La Ue presenta il Libro bianco della difesa. “Con i 150 miliardi di prestiti finanziati da eurobond acquisti solo da aziende con sede in Europa e Ucraina”. Fuori Usa e Regno Unito
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La Commissione europea ha presentato il Libro Bianco sulla Difesa, che tiene insieme elementi del programma ReArm Eu e maggiori dettagli sull’uso dei fondi e sulle partnership. L’Alta rappresentante Ue per la Politica estera, Kaja Kallas, lo definisce “un piano per affrontare le minacce immediate e per rafforzare la difesa europea a lungo termine. Aiuteremo i paesi europei a raggiungere i loro obiettivi di capacità Nato. Non lo facciamo per fare la guerra, ma per prepararci al peggio“, ribadisce coi soliti toni bellicosi. “Ora non abbiamo una guerra fredda, ma abbiamo una guerra calda sul suolo europeo, e la minaccia è esistenziale. Quindi sì, dobbiamo fare di più”. “L’era del dividendo della pace è finita da tempo”, avverte a sua volta la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen che ieri ha invitato il continente a “prepararsi alla guerra“. “L’architettura di sicurezza su cui abbiamo fatto affidamento non può più essere data per scontata. L’Europa è pronta a farsi avanti. Dobbiamo investire nella difesa, rafforzare le nostre capacità e adottare un approccio proattivo alla sicurezza”. Il commissario alla Difesa Andrius Kubilius chiosa che “i rapporti delle agenzie di intelligence danesi e tedesche segnalano che il Cremlino intende mettere alla prova l’attivazione dell’Articolo 5 del Trattato della Nato entro il 2030” e occorre “agire in grande” perché “450 milioni di europei non dovrebbero aver bisogno di appoggiarsi a 350 milioni di americani per far fronte a 150 milioni di russi che non riescono a sconfiggere 38 milioni di ucraini”.
Le aziende di Usa e Uk non si spartiranno la torta dei 150 miliardi – “Gli Stati membri – si legge nel documento – sono invitati a incrementare rapidamente gli acquisti collaborativi nel settore della difesa, in linea con l’obiettivo di almeno il 40% proposto dalla Strategia europea per l’industria della difesa (EDIS), anche sotto l’egida dello strumento Safe“, ovvero le emissioni di nuovo debito comune fino a 150 miliardi per finanziare prestiti a lungo termine da utilizzare per investimenti in difesa attraverso appalti comuni. Ogni Stato membro potrà avere il prestito solo se si associa ad almeno un Paese partner: un modo per evitare duplicazioni di spesa in progetti concorrenti e frammentazione delle risorse.
La novità è che, come emerge dalla proposta di regolamento del Safe, per “rinforzare urgentemente la base industriale della Ue alla luce della situazione geopolitica e della eccezionale minaccia alla sicurezza” passa il principio del buy European caro alla Francia: appaltatori e subappaltatori dovranno avere sede legale ed executive management nell’Ue, negli Stati Efta – Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera – o in Ucraina e utilizzare stabilimenti, infrastrutture e asset basati negli stessi Paesi. Fuori, dunque, i produttori degli Usa – come Rtx, che fornisce la piattaforma di difesa aerea e missilistica Patriot – e quelli del Regno Unito, nonostante le pressioni di Keir Starmer perché i colossi militari britannici potessero beneficiare degli investimenti previsti dal piano e nonostante lo stesso documento auspichi maggiore cooperazione con Londra su sicurezza e difesa. Possibili eccezioni in particolari condizioni.
I contratti degli appalti comuni dovranno prevedere il requisito che le componenti che rappresentano almeno il 65% dei costi del prodotto finale provengano dall’Unione Europea/Paesi EFTA/ Ucraina. Ulteriori condizioni saranno richieste per alcuni prodotti le cui tecnologie non sono disponibili su larga scala nella Ue: si vogliono evitare limitazioni imposte da Paesi terzi sulla libertà delle forze armate dei Paesi membri di rimpiazzare quelle componenti con altre di origine Ue.
Le regole per la spesa nazionale extra-Patto – L’altro pilastro, come è noto, sono i 650 miliardi in quattro anni di spesa nazionale propiziata dalla possibilità di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita. La Commissione invita esplicitamente i singoli Paesi a farlo entro fine aprile. L’obiettivo è avere più spazio di bilancio da usare per aumentare la spesa per la difesa nel rispetto delle norme fiscali dell’Ue. Ovviamente per Paesi molto indebitati come l’Italia la strada resta strettissima, come dimostra il forte aumento dei rendimenti dei titoli di Stato subito dopo gli annunci sui piani di riarmo. La deviazione consentita sarà limitata all’aumento della spesa per la difesa fino a un massimo dell’1,5% del Pil per ogni anno di attivazione della clausola e per un periodo di quattro anni.
La Bei con l’elmetto – La Banca europea per gli investimenti sarà mobilitata e chiamata ad ampliare la portata dei suoi prestiti a progetti di difesa e sicurezza, “salvaguardando al contempo la sua capacità di finanziamento“. La stessa Bei aveva infatti ventilato il rischio di un eccessivo aumento della leva finanziaria, cioè il rapporto tra capitale proprio e debiti contratti sul mercato per finanziare i prestiti, con potenziale impatto sul suo merito di credito.
“Incanalare anche i risparmi privati in settori critici come la difesa” – Infine, il Libro Bianco spiega che gli investimenti pubblici da soli non saranno sufficienti a soddisfare le esigenze di investimento dell’industria della difesa, dalle start-up alle grandi aziende. La strategia per l’Unione del risparmio e degli investimenti, adottata anch’essa mercoledì dalla Commissione, renderà “più facile mobilitare i risparmi privati in mercati dei capitali più efficienti e incanalare gli investimenti in settori critici dell’economia, come la difesa, per coloro che desiderano investire in essi”.
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