Le salutari sberle di Vance all’Europa

Vance ha detto in faccia ad un’Europa che si sta liquefacendo a vista d’occhio, se il suo track record su praticamente tutto - dall’economia, alla tecnologia, dalla sicurezza esterna alla demografia – fa pena

Feb 16, 2025 - 12:03
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Le salutari sberle di Vance all’Europa

Vance ha detto in faccia ad un’Europa che si sta liquefacendo a vista d’occhio, se il suo track record su praticamente tutto – dall’economia, alla tecnologia, dalla sicurezza esterna alla demografia – fa pena. Il commento di Mazzotti

Non si può dire che il nuovo vice presidente degli Stati Uniti J.D. Vance sia portato per i giri di parole. E non sarà facile, per un establishment europeo ormai frastornato dalle quotidiane docce fredde che impietosamente gli vengono inflitte dal mondo reale, trovare un modo sensato di reagire all’imbarazzante ritratto che ne ha dipinto a Monaco, di fronte ad espressioni fra il livido e lo sbalordito, per venti interminabili minuti.

E questo non tanto per il lungo elenco di brutture che ha messo in fila, paese per paese – l’aneddotica sul paternalismo autoritario che dilaga nel vecchio continente è ormai un vero e proprio genere letterario che, in particolare negli ultimi tempi, riceve continua alimentazione – quanto perché al fondo delle sue ripetute provocazioni, a tratti anche segnate da eccessi di retorica, c’è un vero e proprio integralismo democratico che mette a nudo molti dei dogmi attorno ai quali la classe dirigente europea si è in questi anni riconosciuta e sulla base dei quali viene, di fatto, selezionata.

La parola chiave è “mandato. Per fare scelte difficili – dalla sicurezza alla competitività dell’economia – serve un mandato, gli ha detto. E se non lo si ha, perché si vanno a prendere le decisioni il più lontano possibile dai cittadini, non si è più forti, perché liberi dal condizionamento del consenso, che da questa parte dell’oceano è ormai considerato qualcosa di infetto, ma molto, molto più deboli. Di fronte a minacce globali che si addensano come “stormi di uccelli neri” sulle nostre teste, non si tratta di decidere da cosa ci si difende, ma per cosa ci si difende. E questo no, non lo si può fare nascondendosi in qualche sinedrio di notabili, fedeli all’utopia tecnocratica della sostituzione delle regole alle scelte, ma solo affermando una visione di società in cui i cittadini si riconoscano anziché figurare come “ingranaggi intercambiabili di un’economia globale”.

Vance ha detto in faccia ad un’Europa che ha da tempo scelto di configurarsi come agenzia sovranazionale preposta all’enforcement di un’agenda globale che, nel frattempo, si sta liquefacendo a vista d’occhio, se il suo track record su praticamente tutto – dall’economia, alla tecnologia, dalla sicurezza esterna alla demografia – fa pena, non è perché ancora non ha sterilizzato la democrazia abbastanza ma, esattamente, per la ragione opposta. E non sarà scappando dal suo popolo anziché rappresentarlo, sottoponendolo ad una informazione sotto costante tutela e restringendone progressivamente gli spazi di libertà che riuscirà a correggere la rotta.

E se l’aspetto livido di quei volti che assistevano si spiega con la rabbia per un attacco così diretto e plateale, quello sbalordito, c’è da temere, dipende dallo stupore di dover constatare che qualcuno, dall’altra parte dell’Atlantico, ha deciso di sottrarsi al gioco della complicità fra establishment sovranazionali, che ormai sembra essere il solo che sono capaci di giocare.