L’incertezza politica raffredda l’appetito per il rischio degli investitori istituzionali
Lo registra State Street: a marzo gli istituzionali riducono esposizione azionaria a favore di obbligazioni e liquidità. Dollaro sotto pressione: liquidate le posizioni lunghe nonostante il ruolo difensivo. L'articolo L’incertezza politica raffredda l’appetito per il rischio degli investitori istituzionali proviene da FundsPeople Italia.

Un calo della propensione al rischio degli investitori per l'incertezza politica. È quanto registra State Street nei suoi “Institutional Investor Indicators” che monitorano su base mensile la propensione al rischio (Institutional Investor Risk Appetite Indicator) e le partecipazioni in azioni, obbligazioni e liquidità (Institutional Investor Holdings Indicator) degli investitori istituzionali, ricavati dai 44 trilioni di dollari di asset in custodia e amministrazione della società finanziaria.
Nel mese di marzo si è osservato un progressivo deterioramento dell’appetito per il rischio: lo State Street Risk Appetite Index è sceso a -0,09, indicando che gli investitori continuano a ritirarsi dagli asset rischiosi, orientandosi verso un approccio multi-asset più cauto e difensivo. Gli State Street Holdings Indicators mostrano, invece, che gli investitori di lungo periodo stanno continuando a ridurre la loro esposizione azionaria rispetto ai massimi raggiunti dopo la crisi finanziaria globale all’inizio dell’anno. Nel corso di marzo, i deflussi dalle azioni pari allo 0,75% sono stati compensati da afflussi nei titoli obbligazionari e nella liquidità pari rispettivamente allo 0,4% e allo 0,35%
In ritirata dalle azioni
“Al centro della narrazione vi è stata l’incertezza politica legata a commercio e protezionismo, con un duplice potenziale impatto su una crescita più lenta e un’inflazione più alta”, commenta Commento di Dwyfor Evans, head of APAC Macro Strategy di State Street Global Markets. Secondo l’esperto, particolarmente indicativo della cautela degli investitori è stato lo smantellamento continuato delle posizioni lunghe sul dollaro USA, in controtendenza rispetto al tradizionale ruolo di bene rifugio associato all’avversione al rischio. “La prudenza degli investitori ha portato a un ulteriore disimpegno dalle azioni a favore di obbligazioni e liquidità in misure pressoché equivalenti. Si tratta di una tendenza che richiama la rotazione tipica dalle azioni alle obbligazioni osservata nei cicli di allentamento monetario, e suggerisce che le aspettative di rallentamento della crescita prevalgano attualmente sulle sorprese inflazionistiche al rialzo”, spiega.
Incertezza sul dollaro statunitense
“La vendita del dollaro USA si è intensificata e, alla fine di marzo, il posizionamento sul dollaro si trovava sul punto di registrare la prima posizione netta short degli ultimi tre anni. I flussi verso asset statunitensi hanno mostrato un quadro di vendite costanti per tutto il mese”, continua. “L’annuncio inatteso di una spesa fiscale in Germania ha provocato un aumento dei rendimenti nell’area – in particolare dei Bund – favorendo un ritorno all’euro con flussi costantemente nel quartile superiore, dato notevole considerata la persistente posizione sottopesata. L’eccessiva esposizione ai Bund ha portato a vendite aggressive da parte degli investitori in risposta ai piani di espansione fiscale”, prosegue. “I timori legati al protezionismo commerciale sono profondi in Asia emergente, sebbene i timori espliciti di dazi sulla Cina siano stati in parte controbilanciati da un rinnovato ottimismo nel settore tecnologico e IT. I forti afflussi azionari verso la Cina hanno parzialmente origine da una riallocazione all’interno della regione, in particolare dall’India”, conclude.
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