Meta, X e LinkedIn nel mirino del fisco italiano: chiesto il pagamento di un miliardo di euro di IVA

Il fisco italiano ha avviato una significativa azione nei confronti di alcuni colossi del web, chiedendo il pagamento dell’IVA per un totale di oltre un miliardo di euro. Le aziende coinvolte sono Meta, X (ex Twitter) e LinkedIn, per le quali l’Agenzia delle Entrate ha emesso richieste di pagamento relative agli anni 2015-2016 e 2021-2022. […] L'articolo Meta, X e LinkedIn nel mirino del fisco italiano: chiesto il pagamento di un miliardo di euro di IVA proviene da Economy Magazine.

Mar 28, 2025 - 06:14
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Meta, X e LinkedIn nel mirino del fisco italiano: chiesto il pagamento di un miliardo di euro di IVA

Il fisco italiano ha avviato una significativa azione nei confronti di alcuni colossi del web, chiedendo il pagamento dell’IVA per un totale di oltre un miliardo di euro. Le aziende coinvolte sono Meta, X (ex Twitter) e LinkedIn, per le quali l’Agenzia delle Entrate ha emesso richieste di pagamento relative agli anni 2015-2016 e 2021-2022. L’operazione, rivelata da Reuters, potrebbe avere conseguenze ben oltre i confini nazionali, sollevando questioni di principio sulla fiscalità delle piattaforme digitali in Europa.

Il conto fiscale per le big tech

Nel dettaglio, l’Italia ha chiesto a Meta 887,6 milioni di euro, a X 12,5 milioni e a LinkedIn 140 milioni. L’indagine si è concentrata sul presupposto che la registrazione degli utenti a questi social network possa essere considerata una transazione soggetta a IVA, in quanto gli utenti forniscono dati personali in cambio dell’accesso ai servizi.

Le aziende, da parte loro, respingono questa interpretazione. Un portavoce di Meta ha dichiarato che la società ha sempre rispettato le normative fiscali locali ed europee e ha ribadito la sua contrarietà alla tesi secondo cui l’accesso gratuito alle piattaforme debba essere considerato un servizio imponibile.

Possibile svolta anche in Europa

L’azione dell’Italia potrebbe innescare un dibattito a livello comunitario, dato che l’IVA è un’imposta armonizzata tra i 27 Paesi dell’Unione Europea. Se questa interpretazione dovesse essere confermata, potrebbe portare a una revisione dell’imposizione fiscale sulle aziende tecnologiche che basano il proprio modello di business sulla raccolta e l’elaborazione dei dati degli utenti.

L’imposta sui servizi digitali in Italia

Dal 2020, l’Italia ha introdotto un’imposta sui servizi digitali (ISD), che prevede un prelievo del 3% sui ricavi derivanti da pubblicità online personalizzata, intermediazione tra utenti e trasmissione di dati. Questo tributo si applica alle aziende con un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro e ha finora garantito un gettito di circa 400 milioni di euro all’anno, una cifra inferiore alle stime iniziali.

Molti colossi del settore, tuttavia, scelgono di stabilire la propria sede fiscale in Paesi come l’Irlanda, che accoglie circa il 40% del gettito europeo derivante da questa imposta.

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