La settima puntata di Paradise è uno di quei capolavori che ricorderemo molto a lungo 

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Paradise. Fino alla sesta puntata, Paradise si è dimostrata una serie interessante, ben scritta e con un cast di prim’ordine. Niente, però, lasciava presagire l’impatto devastante, è proprio il caso di dirlo, che avrebbe avuto il suo settimo episodio. Con The Day, la serie non solo alza l’asticella, ma si… Leggi di più »La settima puntata di Paradise è uno di quei capolavori che ricorderemo molto a lungo  The post La settima puntata di Paradise è uno di quei capolavori che ricorderemo molto a lungo  appeared first on Hall of Series.

Mag 16, 2025 - 14:04
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La settima puntata di Paradise è uno di quei capolavori che ricorderemo molto a lungo 

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Paradise.

Fino alla sesta puntata, Paradise si è dimostrata una serie interessante, ben scritta e con un cast di prim’ordine. Niente, però, lasciava presagire l’impatto devastante, è proprio il caso di dirlo, che avrebbe avuto il suo settimo episodio. Con The Day, la serie non solo alza l’asticella, ma si trasforma radicalmente, diventando un’esperienza viscerale, emotiva e terribilmente attuale. Se fino a quel momento siamo stati abituati a considerarla una distopia ben congeniata, con questo capitolo Paradise ci travolge, mostrandosi per ciò che è davvero. Un potente specchio delle nostre paure più profonde e del nostro istinto di sopravvivenza.

L’episodio 7 non è solo un punto di svolta narrativo. È un’opera che sfida lo spettatore a riflettere sulle conseguenze del cambiamento climatico, sulle disuguaglianze sociali e sulle decisioni etiche. Che ci definiscono per ciò che siamo, come individui e come società. Attraverso un lungo flashback che ci riporta al giorno in cui il mondo è finito, la serie raggiunge un livello di intensità e drammaticità raramente visto in televisione, mescolando spettacolarità visiva e profondità emotiva in un modo che lascia senza fiato.

Quando il mondo finisce per davvero

In foto una scena di Paradise, una delle serie tv più viste del momento
Credits: Hulu

L’episodio sette di Paradise ci riporta indietro al 1962. Precisamente alla crisi dei missili di Cuba (il cui argomento è trattato in un bellissimo film di Roger Donaldson con Kevin Costner: Thirteen Days). Un momento storico in cui il mondo intero trattenne il fiato, a un passo dal baratro nucleare.
In questa sequenza iniziale, un alto ufficiale dell’apparato militare americano torna a casa sconvolto, incapace di nascondere il terrore che ha provato. Racconta alla moglie come l’umanità sia scampata alla catastrofe. Grazie, cioè, al coraggio di un comandante di un sommergibile sovietico che si è rifiutato di lanciare i missili. Ma quello che emerge dalle sue parole è un avvertimento agghiacciante: un giorno, qualcuno al comando non avrà la stessa saggezza.

Questo breve ma potente frammento iniziale sembra quasi perdersi nella densità emotiva dell’episodio. Eppure è una chiave fondamentale per comprendere ciò che accadrà decenni dopo (e qualche scena più in là).

Il compito di distruggere il mondo, così come lo conosciamo, spetta però alla natura. Lo scoppio di un super-vulcano in Antartide provoca, infatti, una disastrosa reazione a catena. L’esplosione fa sciogliere la calotta glaciale che innalza i mari provocando uno tsunami inimmaginabile. L’onda comincia a propagarsi dal sud del pianeta devastando l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Argentina, il Cile, il Sudafrica. Intere nazioni spazzate via in pochi istanti, rase al suolo da miliardi di litri di acqua che provocano un’onda alta un centinaio di metri, viaggiante centinaia di km all’ora. Come se non bastasse, Los Angeles viene distrutta da un terremoto di magnitudo mai registrata prima.

Un argomento già trattato. Eppure…

Contrariamente a film spettacolari come 2012 di Roland Emmerich, dove la distruzione globale è mostrata attraverso immagini mozzafiato e scenari apocalittici in CGI, qui di visivo c’è molto poco. La vera spettacolarità dell’episodio 7 di Paradise è altrove. Nella recitazione intensa degli attori, nei racconti drammatici trasmessi dai telegiornali in sottofondo e, soprattutto, nella disperazione dei personaggi in scena. Non vediamo il mondo finire attraverso esplosioni o città che crollano. Piuttosto, lo sentiamo. Sentiamo i toni angosciati delle persone, vediamo i loro sguardi terrorizzati, osserviamo le loro azioni frenetiche e i volti segnati dalla paura.

La storia della segretaria del Presidente, che implora di salvare suo figlio, è un esempio perfetto. Lo spettatore viene investito dal dolore di una madre che vorrebbe vedere in salvo il suo bambino. È un momento devastante: non per quello che vediamo accadere sullo schermo, ma per quello che percepiamo. La donna, sempre a fianco dell’uomo più potente del mondo fin da tempi non sospetti, si rende conto di non avere chance. Si sente tradita dalla persona alla quale ha dedicato la sua vita, e non c’è nulla che possa fare. Ogni singolo dettaglio contribuisce a creare un senso di catastrofe imminente.

La forza di questo episodio sta proprio nella sua capacità di rendere intima una tragedia globale. Non sono le immagini a colpire, ma le emozioni che trasmettono. Sono i toni delle voci al telefono mentre le linee cadono, i volti smarriti dei personaggi che cercano di elaborare l’inevitabile, le decisioni impossibili che devono prendere sotto pressione. In un certo senso, Paradise ci ricorda che la fine del mondo non è solo uno spettacolo visivo: è un’esperienza umana, fatta di paure, rimpianti e scelte disperate.

Paradise: il cuore umano della storia

Sterling K. Brown nel primo episodio di Paradise
Credits: Disney

Se la catastrofe globale raccontata nell’episodio 7 di Paradise è un colpo al petto per gli spettatori, il vero nucleo emotivo della puntata risiede nei drammi personali che si intrecciano con l’apocalisse. Non sono solo tsunami, terremoti o guerre nucleari a lasciare il segno, ma le scelte disperate e spesso crudeli che i personaggi sono costretti a fare mentre il mondo crolla intorno a loro.

Uno dei momenti più strazianti è quello di Xavier Collins (Sterling K. Brown), che diventa il fulcro emotivo dell’episodio.

Bloccato alla Casa Bianca, Xavier cerca disperatamente di mettersi in contatto con sua moglie Teri, rimasta bloccata ad Atlanta. Le linee telefoniche sono sature, il caos regna sovrano, e ogni secondo che passa aumenta l’ansia e la frustrazione di Xavier. Vediamo Sterling K. Brown dare vita a una performance devastante, in cui ogni sguardo, ogni fiato e ogni parola trasmettono il peso insostenibile della situazione. La sua paura non è solo quella di perdere Teri, ma anche di non riuscire a proteggere i suoi figli, Presley e James, che sono già al sicuro. Questo conflitto interiore, tra il dovere professionale e l’amore familiare, è rappresentato con una profondità tale da rendere Xavier uno dei personaggi più complessi e umani della serie.

Ma il dramma di Xavier non si ferma qui. Quando scopre che Teri non riuscirà a prendere l’aereo per il bunker, la sua disperazione si trasforma in rabbia. La tensione esplode in una scena straziante sulla pista dell’aeroporto, dove Xavier affronta il presidente Cal Bradford (James Marsden) in un confronto carico di dolore e recriminazioni. Cal, che sapeva fin dall’inizio che Teri non avrebbe potuto raggiungere il rifugio, aveva nascosto questa verità a Xavier per non distrarlo dal suo compito. Ma la bugia, pur dettata da buone intenzioni, diventa un tradimento imperdonabile agli occhi di Xavier. La lite tra i due è un capolavoro di recitazione: Brown incarna un uomo distrutto, incapace di accettare la realtà, mentre Marsden trasmette tutta la sofferenza di un leader che si ritrova a prendere decisioni impopolari per il bene comune.

Paradise: scelte difficili, se non impossibili

Il presidente Cal Bradford si trova di fronte a una serie di decisioni complesse che mettono in luce la sua trasformazione da figura – apparentemente – superficiale a leader empatico e coraggioso. Inizialmente presentato come un politico affascinante ma poco incisivo, preoccupato più dell’immagine che della sostanza, Cal rivela una profondità inaspettata nell’episodio 7 di Paradise .

Dopo aver registrato un discorso ottimistico per rassicurare la nazione, Cal si ferma a parlare con un dipendente storico della Casa Bianca, intento a lucidare un tavolo nonostante il caos crescente. In un breve dialogo surreale, Cal cerca di far capire all’uomo che non ci sarà un domani. Ma l’inserviente, con la saggezza derivata dalla sua veneranda età, risponde che sono discorsi già sentiti e che il mondo è ancora lì. Questa risposta colpisce profondamente Cal, spingendolo a cambiare rotta e confessare la verità al popolo americano: non c’è più nulla da fare. È un gesto coraggioso e pericoloso, che sacrifica la sua immagine di leader per dare alle persone l’opportunità di trascorrere le loro ultime ore con i propri cari.

James Marsden interpreta questa scena con straordinaria sensibilità, mostrando un uomo combattuto tra forza e vulnerabilità. Il suo volto trasmette tutto il peso delle decisioni che sta prendendo, dimostrando come anche nei momenti più bui possiamo trovare ispirazione negli altri, proprio come Cal ha fatto con l’inserviente.

Pulsante rosso o pulsante blu?

Il Presidente Bradford e Xavier Collins nel primo episodio
Credits: Hulu

La decisione più significativa di Cal, tuttavia, è quella di attivare il Codice Blu, l’impulso elettromagnetico globale. Invece di lanciare missili nucleari, Cal sceglie una soluzione drastica ma umana: disattivare ogni circuito elettronico sulla Terra, fermando così il conflitto nucleare e offrendo all’umanità una possibilità di sopravvivenza. Questa scelta, creata dopo la crisi dei missili di Cuba, rappresenta un atto di speranza in mezzo alla distruzione. Quando scopriamo che Teri, la moglie di Xavier, è sopravvissuta grazie a questa mossa, il cerchio narrativo si chiude in modo tanto inaspettato quanto commovente.

Questa trasformazione di Cal è resa ancora più potente dall’interpretazione di Marsden, che riesce a trasmettere forza e vulnerabilità allo stesso tempo. Se nelle prime puntate Cal sembrava quasi una caricatura, un politico affascinante ma poco incisivo, qui emerge come un leader che combatte per fare ciò che è giusto, anche quando sa che le sue azioni non saranno sufficienti a salvare il mondo.

Alla fine, l’episodio 7 lascia un’immagine di Cal Bradford completamente diversa da quella che avevamo conosciuto fino a quel punto. Non è più un leader distante o un politico calcolatore, ma un uomo che sceglie di agire con coraggio e compassione. Anche quando le circostanze sembrano insormontabili. È una redenzione silenziosa ma potente, che conferisce al personaggio una dignità e un’umanità che prima sembravano assenti.

Paradise: un penultimo atto che riecheggia oltre lo schermo

The Day non è solo un episodio straordinario di Paradise, ma un vero e proprio gioiello della narrazione televisiva moderna. Con una struttura che ricorda i grandi film catastrofici, senza però indulgere negli eccessi visivi tipici del genere, la puntata si regge sulle proprie gambe grazie alla sua profondità emotiva e alla capacità di trasformare una tragedia globale in un’esperienza intima e universale al tempo stesso. La decisione di collocarla a fine stagione, anziché all’inizio, si rivela un colpo da maestro. Ci permette di comprendere appieno il contesto narrativo, mentre apre nuove prospettive per il finale (e la seconda stagione).

Ciò che rende questo episodio particolarmente potente è il modo in cui utilizza la fantascienza non come mero esercizio speculativo ma come uno specchio delle nostre paure più profonde. Attraverso l’eruzione del super-vulcano, lo tsunami devastante e il caos geopolitico che ne deriva, Paradise ci costringe a riflettere sulle implicazioni reali del cambiamento climatico e sulle disuguaglianze sociali che emergono nei momenti di crisi. Non è solo una serie distopica, ma un commento lucido e spietato sul nostro presente. Un invito a interrogarci su ciò che conta davvero quando tutto sembra crollare.

L’episodio 7 riesce a fare quello che solo le grandi opere sanno fare: toccare corde emotive profonde mentre solleva domande etiche complesse.

Dalle scelte impossibili di Cal Bradford alle lotte personali di Xavier Collins, ogni personaggio diventa un veicolo per esplorare temi universali come il sacrificio, la responsabilità e l’amore. È un episodio che non lascia indifferenti. Non solo perché ci mostra quanto fragile sia il nostro mondo ma perché ci ricorda quanto fragile possa essere anche il tessuto delle relazioni umane quando sono messe sotto pressione.

The Day è un’opera narrativa che conferma Paradise come una delle serie più ambiziose e rilevanti del panorama contemporaneo. Non è solo un racconto sulla fine del mondo, ma una riflessione sul tipo di persone che vogliamo essere quando tutto sembra perduto. E forse, proprio in questa domanda, risiede la vera forza della serie: uno specchio delle nostre paure, certo, ma anche delle nostre speranze.

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