Mps, niente golden power Avanti su Mediobanca

Via libera senza condizioni da parte del governo all’aumento di capitale a sostegno dell’Ops del Monte dei Paschi su Mediobanca. Siena ha comunicato ieri la decisione della presidenza del Consiglio di non esercitare il golden power, cioè i poteri speciali dell’esecutivo. La banca guidata da Luigi Lovaglio e presieduta da Nicola Maione si presenterà all’assemblea di giovedì con un punto a suo favore dopo l’ok Bce all’aumento. Da Francoforte manca ancora il via libera complessivo all’Ops. «Le radici sono talmente forti che dobbiamo guardare in alto, forse anche per questo abbiamo pensato all’operazione Mediobanca», ha detto ieri Lovaglio a Siena.

Il nulla osta del governo era scontato secondo il mercato perché l’Ops, l’ultima annunciata in ordine di tempo tra le partite finanziarie che stanno ridisegnando il settore finanziario non presenta risvolti complessi. Mps e Mediobanca sono infatti realtà con un’attività concentrata sull’Italia e non ci sono sovrapposizioni rilevanti tra i due istituti o timori che le due banche possano, dopo l’operazione, diminuire la loro disponibilità a erogare il credito ai clienti.

Il governo — ancora azionista con l’11,7% di Siena — ha sempre sostenuto il progetto di costruire un polo attorno a Mps e il piano industriale del ceo Lovaglio. Con il banchiere il ministero dell’Economia ha condiviso, oltreché sostenuto, il piano di rilancio dell’istituto toscano, dopo l’aumento di capitale del 2022 per mettere in sicurezza Siena. Le posizioni complessive, tra mercato e soci, si avranno solo all’assemblea di dopodomani. Ma in questi giorni sono emerse già alcune indicazioni da parte dei grandi fondi azionisti del Monte. Tra i favorevoli, Norges Bank (2,6%), Pimco (1,5%) e Algebris. Opposti Cpp, New York City controller, Calvert, Florida State Board con quote più basse.

L’Ops avrà il sostegno del gruppo Caltagirone (9,9%) e di Delfin (9,8%). Il cda di Banco Bpm (5%) oggi dovrebbe dare la sua posizione che sarebbe favorevole, come quella attesa da Anima Holding. Tra i nuovi ingressi c’è Amundi (circa 1%) che fa capo al Crédit Agricole che si è appena rafforzato nel Banco e potrebbe esprimersi a favore. Sulla stessa linea, le fondazioni bancarie, Enpam ed Enasarco. Sarà decisiva l’affluenza, che, secondo fonti, potrebbe arrivare al 68-70%. Se così fosse basterebbe il 44% di sì.

Perché la partita completa si chiuda ci vorranno più tappe. L’obiettivo del gruppo romano restano le Generali di cui Piazzetta Cuccia ha il 13,1%. Se a Mps riuscirà l’Ops quelle azioni del Leone poi, secondo alcuni, potrebbero anche essere cedute. Lo pensa Fabrizio Palenzona, presidente di Prelios e a lungo nei cda di Unicredit e Mediobanca, da sempre vicino al ceo Alberto Nagel. In un’intervista a Repubblica ha detto che Mediobanca dovrebbe chiedere all’assemblea Generali «di votare l’unica lista completa presentata in assemblea», quella di maggioranza, indipendente, che ricandida il ceo Philippe Donnet e il presidente Andrea Sironi, «deliberando altresì, di vendere una parte consistente della partecipazione in Generali. Chiedendo nel contempo a tutti di abbassare la tensione» sul rinnovo del cda di Trieste. Difficilmente la mossa sarebbe possibili ora, visto che Mediobanca è in passivity rule. Dice Palenzona: si potrebbe «far spazio a un partner industriale che possa aprire una fase di stabilizzazione e compattare intorno a questo l’azionariato storico». Unicredit ha già il 5%, forse ben di più, di Generali. Intesa fin qui non è intervenuta ma appare difficile che nel caso stia a guardare.

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