Ho conosciuto uno scienziato-artista! Si chiama Antonio Siccardi e la sua creatività è come il mare
Pochi giorni fa è successa una cosa straordinaria che attendevo da tempo: ho conosciuto uno scienziato-artista. E ho conosciuto Antonio Siccardi grazie al mio amico scugnizzo Marietto. “Riccà, domani andiamo a mangiare al Casello e ti presento un artista e uno scienziato, non è mica uno strunz!”. Vado a fare una piccola ricerca su Google […] L'articolo Ho conosciuto uno scienziato-artista! Si chiama Antonio Siccardi e la sua creatività è come il mare proviene da Il Fatto Quotidiano.

Pochi giorni fa è successa una cosa straordinaria che attendevo da tempo: ho conosciuto uno scienziato-artista. E ho conosciuto Antonio Siccardi grazie al mio amico scugnizzo Marietto. “Riccà, domani andiamo a mangiare al Casello e ti presento un artista e uno scienziato, non è mica uno strunz!”. Vado a fare una piccola ricerca su Google e scopro che Antonio Siccardi è stato allievo di Luigi Luca Cavalli-Sforza, praticamente l’inventore della genetica delle popolazioni. Scopro che è un genetista, virologo e immunologo di valore internazionale, scopro che è anche un artista che si ispira all’opera di Mimmo Rotella, un visionario del décollage, l’opera d’arte che nasce dallo strappo dei manifesti, alla ricerca dei fossili urbani, delle stratificazioni di senso che si celano sotto le immagini e le cose, ed è lo stesso procedimento conoscitivo e artistico di cui si avvale Antonio Siccardi, in questa ricerca di una verità che ci sfugge sempre ma che l’uomo d’arte e di scienza insegue sempre attraverso lo sguardo che gioca e che giocando impara. La creatività è alla base sia di un esperimento scientifico che di un quadro, non c’è una differenza sostanziale.
Bene, il giorno dopo mi sono presentato con la mia fedele videocamera e mi sono trovato davanti un uomo di 80 anni che ha lo spirito di un fanciullo, si sposta su una bicicletta dorata, sul capo porta una papalina di lana colorata, anticonvenzionale ed elegante nei modi, due occhi azzurro-mare, vivi e curiosi, un pizzetto bianco, una voce aristocratica che è abituata a vestirsi di verità e ironia, un uomo bello, alto e forte che emana un’aura di limpidezza intellettuale e di umanità aperta alla conoscenza e al confronto. Siamo andati nel suo studio-caverna-laboratorio, antro di artigianalità e invenzione, dove Siccardi costruisce per diletto meridiane, sempre alla ricerca del suo sole interiore, e dove concepisce le sue opere, i suoi quadri non finiti (finiscono solo quando vengono comprati e non può più fare aggiunte), perché Antonio Siccardi è un artista felicemente inquieto, la sua creatività è come il mare, sempre in movimento, del mare ha la profondità abissale ma anche la luminosità della superficie; ultimamente ha la passione dei quadri ondulati, una tecnica che permette una doppia visione tra creste e valli, perché nelle sue opere Siccardi dona allo spettatore la cosa più preziosa: la libertà di ricrearsi un quadro a propria immagine e somiglianza. Ondulati come le onde del mare, suo grande e imprescindibile amore.
In ogni suo quadro c’è il gioco della razionalità che indaga e interpreta ma anche l’istinto, il puro istinto delle mani che cercano e strappano strati e strati di manifesti per ricreare significazioni e vertiginosi approdi a un senso nuovo della visione, è una vera e propria “archeologia dello sguardo”. Di vitale importanza è la complicità di Giovanna, sua moglie, anche lei scienziata e ricercatrice, amorevole musa dei suoi strappi conoscitivi. Spesso è Giovanna che andando in bicicletta lascia vagare il suo sguardo sui muri della città, alla ricerca di materiale da portare “in sacrificio” al suo adorato compagno di vita e d’avventura. Se c’è “vandalismo” nello staccare un manifesto, si tratta del vandalismo più lieve e incantevole che ci sia, in realtà è un atto d’amore che crea uno scarto tra lo sguardo di noi cittadini, prigionieri dei feroci automatismi del quotidiano, resi ciechi dall’abitudine, e lo sguardo demiurgico dell’artista Siccardi che ci ripropone un nuovo modo di vedere tramite lo strappo, la lacerazione, il gioco inquieto della scoperta stratificata, per farci “riappropriare delle nostre pupille”, con le sue ricomposizioni, con i suoi scavi di carta, con le fusioni
di immagini che si incastrano creando fresche geometrie di senso, con gli ingrandimenti di volti che affiorano su lastre di ruggine in cui il volto umano ritrova la sua origine.
La genetica (e Siccardi è un genetista) è intimamente una scienza pop, le ripetizioni, le sequenze dei nucleotidi ripetute una di seguito all’altra fanno del nostro dna un campo da gioco siccardiano, rotelliano e warholiano. La scienza si fonde con l’arte e l’arte si fonde con la scienza. L’opera di Siccardi fluisce, scorre tra il patrimonio genetico e l’avventura dello sguardo che squarcia per gioco le sequenze, e tutto questo fa di lui un avventuriero dello sguardo umano, un mite pirata che naviga nell’arcipelago misterioso della creatività, tra Frank Sinatra e le maschere africane, tra gli ordini dati ad Alexa e la colla dei manifesti da lavare via, tra meridiane e costellazioni dipinte o reali, perdutamente innamorato di Orione e di Giovanna, la sua complice, la sua musa, il suo tesoro nascosto. Perché di questo si tratta: una mappa, un tesoro e la libertà. Sic tempus ludit. Sic, come Siccardi.
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