Le ardue sfide geopolitiche di Meloni
Come si muove e a cosa aspira il governo Meloni in politica estera. Il taccuino di Guiglia.

Come si muove e a cosa aspira il governo Meloni in politica estera. Il taccuino di Guiglia
Guerra militare e guerra commerciale, l’invasione di Vladimir Putin e le minacce di Donald Trump, ecco la “convergenza parallela” che sta mobilitando l’Europa a ogni livello.
Tutto s’intreccia nelle grandi manovre che s’annunciano a Bruxelles per continuare a difendere l’Ucraina dall’aggressione armata che non cessa, e per preparare a difendere l’economia continentale dai dazi americani in arrivo – dal 2 aprile, secondo gli ultimi “avvisi” d’Oltreoceano-, e che colpirebbero i prodotti Ue. Ma in particolare il “made in Italy”.
Giova rimarcare che il nostro interscambio con gli Stati Uniti ha superato i 92 miliardi (dati Istat sul 2023), di cui l’esportazione italiana rappresenta ben più dei due terzi del totale: secondo Paese dopo la Germania, quasi il doppio dell’export rispetto alla Francia.
Un interesse nazionale strategico, ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Nuove nubi possono danneggiare settori di eccellenza italiana, come il vino e l’olio”. Ha poi sottolineato che il protezionismo immotivato, cioè “la chiusura dei mercati dal sapore incomprensibilmente autarchico”, oltre che riportare l’Italia all’agricoltura dei primi del Novecento per l’inevitabile necessità di auto-consumo, incoraggerebbe il finto e falso “made in Italy”. La subdola concorrenza approfitterebbe subito della mancanza o forte riduzione dei nostri prodotti nel mercato americano per non lasciare delusi i milioni di consumatori abituati al valore e al piacere dell’italianità.
Dunque, un danno che rischierebbe pure di protrarsi a lungo nel futuro.
E così l’Italia si muove su due fronti: contribuire alla reazione europea dei contro-dazi in attesa della necessaria trattativa euro-americana, ossia dell’unica scelta ragionevole per risolvere la questione economica imposta da Trump. Appare invece irrealistica, anche se non da trascurare, la possibilità che la sintonia politica tra i conservatori Meloni-Trump renda meno insidiosi i dazi. O l’ipotesi di strappare un trattamento di favore per l’Italia, che fatalmente indispettirebbe gli altri Paesi europei.
Ma l’ora della scelta non riguarda solo la sfida economica. Mentre prende forma, per ora teorica, il piano di pace per porre fine al conflitto e la Cina -indiscrezione da Kiev- potrebbe far parte della “coalizione dei volenterosi” prospettata in Occidente (eventuale partecipazione che metterebbe Putin sul chi vive in confronto alla spalla che gli sta deliziosamente offrendo Trump), il ministro della Difesa, Guido Crosetto, dice che i nostri soldati potrebbero essere in campo con una forza multinazionale oppure dell’Onu. Prospettiva, quest’ultima dell’Onu, che l’Ucraina respinge: figurarsi se i caschi blu, che in missione di pace hanno collezionato un fallimento dopo l’altro in giro per il mondo, potranno mai garantire la sicurezza a una nazione che da 1.200 giorni vive tra bombe e missili.
Intanto, la nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, giovedì prossimo sarà a Parigi per la riunione su pace e sicurezza.
Eppur si muore, in Ucraina. Eppur si muove, l’Europa.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
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