La cause del sottosviluppo del venture capital in Italia secondo Banca d’Italia

Banca d'Italia dedica un paper al mercato italiano del venture capital che definisce "sottosviluppato". L'analisi delle ragioni e il confronto con l'Europa: CDP Venture Capitali non basta per recuperare il gap L'articolo La cause del sottosviluppo del venture capital in Italia secondo Banca d’Italia proviene da Economyup.

Apr 16, 2025 - 18:28
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La cause del sottosviluppo del venture capital in Italia secondo Banca d’Italia

FINANZA & INNOVAZIONE

La cause del sottosviluppo del venture capital in Italia secondo Banca d’Italia



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Banca d’Italia dedica un paper al mercato italiano del venture capital che definisce “sottosviluppato”. L’analisi delle ragioni e il confronto con l’Europa: CDP Venture Capitali non basta per recuperare il gap

Pubblicato il 16 apr 2025



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L’Italia è in ritardo. Il mercato del venture capital, leva cruciale per finanziare l’innovazione e la crescita delle startup, rimane sottodimensionato rispetto agli altri grandi paesi europei. Lo dice anche Banca d’Italia, che al venture capital dedica il suo paper “Questioni di economia e finanza” di aprile.

Banca d’Italia analizza i motivi strutturali di quello che non esista a chiamare “sottosviluppo” e propone soluzioni per colmare il gap. Le cause sono molteplici e si rafforzano a vicenda: poche idee innovative e brevettabili, fondi di investimento ancora troppo piccoli, uscite difficili per chi investe, e un quadro normativo che scoraggia gli attori internazionali.

Un’analisi per certi versi impietosa e per altri paradossale visto che arriva da uno dei soggetti istituzionali che non hanno particolarmente brillato per favorire l’innovazione nell’industria dei servizi finanziari e lo sviluppo delle startup fintech nel mercato italiano.

Ma vediamo quali sono le ragioni del ritardo italiano negli investimenti di venture capital (qui puoi scaricare la versione integrale del paper).

Le ragioni per il limitato volume di investimenti di venture capital in Italia si possono raggruppare in tre grandi fattori, che agiscono su tutte le fasi del ciclo di vita delle startup e si rafforzano negativamente tra loro

Un mercato ancora limitato, ma in crescita

Il venture capital italiano ha conosciuto una crescita significativa nell’ultimo decennio, con investimenti aumentati di sette volte tra il 2013 e il 2023. Tuttavia, resta un fanalino di coda in Europa: tra il 2021 e il 2023, il volume di investimenti in Italia è stato pari a un quinto di quello francese e tedesco.

Nel triennio 2021-2023 l’investimento VC in Italia è stato pari a circa lo 0,03% del PIL, contro lo 0,09% di Francia e Germania

La crescita italiana è stata trainata soprattutto dall’ingresso di CDP Venture Capital, che ha avviato nel 2019 una serie di fondi dedicati, segnando una discontinuità rispetto al passato.

Ma il mercato resta ancora fragile e fortemente dipendente dal sostegno pubblico.

Il confronto con l’Europa: pochi investimenti, pochi fondi, poche exit

Il secondo ostacolo è la scarsità di fondi di investimento strutturati.

Alla fine del 2023 gli asset gestiti dai fondi italiani di VC erano inferiori ai 3 miliardi di euro, con soli 39 gestori attivi e un patrimonio medio di 70 milioni.

Il numero medio di fondi attivi è significativamente più basso di quello francese e tedesco; la dimensione media del fondo in Italia è circa un quinto rispetto a quella tedesca

Il problema è anche a monte: mancano gli investitori istituzionali. In Italia, tra il 2019 e il 2023, assicurazioni e fondi pensione hanno contribuito solo per il 2% alla raccolta dei fondi VC, contro il 18% in Francia.
“A dicembre 2023, gli investimenti in fondi VC rappresentavano lo 0,01% del portafoglio degli investitori istituzionali italiani, contro lo 0,15% di quelli francesi” (qui puoi leggere un’analisi sul potenziale di fondi pensione e casse previdenziali per il venture capital italiano)

Startup e idee innovative: un bacino ancora troppo debole

L’Italia non solo investe poco in VC, ma anche in innovazione.

La spesa privata in R&D è allo 0,78% del PIL, la metà di Germania (2,11%) e ben sotto la media UE (1,48%).

E i brevetti? Scarsi: appena 0,8 ogni 10.000 abitanti, contro gli 1,6 della Francia e i 3 della Germania.

In Italia ci sono relativamente poche idee innovative e commercializzabili, il che limita la domanda di finanziamento VC fin dall’inizio

Anche le università, pur producendo ottima ricerca, non riescono a trasformarla in startup.

Mancano strumenti e incentivi per il trasferimento tecnologico, nonostante alcuni segnali positivi: nel 2024 le startup innovative registrate erano circa 13.500, grazie a misure come lo Startup Act del 2012 e Industria 4.0.

Le startup che hanno partecipato alla policy hanno ricevuto più frequentemente investimenti VC, e in una fase più precoce rispetto a quelle che non vi hanno aderito

Politiche pubbliche: CDP in campo, ma serve di più

La politica ha iniziato a muoversi, con CDP Venture Capital che ha investito 1,4 miliardi entro il 2023, su 4,2 miliardi di risorse gestite. Il piano al 2028 prevede una crescita fino a 8 miliardi, con un focus su settori strategici come AI, healthtech e cleantech.

L’aumento della dimensione del settore domestico aumenterà gli incentivi per gli investitori istituzionali, anche stranieri

Ma da sola CDP non basta. La Banca d’Italia auspica riforme normative per semplificare gli obblighi dei gestori di fondi alternativi più piccoli, ridurre i costi di compliance e incentivare una maggiore partecipazione privata.

Il settore trarrebbe beneficio da una semplificazione degli obblighi normativi e da una riduzione dei costi di compliance per i gestori di fondi più piccoli

Il mercato italiano del venture capital ha cominciato a muoversi nella giusta direzione, ma ha ancora bisogno di un ecosistema più maturo e coordinato, che coinvolga attori pubblici e privati. Senza un’azione sistemica, il rischio è quello di perdere il treno dell’innovazione.

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