Nella valle dei polli di Ancona poca trasparenza sugli allevamenti. Il report Isde: “Danni alla salute dei cittadini”
Nelle Marche gli allevamenti intensivi rappresentano più della metà delle industrie ‘insalubri’ a cui è richiesta la Valutazione di impatto ambientale e, nella provincia di Ancona, per ogni chilometro quadrato sono presenti almeno 1.640 animali d’allevamento. Tra mancanza di trasparenza, dati sulla qualità dell’aria e impatti sul territorio, un report redatto da Isde (Medici per […] L'articolo Nella valle dei polli di Ancona poca trasparenza sugli allevamenti. Il report Isde: “Danni alla salute dei cittadini” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Nelle Marche gli allevamenti intensivi rappresentano più della metà delle industrie ‘insalubri’ a cui è richiesta la Valutazione di impatto ambientale e, nella provincia di Ancona, per ogni chilometro quadrato sono presenti almeno 1.640 animali d’allevamento. Tra mancanza di trasparenza, dati sulla qualità dell’aria e impatti sul territorio, un report redatto da Isde (Medici per l’Ambiente) per il Comitato per la Vallesina indaga sugli aspetti critici prodotti soprattutto nella cosiddetta ‘Valle dei polli’. La provincia di Ancona, infatti, dal 2016 ha visto aumentare il numero delle aziende del 50% e quello del solo patrimonio avicolo del 60%, passando da 100 a 150 aziende (e da 1,8 a 3 milioni di capi). Qui i cittadini lamentano da tempo gli impatti degli allevamenti intensivi sulle loro vite, in primis a causa delle emissioni di ammoniaca e del cattivo odore. Nel report, dopo una valutazione generale dei vari impatti, si analizza proprio la situazione nelle Marche e in provincia di Ancona, partendo dai dati sulla densità dei capannoni: “Sono valori sufficienti a determinare un danno alla salute e una diminuzione delle aspettative di vita dei cittadini”. La conclusione? “Indispensabile una rivalutazione complessiva in sede Autorizzazione integrata ambientale (Aia) degli effetti e del rischio degli allevamenti intensivi presenti nella Provincia di Ancona”, ma anche “controlli accurati e continui da parte di strutture pubbliche, sovvertendo l’attuale situazione che lascia di fatto tutto in mano all’autocontrollo da parte del gestore degli allevamenti”.
La densità degli allevamenti – Durante il convegno, presentato da Andrea Tesei, presidente del Comitato per la Vallesina, hanno partecipato in videoconferenza anche la veterinaria Eva Rigonat, componente del comitato scientifico Isde e autrice dello studio insieme ad Agostino Di Ciaula, presidente dello stesso comitato. Collegata anche Giulia Innocenzi, autrice di Food for profit, il film-documentario che ha mostrato i legami tra politica, lobby e industria della carne. “Mi auguro che questa splendida regione non diventi una seconda Pianura Padana – ha detto – ma che torni a puntare sulle tradizioni e sulla genuinità delle sue produzioni alimentari”. Secondo i dati della Banca dati nazionale zootecnica del Sistema Informativo Veterinario, in provincia di Ancona, su 143 allevamenti avicoli, 66 non sono ad uso familiare. Si parla di 3 milioni e 523mila polli. Significa che il 99,5% di quelli allevati in tutta la provincia è destinato al commercio. Ma i dati elaborati dal Comitato per la Vallesina arrivano a numeri ancora più alti e – spiega l’Isde – sono ancora più precisi, perché elaborati sulla base dei Piani di monitoraggio e controllo annuali e dai quantitativi autorizzati dalle Aia. “La banca dati – scrive Isde – potrebbe sottostimare le quantità di almeno il 30%” dato che la rilevazione può coincidere con i periodi di vuoti sanitari, in cui negli allevamenti non ci sono animali.
Una questione di trasparenza: i conti non tornano – “Analizzando i piani del 2021, per nessun allevamento ci sono tutte le informazioni sui cicli produttivi. Non esiste di fatto un reale termometro della situazione” raccolta il report. Non solo. Moltissimi allevamenti sono passati da una densità massima di 33 chilogrammi a metro quadrato a una di 39 chilogrammi al metro quadrato (con un aumento del 18% della produzione). Sono stati autorizzati dalle Autorità competenti (Regione Marche, Arpam, Asur, Comune) senza Scia, la segnalazione certificata di inizio attività da presentare per aprire o modificare un allevamento di animali da reddito. Ma se nelle Aia viene espressamente scritto che le densità massime “non eccederanno i 33 Kg al metro quadrato”, quel superamento c’è stato eccome e si riscontra nei piani “di quasi tutti gli allevamenti di grandi dimensioni delle Marche e, in particolare, nella provincia di Ancona”. La legge lo consente “ma avrebbe richiesto una modifica sostanziale dell’Aia”. Per l’aumento delle immissioni in atmosfera, del consumo dell’acqua e per il pericolo della contaminazione da azoto delle falde “oltre che al maggior rischio di diffusione di patogeni che un aumento della densità di allevamento del 20-30 % potrebbe avere”. Un’altra falla nel sistema: il bilanciamento tra numero di maschi e femmine. Perché le femmine vengono allevate per meno giorni, fino a raggiungere circa 1,6 chilogrammi ed essere utilizzate per intero, mentre i maschi possono arrivare a quasi tre chili e mezzo. Ma se nelle Aia esaminate da Isde nella provincia di Ancona viene sempre ipotizzato un mix fra maschi e femmine del 50% (tale da bilanciare un peso massimo di 33 chili al metro quadrato), “dalla documentazione reperita tramite accesso agli atti da parte del Comitato per la Vallesina e dalla lettura dei Piani di monitoraggio e controllo, risulta che i maschi rappresentano il 60-70% dei polli dell’allevamento”. Che significa? “Un ulteriore incremento ‘occulto’ della densità di allevamento” che crea “una divergenza di circa il 20-30% tra il peso vivo effettivo presente in allevamento ed il peso autorizzato”.
Qualità dell’aria, nitrati e rischio zoonosi – Rispetto alla qualità dell’aria, nello studio di Isde si riporta quanto stimato dll’Air Quality Life Index, un indice costruito dall’università di Chicago, che evidenzia come cambino le aspettative di vita in base alla qualità dell’aria e all’inquinamento. “Le aspettative di vita nella provincia di Ancona sono accorciate, solamente per le sole polveri sottili, di 9 mesi contro gli 8 mesi delle Marche”. I dati riportati, tra l’altro, sono in linea con i risultati rilevati dalle centraline Arpa, dato che i valori annuali di Pm 10 superano nella media annuale 15 microgrammi per metro cubo consentiti attestandosi attorno ai 22, e quelli di pm 2.5 i 5 microgrammi a metro cubo (sono a 14 microgrammi per metro cubo). Ma la Regione Marche fa anche parte di quelle per cui l’Italia è sotto la procedura di infrazione per l’inadempienza rispetto alle disposizioni della Direttiva Nitrati. Se nei trienni 2015- 2017 e 2018-2020 ha visto un netto miglioramento della condizione chimica delle acque nei laghi, fatica a migliorare nelle acque superficiali e profonde. “Il letame dell’allevamento avicolo, pur essendo secco appartiene tuttavia ad una filiera complessa – spiega Isde – e non scevra da passaggi laboriosi per contenerne il potenziale inquinante. Dalla sovrapposizione della cartina delle zone vulnerabili ai nitrati della provincia di Ancona, è evidente che sarebbe stato meglio evitare la collocazione di molti allevamenti intensivi in quelle aree”. Un altro tema affrontato è quello del rischio zoonosi e spillover da una specie all’altra. “La prima regola per garantire la biosicurezza – scrive Isde nel report – dovrebbe essere quella di non insediare allevamenti avicoli in zone di presenza o di migrazione di specie sensibili”. Un concetto che, in generale in Italia, sembra non essere valutato in modo adeguato. Le Marche non fanno eccezione: “La maggior concentrazione di allevamenti avicoli è sovrapponibile alla rotta dei migratori, così come dimostra l’evoluzione anagrafica degli insediamenti nelle Marche e, particolarmente, nella provincia di Ancona”.
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