Lavoro in Svizzera: devo pagare le imposte in Italia?

Negli ultimi anni, la mobilità internazionale del lavoro è cresciuta esponenzialmente, portando sempre più persone a spostarsi temporaneamente o stabilmente all’estero per motivi professionali. Il lavoro in Svizzera mantenendo la residenza in Italia, è uno scenario molto frequente nella pratica. Su di esso emergono interrogativi importanti sulla corretta tassazione dei redditi esteri percepiti da lavoro dipendente svolto in territorio svizzero. Dove dichiarare […] L'articolo Lavoro in Svizzera: devo pagare le imposte in Italia? proviene da Fiscomania.

Mar 20, 2025 - 14:23
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Lavoro in Svizzera: devo pagare le imposte in Italia?

Negli ultimi anni, la mobilità internazionale del lavoro è cresciuta esponenzialmente, portando sempre più persone a spostarsi temporaneamente o stabilmente all’estero per motivi professionali. Il lavoro in Svizzera mantenendo la residenza in Italia, è uno scenario molto frequente nella pratica. Su di esso emergono interrogativi importanti sulla corretta tassazione dei redditi esteri percepiti da lavoro dipendente svolto in territorio svizzero. Dove dichiarare questi redditi? Quali sono gli obblighi verso il Fisco italiano e come evitare la doppia imposizione?

In questo articolo analizzeremo i principali temi legati alla tassazione internazionale per chi lavora in Svizzera. Partiremo dai criteri per determinare la residenza fiscale e l’impatto dell’iscrizione all’AIRE, per poi approfondire le regole di tassazione dei redditi esteri e il meccanismo del credito d’imposta. Infine, esploreremo il ruolo delle convenzioni contro le doppie imposizioni e forniremo consigli pratici per gestire al meglio le proprie obbligazioni fiscali.

Lavori a Berna o a Lugano e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi? Hai passato un periodo di lavoro in Svizzera, e adesso ti chiedi se devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia?

Residenza fiscale: un concetto chiave per la tassazione dei redditi da lavoro all’estero

La questione della residenza fiscale è fondamentale per determinare dove un individuo deve pagare le imposte sul proprio reddito, compreso quello derivante dal lavoro dipendente svolto all’estero. In generale, l’Italia, come molti altri paesi, tassa i propri residenti su tutti i redditi che possiedono, indipendentemente da dove questi siano prodotti (art. 3 del TUIR). Questo principio, tuttavia, si complica quando un individuo si trasferisce all’estero per lavorare, come nel caso della Svizzera.

Criteri di territorialità e residenza fiscale

I criteri che definiscono la “territorialità” dei redditi da lavoro dipendente o assimilato svolto all’estero sono molteplici e dipendono da diversi fattori:

  • Residenza fiscale del lavoratore: Questo è il fattore più rilevante. Un lavoratore può essere considerato residente fiscalmente in Italia anche se lavora all’estero, se mantiene in Italia il proprio domicilio (per l’art. 2 del TUIR), la propria abitazione permanente o il centro degli interessi vitali (per la Convenzione);
  • Periodo di permanenza all’estero: La durata del soggiorno all’estero è un elemento importante. Generalmente, soggiorni superiori a 183 giorni in un anno possono avere implicazioni fiscali, in particolare se si considera la tassazione tramite retribuzioni convenzionali;
  • Nazionalità del datore di lavoro: La nazionalità del datore di lavoro può essere rilevante ai fini della determinazione del paese in cui il reddito è prodotto;
  • Modalità di svolgimento dell’attività lavorativa: Come e dove viene effettivamente svolta l’attività lavorativa è un altro fattore da considerare.

Per approfondire: AIRE: Anagrafe degli Italiani residenti all’estero.

Il ruolo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni

Le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, stipulate tra l’Italia e altri paesi (inclusa la Svizzera), svolgono un ruolo cruciale nel dirimere i conflitti di residenza fiscale che possono sorgere quando una persona lavora all’estero. Queste convenzioni, spesso basate sul modello OCSE, cercano di evitare che un individuo venga tassato due volte per lo stesso reddito, definendo criteri per stabilire dove una persona è considerata residente fiscalmente.

Il concetto di “abitazione permanente” e “centro degli interessi vitali”

Le convenzioni contro le doppie imposizioni prevedono che, in caso di conflitto di doppia residenza, si debba far riferimento al criterio dell’abitazione permanente. Se una persona ha un’abitazione permanente sia in Italia che all’estero (come spesso accade quando un lavoratore mantiene una casa in Italia), allora si deve considerare il centro degli interessi vitali.

Il centro degli interessi vitali si riferisce al luogo dove una persona ha i legami personali ed economici più forti. Per esempio:

  • Una persona sposata, con figli e forti legami familiari in Italia, è più probabile che mantenga il proprio centro degli interessi vitali (e quindi la residenza fiscale) in Italia, anche se lavora in Svizzera;
  • Al contrario, una persona senza vincoli familiari potrebbe più facilmente spostare il proprio centro degli interessi vitali (e la residenza fiscale) nel paese in cui lavora. In questo caso, non sorgerebbero questioni di tassazione italiana del reddito, in quanto la prestazione lavorativa sarebbe svolta all’estero da un soggetto divenuto residente all’estero.

Il mantenimento della residenza fiscale italiana: implicazioni

Se un lavoratore che si reca in Svizzera per lavoro mantiene la residenza fiscale in Italia (perché, ad esempio, mantiene il proprio centro degli interessi vitali nel territorio italiano), il reddito prodotto in Svizzera sarà soggetto a tassazione anche in Italia, secondo le modalità che vedremo nel seguito. Questo scenario rende necessario conoscere bene le modalità di tassazione del reddito prodotto all’estero, al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione.

Il punto cruciale è stabilire se, nonostante il lavoro in Svizzera, il lavoratore è considerato fiscalmente residente in Italia. Questo dipende da una valutazione complessa dei legami personali, economici e familiari con l’Italia, che va al di là della semplice presenza fisica nel territorio svizzero. La residenza fiscale è un concetto dinamico, che può cambiare nel tempo in base ai cambiamenti delle circostanze individuali e familiari di ogni soggetto.

Modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera

Quando un soggetto residente in Italia percepisce redditi da lavoro dipendente o assimilato prodotti all’estero, la tassazione può avvenire secondo diverse modalità. La scelta del regime fiscale applicabile dipende da vari fattori, tra cui la durata del soggiorno all’estero e le specifiche caratteristiche del rapporto di lavoro. È fondamentale notare che, in linea generale, l’Italia considera imponibili i redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero da soggetti residenti, salvo diverse disposizioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Le tre modalità alternative di tassazione sono:

  • Regime ordinario: Questo regime si applica in via residuale, ovvero quando non ricorrono le condizioni per l’applicazione degli altri regimi;
  • Tassazione secondo le retribuzioni convenzionali: Questo regime si applica a specifiche categorie di lavoratori che svolgono attività all’estero in modo continuativo e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi;
  • Regime dei lavoratori frontalieri: si tratta dei lavoratori che si recano quotidianamente in Svizzera per lavoro rientrando a fine giornata.

Regime ordinario

Il regime ordinario si applica quando non sono soddisfatti i requisiti per l’applicazione degli altri due regimi. In questo caso, il reddito imponibile è determinato sulla base delle somme e dei valori percepiti all’estero, rideterminati secondo la normativa fiscale italiana (art. 51 co. 1-8 del TUIR). Questo significa che si considera il valore effettivo della retribuzione, con eventuali adeguamenti previsti dalle leggi italiane, e non necessariamente l’importo lordo estero.

  • Base imponibile: La base imponibile include tutte le voci della busta paga estera che hanno natura retributiva secondo la normativa italiana. Questo include anche somme simili al TFR, che sono tassate annualmente nello Stato estero, nella misura in cui vengono effettivamente corrisposte;
  • Contributi previdenziali: Ai fini della tassazione italiana, il reddito è assunto al netto dei contributi obbligatori versati nello Stato estero. Tali contributi sono scomputati direttamente nel quadro RC della dichiarazione. Per capire le voci deducibili: Certificato di salario in Svizzera;
  • Oneri deducibili: Si possono dedurre anche i contributi a forme pensionistiche complementari e i contributi di assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale.
  • Assegni di sede e indennità: Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero costituiscono reddito per il 50%. Questa riduzione al 50% si applica solo sulla parte eccedente gli emolumenti spettanti per l’attività prestata in Italia.
  • Imposte assolte: Si tratta delle ritenute fiscali applicate sul reddito del lavoratore, trattenute dal datore di lavoro e versate al Fisco svizzero. Il riferimento da prendere per il calcolo del credito per imposte estere è l’imposta inserita nella certificazione del reddito.

Tassazione secondo le retribuzioni convenzionali

Questo regime, previsto dall’art. 51 co. 8-bis del TUIR, si applica a quei lavoratori che prestano la loro attività all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. In questo caso, il reddito imponibile non è determinato sulla base delle retribuzioni effettivamente percepite, bensì attraverso retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministero del Lavoro. Per quanto interessa in questa sede possiamo schematizzare quanto segue:

  • Presupposti: È fondamentale che il lavoratore, pur svolgendo l’attività all’estero, sia considerato residente fiscale in Italia. La prestazione lavorativa deve essere svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro.
  • Calcolo del periodo: Per il calcolo dei 183 giorni, si considerano i giorni di effettiva permanenza all’estero, incluse le festività, i sabati e le domeniche, mentre non si considerano i giorni di ferie e i periodi di malattia. Se il periodo di lavoro è a cavallo di due annualità, il beneficio delle retribuzioni convenzionali può essere applicato in entrambe le annualità.
  • Fringe Benefit: In questo regime, gli eventuali fringe benefit erogati dal datore di lavoro non sono soggetti a tassazione autonoma, in quanto ricompresi forfetariamente nella retribuzione convenzionale.
  • Retribuzioni convenzionali superiori a quelle effettive: Se le retribuzioni convenzionali sono superiori a quelle effettive, la giurisprudenza ha stabilito che occorre assoggettare a tassazione gli importi effettivamente percepiti per non violare il principio di capacità contributiva (secondo C.T. Prov. Macerata 3.3.2015 n. 67/2/15).
  • Distacco all’estero: Le retribuzioni convenzionali si applicano anche ai soggetti residenti in Italia che lavorano all’estero in regime di distacco.

Tassazione dei lavoratori frontalieri

Il lavoratore frontaliero è definito come un lavoratore dipendente fiscalmente residente in Italia che si reca quotidianamente all’estero, specificamente in zone di frontiera o paesi limitrofi, per svolgere la propria attività lavorativa. Questa definizione distingue chiaramente i frontalieri dai lavoratori che soggiornano all’estero per periodi prolungati (superiori a 183 giorni), per i quali si applicano normative differenti.

L’attività del frontaliero deve essere svolta “in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano“. Questa precisazione risulta fondamentale per determinare correttamente il regime fiscale applicabile, distinguendo questa categoria da altre tipologie di lavoratori internazionali.

Sono definiti “nuovi frontalieri” le persone che hanno acquisito lo statuto di lavoratore frontaliere dopo l’entrata in vigore dell’accordo, ossia dopo il 17 luglio 2023. Per questa categoria dal 1° gennaio 2024 si applica il meccanismo di tassazione concorrente, tra Italia e Svizzera.

In particolare, questi lavoratori pagano l’imposta alla fonte nel Cantone di lavoro con aliquote pari all’80% di quelle ordinarie applicate ai lavoratori svizzeri, e in aggiunta dovranno pagare l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie, con detrazione per quanto già pagato in Svizzera. Questo meccanismo di credito d’imposta permette di evitare la doppia imposizione.

Il primo prelievo in Italia avverrà nel 2025, in riferimento ai redditi prodotti nel 2024, e sarà subordinato allo scambio di dati tra Italia e Svizzera. L’autorità fiscale della Confederazione dovrà trasmettere entro il 20 marzo di ogni anno le informazioni sul reddito dei “nuovi frontalieri” all’Agenzia delle Entrate italiana, che preparerà la dichiarazione precompilata.

Franchigia (“No Tax Area”)

Un aspetto positivo per i frontalieri è l’innalzamento della “no tax area” a 10.000 euro, più alta rispetto al passato. Ciò significa che i primi 10.000 euro del reddito da lavoro dipendente non saranno soggetti a tassazione in Italia. L’accordo prevede inoltre la non imponibilità degli assegni familiari erogati dagli Enti di Previdenza dello Stato in cui il frontaliere presta lavoro.

Regime opzionale al 25%

A partire dal periodo d’imposta 2024, l’art. 6 del Decreto Legge n. 113/24 ha introdotto un regime fiscale opzionale per i lavoratori frontalieri con la Svizzera. Questo regime è applicabile ai lavoratori residenti in alcuni Comuni specifici (indicati negli allegati 1 e 2 del decreto) che si trovano nella fascia di 20 km dal confine con la Svizzera.

Il regime opzionale prevede l’applicazione sui redditi da lavoro dipendente percepiti in Svizzera (con datore di lavoro elvetico) di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nella misura pari al 25% delle imposte applicate in Svizzera sugli stessi redditi. L’importo delle imposte pagate in Svizzera deve essere individuato con conversione in euro sulla base del cambio medio annuale del periodo di imposta in cui i redditi sono percepiti.

I beneficiari di questo regime, in luogo della tassazione progressiva ai fini IRPEF con diritto al credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, possono quindi optare per questa imposizione sostitutiva, senza diritto al credito d’imposta. In caso di opzione, i lavoratori sono tenuti a versare alla Regione di residenza una quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale, con la possibilità di portare in detrazione dall’imposta sostitutiva un importo pari al 20% di tali contributi.

Telelavoro

Il 28 dicembre 2023 l’Italia ha aderito al nuovo accordo multilaterale europeo in materia di frontalieri e telelavoro, valido per il piano delle assicurazioni sociali. Dal 1° gennaio 2024, se l’attività da remoto svolta nel Paese di residenza è superiore al 50% dell’orario di lavoro totale, è possibile chiedere di versare i contributi nel Paese di residenza.

Questo accordo rappresenta una risposta all’aumento della diffusione del telelavoro, divenuto strutturale in molte realtà lavorative dopo il periodo emergenziale della pandemia. L’accordo prende in considerazione il caso del dipendente che, per una parte del tempo, lavora da remoto nello Stato di residenza, diverso da quello in cui ha sede il datore di lavoro.

Convenzioni contro le doppie imposizioni

Le convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI) sono accordi bilaterali stipulati tra due Stati per evitare che un soggetto residente in uno Stato venga tassato due volte per lo stesso reddito, una volta nello Stato in cui risiede e un’altra nello Stato in cui il reddito viene prodotto. Queste convenzioni, generalmente conformi agli articoli 15 e 19 del modello OCSE, giocano un ruolo cruciale nella tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera.

  • Articolo 15 del modello OCSE: Questo articolo disciplina la tassazione dei redditi da lavoro dipendente, stabilendo che, in generale, tali redditi sono imponibili nello Stato in cui l’attività lavorativa viene svolta e nello Stato di residenza fiscale. Tuttavia, l’articolo prevede delle eccezioni, come nel caso di soggiorni brevi (inferiori a 183 giorni) o quando l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da un datore di lavoro residente nello Stato in cui si lavora;
  • Articolo 19 del modello OCSE: Questo articolo riguarda le remunerazioni derivanti da funzioni pubbliche, stabilendo che stipendi e salari pagati da uno Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa sono imponibili solo in tale Stato.

Lavoro dipendente di fonte privata (art. 15 Convenzione)

L’art. 15, paragrafo 1, del modello OCSE stabilisce che se l’attività lavorativa è svolta in uno Stato diverso da quello di residenza, la tassazione può avvenire in entrambi gli Stati. Questo principio è alla base della “tassazione concorrente”.

L’art. 15, paragrafo 2, del modello OCSE prevede una deroga al principio di tassazione concorrente, stabilendo che la tassazione è esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • Il lavoratore soggiorna nell’altro Stato per un periodo non superiore a 183 giorni.
  • Le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro non residente nello Stato in cui il lavoro è svolto.
  • L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione del datore di lavoro nello Stato in cui l’attività è svolta.

Lavoro dipendente per funzioni pubbliche (art. 19 Convenzione)

L’art. 19 del modello OCSE prevede che le remunerazioni pagate da uno Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa per servizi resi a tale Stato, sono imponibili solo in tale Stato. La nozione di impiego pubblico è ristretta a enti come stati federali, cantoni, distretti, ecc.

Credito d’imposta per imposte estere

L’eliminazione della doppia imposizione internazionale è un aspetto cruciale nella gestione dei redditi da lavoro dipendente e assimilati prodotti all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia. Questo processo mira a evitare che lo stesso reddito venga tassato sia nel paese in cui è stato prodotto sia in Italia, il paese di residenza del lavoratore.

Per i redditi di lavoro dipendente e assimilati di fonte estera, i residenti in Italia hanno diritto a un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo, secondo l’articolo 165 del TUIR. Questo credito si applica quando:

  • Non esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato estero;
  • Esiste una Convenzione che prevede la tassazione concorrente in entrambi gli Stati.

Il credito d’imposta è limitato alla quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo. Ciò significa che il credito non può superare l’imposta italiana relativa al reddito estero.

Rideterminazione del credito

L’articolo 36, comma 30, del D.L. n. 223/06 ha esteso ai redditi determinati con le retribuzioni convenzionali (articolo 51, comma 8-bis, del TUIR) il principio di riduzione del credito d’imposta, qualora il reddito prodotto all’estero concorra solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo. Questo significa che l’imposta estera da detrarre deve essere ridotta proporzionalmente al rapporto tra la retribuzione convenzionale e il reddito che sarebbe tassabile in Italia se la stessa attività lavorativa fosse prestata in Italia.

La riduzione del credito d’imposta si calcola confrontando la retribuzione convenzionale con il reddito che sarebbe stato tassato secondo le regole ordinarie dell’articolo 51 del TUIR. Questo meccanismo previene situazioni in cui il contribuente, tassato su retribuzioni convenzionali inferiori a quelle effettive, si detrae un credito per imposte estere pagate su retribuzioni più alte. La risoluzione 8.7.2013 n. 48 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito questo aspetto, stabilendo che il reddito di riferimento per il calcolo deve essere determinato secondo la normativa fiscale italiana e non estera.

Esempio

Ad esempio se per un reddito pari a  €. 1.000 la tassazione in Svizzera è pari al 14% ed in Italia pari al 23% il nostro lettore verserà all’Amministrazione finanziaria svizzera il 14% del reddito e all’Amministrazione finanziaria Italiana la sola differenza del 9%. In questo modo è correttamente applicato il principio di divieto di doppia imposizione di uno stesso reddito, previsto dall’articolo 165 del DPR n. 917/86.

Adempimenti dichiarativi

La corretta gestione degli obblighi dichiarativi relativi ai redditi da lavoro dipendente o assimilati prodotti all’estero richiede, la presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia. Sostanzialmente, è il lavoratore che deve assumersi l’obbligo di assolvere gli obblighi fiscali in Italia per:

  • La dichiarazione dei redditi di fonte estera da lavoro dipendente, attraverso la compilazione del:
    • Quadro RC: I redditi da lavoro dipendente o assimilato prestato all’estero, non soggetti a tassazione separata, vanno dichiarati nel quadro RC del modello Redditi PF;
    • Quadro CE: Per l’indicazione del credito sulle imposte assolte all’estero. Per l’indicazione del credito è fondamentale essere in possesso della certificazione del reddito fornita dal datore di lavoro o dalla dichiarazione dei redditi presentata in Svizzera;
  • L’assolvimento degli obblighi legati al monitoraggio fiscale connessi alla compilazione del quadro RW del modello Redditi. Questo al fine di indicare eventuali attività patrimoniali e/o finanziarie detenute all’estero (Svizzera) durante il periodo di imposta. Caso classico è quello del conto corrente dove avviene l’accredito dello stipendio.

Lavoro in Svizzera: l’importanza della consulenza fiscale specialistica

La gestione della fiscalità internazionale per i redditi da lavoro dipendente o assimilati è un’area complessa e in continua evoluzione, che richiede una conoscenza approfondita sia della normativa italiana che delle convenzioni contro le doppie imposizioni. In questo contesto, il ruolo di un dottore commercialista specializzato in fiscalità internazionale diventa cruciale per garantire la corretta applicazione delle leggi e per ottimizzare la posizione fiscale del contribuente.

Il primo passo fondamentale è determinare correttamente la residenza fiscale del lavoratore, poiché da essa dipendono gli obblighi dichiarativi e le modalità di tassazione. Un commercialista esperto può valutare attentamente tutti i criteri rilevanti (come la permanenza all’estero, il centro degli interessi vitali e l’iscrizione all’anagrafe) per stabilire la residenza fiscale in modo accurato.

Un professionista è in grado di analizzare le diverse tipologie di reddito (stipendi, fringe benefit, indennità, TFR, ecc.) e di applicare correttamente le norme del TUIR e delle convenzioni internazionali. Questo include la corretta determinazione del reddito imponibile secondo le regole italiane, anche in presenza di retribuzioni convenzionali.

Nel caso di lavoratori che prestano la loro attività all’estero per periodi superiori a 183 giorni, l’applicazione delle retribuzioni convenzionali può creare delle complessità. Un commercialista può guidare il contribuente nell’individuazione della fascia retributiva corretta, in base al settore e al livello di inquadramento, e nel calcolo dell’imponibile.

La corretta compilazione della dichiarazione dei redditi (modello Redditi PF o 730) è fondamentale per evitare errori e sanzioni. Un commercialista può aiutare il contribuente a compilare i quadri corretti e a indicare le imposte pagate all’estero ai fini del credito d’imposta.

Consulenza fiscale online

La consulenza di un dottore commercialista esperto in fiscalità internazionale è fondamentale per:

  • Evitare errori e sanzioni: La complessità della materia rende alto il rischio di commettere errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
  • Ottimizzare la tassazione: Un professionista può aiutare a sfruttare al meglio i benefici fiscali previsti dalla legge e dalle convenzioni internazionali, come il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.
  • Garantire la conformità: La consulenza specialistica assicura la corretta applicazione delle leggi, delle convenzioni e degli accordi, evitando controversie con l’Amministrazione Finanziaria.

Domande frequenti

Documenti necessari per il lavoro in Svizzera

Tutti gli italiani, in quanto cittadini dell’Unione Europea, possono infatti vivere e lavorare in Svizzera senza dover richiedere complicati permessi o visti particolari.
Bisogna comunque richiedere un permesso di soggiorno all’ufficio di migrazione, entro 14 giorni dal tuo arrivo in Svizzera, semplicemente presentando la tua carta d’identità o un passaporto valido, una copia del tuo contratto di locazione e una fotografia formato passaporto, oltre ad una copia del contratto di lavoro.

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