“Il progresso rallenterà nel mondo intero”. Gli impatti della crociata anti-scienza di Trump
Le testimonianze degli scienziati cacciati da Noaa, Nasa, Epa e altre agenzie: con Trump gli Stati Uniti entrano in un’era di regresso.

“Voglio ringraziare tutti i membri dello staff che ci stanno lasciando per il servizio che hanno reso alla National oceanic and atmospheric administration e alla nazione”. Nancy Hann, amministratrice della Noaa, una delle agenzie che si occupano di clima e ambiente più importanti al mondo, si è rivolta così ai dipendenti che a fine febbraio sono stati costretti a radunare i propri oggetti in una scatola di cartone e ad uscire per l’ultima volta da uffici e laboratori, per decisione dell’amministrazione di Donald Trump.
Parliamo di circa 1.300 persone, secondo quanto indicato dal New York Times, che cita fonti a conoscenza della questione, che hanno preferito mantenere l’anonimato. “La missione della Noaa resta più che mai vitale per la popolazione americana. E stiamo lavorando per comprendere l’impatto di questi licenziamenti: vi comunicherò quali cambiamenti sarà necessario operare”, prosegue Hann nel suo testo.
1.300 licenziati alla Noaa, alcuni cacciati con una semplice mail
Dei 1.300 posti tagliati alla Noaa, 500 si riferiscono a persone che hanno accettato di presentare le dimissioni dopo aver ricevuto degli incentivi. Altre 800 erano in periodo di prova, e sono state licenziate. Si tratta delle conseguenze concrete delle scelte operate dalla nuova amministrazione statunitense di Donald Trump. Uno di loro, David Die, ha raccontato: “Avevo appena ricevuto una valutazione da parte di una mia superiore. Il mio lavoro era stato giudicato eccellente. Ci avevo investito molto e anche se ero ancora nel periodo di prova di tre anni, il licenziamento è stata una brutta sorpresa”.
La sua storia è stata raccontata dal quotidiano Le Monde: dopo anni passati a fare ricerca in Australia, all’università di Miami e poi presso le Nazioni Unite, nello scorso mese di ottobre, a 65 anni, Die aveva deciso di accettare di lavorare per la Noaa, a coronamento di una lunga carriera. La lettera di licenziamento è piombata però come un fulmine a ciel sereno il 27 febbraio: neppure una lettera, ma una semplice mail. Nella quale gli si concedeva un’ora e mezza di tempo per svuotare cassetti e armadi.
A rischio modelli meteorologici e climatici fondamentali
L’agenzia ha visto così il proprio organico diminuire del 10 per cento, praticamente dalla sera alla mattina. La dirigenza dovrà necessariamente rivedere la propria organizzazione interna e comprendere quali programmi tagliare o ridimensionare. L’American meteorological society ha spiegato che i licenziamenti potrebbero causare “danni irreparabili” per la sicurezza pubblica, l’economia e la leadership mondiale degli Stati Uniti. Potrebbe infatti risultare più difficile prevedere gli eventi estremi, seguire i percorsi degli uragani, elaborare nuove generazioni di modelli meteorologici e climatici.
Anche Sarah Cooley, 47 anni, fa parte delle persone mandate via dalla Noaa. Si occupava di acidificazione degli oceani: “L’agenzia riveste un ruolo cruciale per le allerte precoci in caso di catastrofi, per l’elaborazione di cartine per la sicurezza delle navigazioni o ancora per l’approvvigionamento di prodotti del mare”. Secondo il sito d’informazione americano Axios, per risparmiare denaro il governo di ultra-destra di Trump potrebbe ben presto annullare i contratti di affitto di una serie di edifici ad oggi utilizzati dalla Noaa. È stato poi imposto agli scienziati un limite assurdo per l’acquisto di materiali (un solo dollaro), il che rende impossibile riparare le strumentazioni. “Chi resta è scontento, arrabbiato e impaurito perché potrebbe essere il prossimo a dover partire. Ma anche sopraffatto dalla quantità di lavoro che gli è piovuta addosso”, ha aggiunto in questo senso Cooley.
I tagli draconiani dalla Fema all’Epa al National weather service
Come nel caso della Noaa, i tagli draconiani voluti dalla Casa Bianca non risparmiano il servizio meteorologico nazionale (National weather service), né l’Agenzia federale per la gestione delle situazioni di emergenza (la Fema). Quest’ultima ha perso circa mille dipendenti, nonostante la sua importanza sia stata evidente anche nei recentissimi casi delle alluvioni in Florida dopo il passaggio dell’uragano Milton o dei mega-incendi divampati in California.
Ancora, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa) ha licenziato centinaia di persone e l’amministrazione Trump prevede di tagliarne del 65 per cento il budget. Il che, secondo Rachel Cleetus, dell’associazione Union of concerned scientists, “avrà un effetto devastante sulla capacità dell’organismo di proteggere la salute pubblica e l’ambiente. Si tratta di una strategia che mira a spalleggiare le grandi industrie inquinanti, in particolare quelle del settore fossile, a spese della popolazione americana”. Lo stesso gruppo ha pubblicato una lettera aperta indirizzata al Congresso, firmata da 2.500 tra scienziati ed esperti, nella quale lancia un appello affinché la Noaa non venga smantellata e possa rimanere adeguatamente finanziata.
Licenziata anche la scienziata-capo della Nasa
Il 10 marzo, poi, è stata licenziata perfino la scienziata-capo della Nasa, la climatologa Katherine Calvin, assieme a una ventina di suoi collaboratori. Il suo ufficio, assieme a due altri dipartimenti dell’agenzia, sarà completamente smantellato, come confermato dalla stessa Nasa.
Il New York Times precisa che la chiusura sarà operativa a partire dal 10 aprile. La figura dello scienziato-capo esisteva dal 1982 ma era già stata eliminata nel 2005 da George W. Bush, quindi ripristinata nel 2011 da Barack Obama. Per la Nasa si tratta di una grave perdita poiché Calvin, dal 2023, è anche co-presidente del gruppo di lavoro 3 presso il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc). A febbraio, d’altra parte, le era già stato impedito dal governo di partecipare a una riunione di lavoro a Hangzhou, in Cina.
“Con Trump come in Russia nel periodo post-sovietico”
L’approccio dell’amministrazione Trump sembra insomma ferreo, e ricorda quanto accaduto in Russia negli anni Novanta: “All’epoca, in meno di un decennio, si passò dalla ricerca scientifica di primo livello dell’Unione sovietica a una mediocre. Noi subiremo la stessa sorte se questi attacchi proseguiranno. Il progresso scientifico rallenterà nel mondo intero”, ha commentato Robert Kopp, climatologo dell’università di Rutgers, nel New Jersey.
Tuttavia, aggiunge, “la comunità scientifica non si è mai fermata di fronte a problemi complessi. Al contrario: li affrontiamo. Il contesto ci mette di fronte a una strada in salita, certo, ma dobbiamo preservare quanto possibile e ricostruire all’esterno del governo, ove necessario”. Certo, dopo quattro anni di questo tipo si rischia di dover affrontare una rifondazione, più che una semplice ricostruzione.