomica, tra l’altro.
Nella prima stagione, Armond, cedendo all’ira muore per sua stessa mano. Ucciso da Shane si, ma per colpa di un fraintendimento per cui l’unico da biasimare è appunto Armond. Nella seconda, invece, Tanya muore accidentalmente, scivolando dalla barca. Non c’è nulla di drammatico in nessuna delle due morti, che appaiono più come casualità beffarde delle circostanze in cui entrambi i personaggi si ritrovano. Situazioni, vogliamo aggiungere, che si sono create innanzitutto per mano loro.
Armond, Tanya e, sospettiamo, il morto della terza stagione (qui la nostra recensione del quinto episodio) non sono le vittime innocenti di un giallo. Sono personaggi totalmente inermi di fronte alle angherie del più forte e incapaci di opporvisi. Ciò che fanno è cedere consapevolmente ai soprusi, rimanendo invischiati in quella trappola sociale che li porta sempre più in basso. Sottoterra per l’esattezza.
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