La moda perde colpi. Calo di presenze e di eventi. Chi lascia, chi rimane. Prada compra Versace. Armani salva/tutto. Teniamoli d’’occhio: Giada, Hui, L’Arabesque, Anteprima e le nuove tendenze che fanno più tendenza
La settimana della moda l’hanno allungata come un elastico, in fondo erano solo cinque giorni L'articolo La moda perde colpi. Calo di presenze e di eventi. Chi lascia, chi rimane. Prada compra Versace. Armani salva/tutto. Teniamoli d’’occhio: Giada, Hui, L’Arabesque, Anteprima e le nuove tendenze che fanno più tendenza proviene da Il Fatto Quotidiano.

La Fashion week non è solo la somma di vestiti, sfilate, eventi. Il calendario ne riportava 140, ma la settimana della moda l’hanno allungata come un elastico, in fondo erano solo cinque giorni. Aspetto con impazienza, sta per cominciare. Tiro fuori dall’armadio un meraviglioso vintage couture di Giorgio Armani, ha l’età di mio figlio, 26 anni, lungo, nero, con corsetto di jais ricamato. Mi sembra perfetto per il Ballo Masqué a Villa Mozart, che sembrava il set di “Eyes Wide Shut”, borse e clutch della griffe Serapian luccicavano su piramidi di bicchieri di cristallo. Dress code black and White, come l’iconico ballo di Truman Capote al Hotel Plaza di New York. Invitato il jet set mondiale.
Ed eccoci allo spartiacque del Prima e del Dopo: il glamour del pret à porter ( termine ormai desueto) è passato di mano. Ormai é certezza la Fashion week più importante al mondo è quella di Parigi, il vero magnete. Una macchina ben rodata che produce soldi. Basti solo pensare che il 50% delle griffe che sfilano nei dieci giorni di calendario non sono francesi ma vengono da ogni dove.
Armani non vende, non venderà, è un’altra certezza che ci consola in tempi bui per il made in Italy. Sabato Sarno direttore creativo di Gucci è stato licenziato in tronco, la griffe era ai minimi storici di vendite. Ma la moda fa giri immensi e poi ritorna da dove era partita. Versace non trova pace, venduta agli americani è in trattative molto avanti con Prada. Da parte sua Miuccia Prada si è limitata a dire che il dossier «è sul tavolo di tutti”. Dunque anche sul suo.
Lo stile timeless di Emporio Armani ha aperto con Emporio Armani e ha chiuso con Armani Couture. A 91 anni, il rigore si riflette nella collezione e nello stile. Quello stile immutabile, inventato negli anni ’80, il tailleur maschile portato da lei che divenne così una donna in carriera, rimane il suo totem e quest’anno colletti e polsini maschili sono indossati al posto di collane e bracciali. Ogni stagione un tema, quest’anno era il “Mettersi in gioco”, e così le carte da gioco ricorrono come dettaglio, intarsio e stampa. Armani a 91 mette in gioco la sua vitalità creativa e quando esce in passerella é un’ovazione.
Tutti in piedi, sembra di essere alla serata degli Oscar. Con Ermanno Scervino ( Toni é il suo pilastro che non vuole mai essere menzionato) sfila il savoir faire artigianale della celebre maison fiorentina: grossi maglioni tricotè indossati su abiti chiffon, il cappotto/vestaglia di montone sopra sottovesti punteggiate di cristalli mentre le alte cinture da corsetteria per esaltare il punto vita ( anche di chi non ce l’ha più). Il parterre sembrava quello di Sanremo: entra Tony Effe, ancora assonnato, bersagliato dai flash, che se la tira neanche fosse Carlo Conti, ops c’è anche lui, Conti, il normalizzatore.
E poi c’è Noemi ma non sono riuscita a intercettare tutte le guest star. Giada una presentazione di grande classe alla biblioteca della Pinacoteca di Brera e Gabriele Colangelo, archivista di bellezza, lo stilista, vuole così richiamare l’attenzione sulla cura infinitesimale dei dettagli, nell’amore per la ricerca di quello che è invisibile all’apparenza. I suoi abiti scultora sono da Prima Teatrale, un proscenio di stupore.
L’Arabesque é un cult store, in Largo Agusto, che racchiude anche una Library, un café/ristorante da costellazione di stelle, e una boutique/archivio specializzata nel vintage, sopratutto degli anni ’30 e ’40. L’inventrice del multi/concept, “palestra” di creatività, è Chichi Meroni, stilista e designer, ha girato il mondo, il suo paese preferito è il Giappone e quello che ha visto lo ha trasferito qui. Anticipando tendenze e stili di vita. Uno caledoscopio diffuso sotto le volte di un soffitto “ispirato” da simboli surrealisti di Dali e Piccaso. Tutto custom made dall’abito icona “Robe Noir” ai gioielli 3D in resina, non solo rivolte alle top spender.
Incontro fra moda e arte per Anteprima, disegnata dalla stilista giapponese Izumi Ogino con l’artista giapponese Izumi Kato che ha esposto anche alla Biennale di Venezia. Una collezione che invita a vedere la moda come una vera e propria opera d’arte, che prende vita con chi la indossa. Silhouette oversize e unisex sono al centro della collezione. Maglione in misto alpaca con motivi delle opere di Kato, come anatre mandarine e volti alieni, blazer in lana doppia con giacca trapuntata in nylon, arricchiti da ricami ispirati a Kato.
Ancora Giappone anche se Hui è cinese e innamorata dell’Italia. Fa haute couture rivisitata in chiave casual più mettibile, vive un po’ qui, un po’ in Cina è la sua moda è un ponte tra le due culture. Sfilano negli opulenti saloni tra broccati e damaschi gilet trapuntati che ricordano quelli anti/proiettili indossati dai soldati e abiti paillettes. All’ingresso pezzi frantumati di ceramica stesi su un tappeto rosso circolare vengono riallacciati da un filo rosso.
È una metafora: sotto il vestito siamo tutti in po’ cocci rotti ma pronti a indossare una nuova veste.
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