Il Nobel Parisi e i cervelli Usa in fuga da Trump da accogliere in Italia: «Ma adesso non siamo pronti»
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Il premio Nobel per la fisica 2021 Giorgio Parisi dice che ReBrain Europe è un’opportunità. Il Manifesto per un’Europa della scienza aperta, in cui si invita ad accogliere i cervelli americani in fuga da Donald Trump, non deve essere sprecato. Soprattutto dall’Italia. «Bisogna ammettere che quanto sta avvenendo negli Stati Uniti è una cosa davvero molto strana. C’è questo presidente che sta usando poteri emergenziali, giustificandosi con la crisi economica e la guerra. Per prendere dubbie decisioni che di fatto stanno mettendo in seria difficoltà i giovani studenti, così come anche gli scienziati», dice a La Stampa.
La fuga di cervelli
E ancora: «Oggi ci troviamo dunque in una situazione completamente ribaltata rispetto al passato. Se dagli anni 30 in poi gli Stati Uniti hanno avuto praticamente la supremazia sulla scienza tanto da attirare all’interno dei suoi confini un enorme flusso di scienziati da tutto il mondo, Italia compresa, ora potrebbe verificarsi il contrario. Ora infatti sono gli scienziati americani e tutti quelli che sono emigrati negli Stati Uniti che sembrano invece voler venire in Europa. E, se vogliamo e investiamo in tal senso, anche in Italia».
Prima è sempre successo il contrario: «Dal secondo dopoguerra scienziati come Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia e Renato Dulbecco, giusto per citarne qualcuno, sono emigrati Oltreoceano, dove hanno prodotto risultati notevoli. Ma per essere altrettanto fortunati dovremmo mettere gli scienziati statunitensi nelle condizioni di voler e poter scegliere il nostro Paese come luogo per portare avanti i loro progetti di ricerca. Non si tratta affatto di una cosa semplice, considerato che la ricerca da noi è sottofinanziata ormai da moltissimo tempo».
Gli investimenti
Ma per portare avanti progetti di ricerca servono «investimenti che purtroppo fino ad oggi non siamo stati in grado di fare bene. Dobbiamo offrire garanzie sul lungo periodo in modo tale che se uno scienziato viene qua dagli Stati Uniti sa che il suo lavoro non sarà di nuovo in pericolo dopo pochi anni. In Italia, purtroppo, quando cambiano i governi, cambiano anche gli scenari. Per uno scienziato significa correre il rischio di dover lasciare a metà il proprio progetto di ricerca e quindi di ritrovarsi a dover ricominciare una seconda volta, dopo aver lasciato prima gli Stati Uniti, da un’altra parte ancora. Insomma, bisogna avere dei piani certi e a lunga scadenza. Perché venire in Italia e rischiare di dover subire tagli ai fondi non conviene. Se non diamo certezze l’Italia continuerà a rimanere un Paese difficile da scegliere».
Le risorse
Adesso, bisogna dirlo, non siamo all’altezza: «Bisogna che anche la scienza locale si attivi. Ma mentre i laboratori dei matematici, così come quello dei fisici teorici e planetari si possono attivare facilmente, molte altre discipline come la biologia hanno bisogno di investimenti più importanti. Oggi in Italia abbiamo ottimi biologi che sono riusciti a costruirsi laboratori grazie alla loro ostinazione e dopo tanti anni di lavoro. Forse è per questo che per l’Italia può essere più semplice attrarre studenti e dottorandi».
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