Il blackout di Spagna e Portogallo può verificarsi anche in Italia? Ecco perché il vero punto debole è la rete elettrica (e non le rinnovabili)
Negli ultimi anni, fanno notare gli esperti, gli investimenti in rinnovabili sono aumentati esponenzialmente. Quelli nelle infrastrutture di rete no L'articolo Il blackout di Spagna e Portogallo può verificarsi anche in Italia? Ecco perché il vero punto debole è la rete elettrica (e non le rinnovabili) proviene da Open.

Sono passate poco più di 24 ore da quando Spagna e Portogallo hanno ripristinato la fornitura di energia elettrica. Ancora non si sa con esattezza cosa abbia causato l’imponente blackout che lunedì 28 aprile ha lasciato al buio l’intera penisola iberica. Dopo che Red Eléctrica – il gestore della rete spagnola – ha escluso le ipotesi di un attacco informatico o di un evento meteorologico anomalo, è iniziato un vero e proprio processo alle rinnovabili. In particolare da chi ha sempre guardato con scetticismo alle politiche di transizione energetica e ora invoca un ritorno ai combustibili fossili.
In realtà, spiegano gli esperti, la questione è più complessa di quanto potrebbe sembrare. E i precedenti blackout – in Europa e non solo – suggeriscono che ciò che è accaduto in Spagna e in Portogallo nei giorni scorsi potrebbe avvenire ovunque. Anche in Paesi che si affidano meno all’eolico e al solare.
Il processo (politico) alle rinnovabili
Secondo Michael Hogan, esperto di energia del think tank Regulatory Assistance Project, blackout così vasti come quello che si è verificato nella penisola iberica «sono stati praticamente sempre innescati da guasti alla rete di trasmissione, non dalla generazione, a prescindere che fosse rinnovabile o meno». Nel 2003, quando un blackout lasciò al buio l’intera città di Londra, la rete era alimentata principalmente da combustibili fossili e l’interruzione della fornitura di energia era stata causata da un trasformatore guasto. Quello stesso anno, un altro blackout lasciò al buio tutta l’Italia.
Il problema, in quel caso, era un guasto a una linea idroelettrica. Spagna e Portogallo sono due dei Paesi che più stanno trainando la transizione europea verso le energie rinnovabili. Il 16 aprile 2025, l’intera domanda di elettricità spagnola è stata soddisfatta esclusivamente da fonti rinnovabili. E il 28 aprile, pochi minuti prima del blackout, eolico e solare coprivano circa l’80% del fabbisogno.
A differenza delle fonti fossili, le rinnovabili sono intermittenti, nel senso che la produzione è instabile perché dipende dalle condizioni meteorologiche. Questo fa sì che quei Paesi che si affidano molto a solare ed eolico siano più esposti a fluttuazioni repentine. «Incolpare le rinnovabili non restituisce la complessità della questione. Con un importante afflusso di energia intermittente la resilienza delle reti è fondamentale», spiega Chiara di Mambro del think tank Ecco. «Probabilmente – aggiunge – questi livelli di resilienza sono in divenire e non coprono il sistema in modo uniforme. Spagna e Portogallo da tempo producono energia da rinnovabili in percentuali molto rilevanti».
Tanti investimenti in rinnovabili, pochi sulle infrastrutture di rete
Una delle soluzioni principali per ovviare all’instabilità delle rinnovabili è l’ammodernamento delle infrastrutture di rete. Ed è proprio qui, secondo gli esperti, che va ricercato il vero punto debole della transizione energetica europea (e non solo). Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, gli investimenti in rinnovabili sono praticamente raddoppiati, mentre gli investimenti nelle reti sono rimasti tutto sommato piatti. Per quanto riguarda i Paesi Ue, la Commissione europea ha stimato che in questo decennio saranno necessari circa 584 miliardi di euro per ammodernare le infrastrutture di rete. Gli obiettivi sono essenzialmente due: reggere il peso della crescente domanda di energia elettrica (non solo per lo sviluppo dell’IA, ma anche per l’elettrificazione di trasporti e consumi) e rendere il sistema più flessibile, proprio per gestire il crescente peso delle rinnovabili – più instabili delle fonti fossili – nei mix energetici dei Paesi Ue.
L’allarme di Enel sul rischio blackout in Italia
A lanciare l’allarme, qualche mese fa, era stata proprio Enel, che in Italia gestisce oltre un milione di chilometri di linee in media e bassa tensione ed è l’operatore principale della distribuzione, con l’85% delle reti in concessione. In un’intervista al Corriere della Sera, Gianni Vittorio Armani, direttore Reti del gruppo Enel, aveva lanciato un appello per chiedere di aumentare gli investimenti di ammodernamento delle reti: «Dobbiamo avere chiaro tutti che, se non agiamo velocemente, andremo certamente incontro a problemi rilevanti. Quando ci saranno fenomeni meteorologici estremi, che ormai accadono sempre più frequentemente in ogni stagione, si potrebbero verificare blackout di grande estensione e di lunga durata. L’Enel sente l’esigenza di lanciare questo allarme: è necessario intervenire con urgenza».
Enel afferma di aver dedicato 12 miliardi in tre anni allo sviluppo della rete elettrica in Italia. Ma la vera sfida, oltre all’ammodernamento, è rendere le infrastrutture più in linea con la rivoluzione energetica portata dalle rinnovabili. «Oggi i distributori elettrici non gestiscono più una rete unidirezionale (con l’energia che va dalla centrale di produzione alle case), ma una rete bi-direzionale, che deve integrare la sempre più diffusa produzione delle rinnovabili. Queste, come i pannelli fotovoltaici, consentono a chiunque di produrre energia e immetterla in rete. Sono come centinaia di migliaia di piccoli impianti che producono quando c’è il sole. È una rivoluzione positiva perché fa bene all’ambiente, ma la rete non è stata concepita per questo e va digitalizzata e potenziata per accogliere e gestire questi nuovi flussi di energia», spiegava ancora Armani nell’intervista al Corriere.
Le differenze tra la rete spagnola e quella italiana
Dopo il blackout del 2003, l’Italia si è dotata di sistemi di gestione del rischio, come lo stoccaggio centralizzato dell’energia e la regolazione delle rinnovabili. Terna, la società italiana operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, progetta inoltre di investire 23 miliardi di euro sulla rete nei prossimi dieci anni. Le possibilità che si verifichi un blackout sono impossibili da azzerare, ma gli investimenti per ammodernare le infrastrutture di rete contribuiscono senz’altro a ridurre il rischio. Un’altra possibile soluzione è la maggiore integrazione delle reti elettriche europee. Spagna e Portogallo hanno un sistema molto integrato tra loro, ma sono anche isolati dal resto d’Europa.
Gli unici collegamenti sono con alcune zone al confine con la Francia, che infatti sono state coinvolte dal blackout del 28 aprile e hanno reagito alla situazione disconnettendosi dalla rete spagnola non appena è diventata instabile. «Avere un sistema interconnesso è un vantaggio per tutti», ha affermato un alto funzionario dell’Ue a Politico. Questo perché le connessioni aiutano a mantenere la rete in equilibrio e a prevenire i blackout. Riducendo il rischio che altri Paesi europei debbano vivere le stessa situazione che si è verificata nei giorni scorsi in Spagna e Portogallo.
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