Meloni porta a casa quello che interessa, cioè l’esclusione della Difesa dal Patto di Stabilità. Tutto il resto è aria fritta
Il Consiglio straordinario europeo si è concluso in un modo che è positivo per Giorgia Meloni, che ha ottenuto quello che voleva, e non quello che non voleva L'articolo Meloni porta a casa quello che interessa, cioè l’esclusione della Difesa dal Patto di Stabilità. Tutto il resto è aria fritta proviene da Scenari Economici.


Il Consiglio Europeo straordinario del 6 marzo si è concluso con un risultato che, per l’Italia e la sua Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha il sapore di una moderata vittoria.
Mentre alcune capitali europee speravano in un approccio più ambizioso e comunitario alla difesa, alla fine è prevalsa una linea più pragmatica e nazionale, in gran parte in linea con le richieste italiane.
Il punto centrale della discussione era come finanziare il necessario aumento delle spese per la difesa, in un contesto internazionale sempre più instabile. Il testo finale delle conclusioni del Consiglio Europeo, a cui faremo riferimento puntualmente, sottolinea “la necessità di continuare ad aumentare sostanzialmente la spesa per la sicurezza e la difesa dell’Europa” . Ma come fare, senza compromettere la già fragile situazione economica di molti paesi?
La risposta è arrivata su due fronti, entrambi cari a Roma. In primo luogo, il Consiglio Europeo “accoglie con favore l’intenzione della Commissione di raccomandare al Consiglio l’attivazione, in modo coordinato, della clausola di salvaguardia nazionale nell’ambito del Patto di stabilità e crescita come misura immediata”. In parole semplici, questo significa che le spese per la difesa saranno escluse dal calcolo del deficit e del debito pubblico, offrendo all’Italia e ad altri paesi un margine di manovra di bilancio decisamente maggiore. Era proprio questo l’obiettivo primario di Giorgia Meloni, che vedeva in questa flessibilità un modo per rafforzare la difesa nazionale senza dover rinunciare ad altri investimenti necessari.
questo permetterà all’Italia anche di raggiungere le indicazioni della NATO senza tagliare le spese sociali o gli investimenti civili già previsti. Inoltre, venendo esclusi, si allarga un poco lo spazio di bilancio anche per investimenti non legati alla difesa. Se poi la spesa avverrà su base nazionale (e una parte lo sarà di sicuro) ci sarà una ricaduta economica positiva.
In secondo luogo, il Consiglio ha dato il via libera a “fonti di finanziamento aggiuntive per la difesa a livello dell’UE” , accogliendo con favore “l’intenzione della Commissione di presentare una proposta per un nuovo strumento dell’UE per fornire agli Stati membri prestiti garantiti dal bilancio dell’UE fino a 150 miliardi di euro” . Si tratta di fondi europei ad hoc per la difesa, ma è importante sottolineare che non si parla di cancellare i fondi strutturali esistenti, come alcuni temevano. Anzi, il testo incoraggia la Commissione a “proporre ulteriori possibilità e incentivi offerti a tutti gli Stati membri, sulla base dei principi di obiettività, non discriminazione e parità di trattamento degli Stati membri, nell’uso delle loro attuali dotazioni nell’ambito dei pertinenti programmi di finanziamento dell’UE” . In sostanza, più soldi per la difesa, ma senza togliere risorse ad altri settori. Insomma si cercheranno nuovi fondi europei.
Un altro punto cruciale è che i fondi saranno destinati al rafforzamento degli eserciti nazionali, in linea con quanto auspicato dall’Italia. Il testo ribadisce che “la difesa di tutte le frontiere terrestri, aeree e marittime dell’UE contribuisce alla sicurezza dell’Europa nel suo complesso” , sottolineando l’importanza della difesa delle frontiere esterne, in particolare quelle orientali. Non si fa menzione di un esercito europeo, né di una difesa europea integrata, ma si punta a rafforzare le capacità militari di ogni singolo Stato membro.
Se Meloni ha incassato su questi fronti, qualcun altro ha visto le proprie ambizioni ridimensionate. L’Ungheria, in particolare, ha bloccato una presa di posizione comune sull’Ucraina e l’invio di ulteriori aiuti a Kiev. Di fatto, ogni paese sarà libero di agire come meglio crede sul fronte ucraino, senza una strategia unitaria a livello europeo. Questo, se da un lato può aver scontentato alcune capitali, dall’altro permette a paesi come la Germania di procedere con i propri piani di bilancio e di sostegno all’industria della difesa nazionale, senza vincoli europei eccessivamente stringenti. E, di riflesso, anche l’Italia potrà avere maggiore libertà di manovra.
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