Lo scudo Nato senza essere dentro l’Alleanza: cos’è l’estensione dell’articolo 5 proposta da Meloni per la sicurezza di Kiev e che effetto potrebbe fare su Putin

No alla presenza dei militari dell'Alleanza in territorio ucraino. Ma in caso di attacco saranno pronti a intervenire. Obiettivo: convincere Trump L'articolo Lo scudo Nato senza essere dentro l’Alleanza: cos’è l’estensione dell’articolo 5 proposta da Meloni per la sicurezza di Kiev e che effetto potrebbe fare su Putin proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 4, 2025 - 08:49
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Lo scudo Nato senza essere dentro l’Alleanza: cos’è l’estensione dell’articolo 5 proposta da Meloni per la sicurezza di Kiev e che effetto potrebbe fare su Putin

Nel mare di dichiarazioni a margine del vertice sulla Sicurezza di Londra, tra chi invoca maggiore autonomia europea, chi parla di “piani di pace” e chi li ridimensiona a “spunti”, chi spinge per lo scontro con Vladimir Putin e chi invece vuole rimanere il più legato possibile alle posizioni di Donald Trump, Giorgia Meloni, nel suo complicato gioco di equilibri tra Washington e Bruxelles, mette sul tavolo una nuova proposta: “Trump, Putin, Zelensky, gli interlocutori sono tanti, ma intanto bisogna provare a pensare un po’ fuori dagli schemi, pensare un po’ in modo creativo. Credo che il tema dell’articolo 5 della Nato, per capirci, sia il tema più efficace di tutti, che può voler dire anche non ingresso nella Nato”.

La presidente del Consiglio non ha precisato cosa intendesse con questa proposta, sembra chiaro però che prevede l’attuazione di una nuova formula di assistenza militare in funzione difensiva che ricalchi quella prevista dal Trattato Nord Atlantico: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale – si legge nel testo del Patto – sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”.

Il testo fa riferimento esclusivo ai Paesi membri dell’Alleanza Atlantica. L’adesione di Kiev, al momento, appare però impossibile: per Vladimir Putin è una linea rossa, il motivo per cui ha dichiarato di essere entrato in guerra, e di conseguenza anche Donald Trump non ha alcuna intenzione di portarla sul tavolo col rischio di far naufragare le trattative. Lo ha detto lui stesso: “L’Ucraina può scordarsi l’adesione alla Nato“.

Cos’ha in mente, quindi, Meloni? Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, il 28 febbraio aveva spiegato che l’intento è quello di “estendere le garanzie dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina senza farla entrare nella Nato perché l’ingresso nella Nato può essere reputato dalla Russia un atto ostile o di pericolo ai confini russi e questo è in parte vero, anche se non lo è pienamente perché la Nato è un’alleanza difensiva. Estendere le garanzie di sicurezza ha solamente il vantaggio di dire che l’Ucraina non può essere attaccata”. Dello stesso avviso è anche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Lo stesso Donald Trump, a fine febbraio, aveva dichiarato di sostenere “l’articolo 5 della Nato”, sottolineando che comunque “non servirà” perché “in Ucraina avremo una pace forte e duratura”.

Per capire il senso della proposta di Giorgia Meloni serve conoscere le posizioni di ogni singolo attore sulle garanzie di sicurezza da offrire a Kiev. La Russia, e di conseguenza Trump, escludono che il Paese di Volodymyr Zelensky possa un giorno entrare a far parte del Patto Atlantico. Questo lo trasformerebbe in un altro avamposto Nato ai confini della Federazione, con l’Alleanza libera di installare lì le sue basi e dispiegare le proprie truppe. Dall’altra parte, in Europa è ormai evidente la spaccatura su quale sia il modo migliore di garantire la sicurezza dell’Ucraina senza gli Stati Uniti. La proposta di Starmer e Macron di inviare almeno 30mila soldati europei con compiti di peacekeeping non piace a una buona parte dei 27 Stati membri, inclusa l’Italia, e tantomeno alla Russia che considera Bruxelles parte attiva nel conflitto.

La formula proposta da Meloni si colloca a metà e punta ad accontentare tutte le parti mantenendo il coinvolgimento degli Stati Uniti che, stando alle parole di Trump, non hanno alcuna intenzione di investire altre risorse per proteggere Kiev. La proposta prevede che all’Ucraina non venga permesso di entrare nella Nato, sollevandola dagli oneri di sostenere economicamente l’Alleanza e di ospitare truppe e basi del Patto sul proprio territorio, godendo comunque delle garanzie di sicurezza previste dall’articolo 5: in caso di invasione, i Paesi Nato interverranno militarmente per difenderla. In questo modo Putin non si ritroverà militari dell’Alleanza in territorio ucraino, a meno che non decida di invaderlo di nuovo, gli Usa e l’Europa non dovranno preoccuparsi di sostenere continuativamente la sicurezza di Kiev e Giorgia Meloni potrebbe anche far naufragare i progetti del suo principale avversario a livello europeo, Emmanuel Macron.

Su come questo accordo possa essere raggiunto da un punto di vista giuridico, nel momento in cui si scrive, non sono stati forniti chiarimenti. Con ogni probabilità non si tratterebbe di una modifica al Trattato del Nord Atlantico che richiederebbe tempi tecnici più lunghi e l’unanimità di tutti gli Stati membri. È sicuramente più semplice arrivare a un accordo tra Stati Nato, non necessariamente tutti, che insieme all’Ucraina firmino un’intesa difensiva che nella sua attuazione ricalchi l’articolo 5. “Questo non offre, sulla carta, piene garanzie di sicurezza per Kiev – spiega a Ilfattoquotidiano.it il professor Marco Pertile, docente di Diritto Internazionale all’università di Trento – Anche l’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico permette alle parti di valutare, singolarmente o collettivamente, quali siano le modalità d’intervento più adeguate in caso di attacco a uno dei membri dell’Alleanza. Lascia, insomma, ampi margini di discrezionalità. Ciò che credo è che Kiev non commetterà lo stesso errore del 1994, quando col Memorandum di Budapest accettò di privarsi del proprio arsenale nucleare in cambio di garanzie di sicurezza molto vaghe e, come si è visto, inefficaci”. Di certo, il nuovo accordo, sia per Kiev sia per Meloni, non potrà nascere se non a una condizione: dovrà essere firmato anche dagli Stati Uniti.

X: @GianniRosini

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