Google-Fisco, secondo atto accordo da 326 milioni per chiudere il contenzioso

Un solo versamento, «in un’unica soluzione»: 326 milioni di euro. Così Google chiude (di nuovo) i conti con il Fisco e con la procura di Milano, che chiede l’archiviazione dell’inchiesta sulle imposte non pagate in Italia tra il 2015 e il 2020. È l’ultimo capitolo di un filone di indagini che ha preso di mira […] L'articolo Google-Fisco, secondo atto accordo da 326 milioni per chiudere il contenzioso proviene da Iusletter.

Feb 20, 2025 - 11:17
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Google-Fisco, secondo atto accordo da 326 milioni per chiudere il contenzioso

Un solo versamento, «in un’unica soluzione»: 326 milioni di euro. Così Google chiude (di nuovo) i conti con il Fisco e con la procura di Milano, che chiede l’archiviazione dell’inchiesta sulle imposte non pagate in Italia tra il 2015 e il 2020. È l’ultimo capitolo di un filone di indagini che ha preso di mira i giganti del web e non solo (da Netflix a Airbnb), e che ha permesso ai magistrati di recuperare due miliardi solo negli ultimi tre anni.

L’indagine dei pm Giovanna Cavalleri, Giovanni Polizzi e Cristiana Roveda, che hanno coordinato gli accertamenti del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, si sono concentrate in una direzione: Google ha omesso «la dichiarazione e il versamento delle imposte sui redditi prodotti in Italia», ottenuti attraverso una «stabile organizzazione occulta di tipo materiale, costituita dai server e dall’infrastruttura tecnologica essenziale per il funzionamento della piattaforma». Ancora: la società californiana non ha presentato le dichiarazioni di sostituto d’imposta «relativamente alle ritenute che Google avrebbe dovuto applicare sulle royalties corrisposte alle società estere appartenenti al medesimo Gruppo, in ragione dell’utilizzo e sfruttamento, da parte della stabile organizzazione (in Italia,ndr )di tutti i programmi, algoritmi, marchi e proprietà intellettuali costituenti, nel loro complesso, la tecnologia Google».

Le indagini hanno ricostruito l’attività economica della società, a partire dai ricavi ottenuti «tramite la vendita di spazi pubblicitari, con conseguente contestazione dell’omessadichiarazione» delle tasse.

Da qui l’accordo con il Fisco. Nella richiesta di archiviazione si dà atto da un lato del parere dell’Agenzia delle entrate, che evidenzia come il gigante del web abbia illustrato e documentato «trasparentemente» la sua organizzazione in Italia. Dall’altro, si affrontano alcuni «elementi di incertezza interpretativa », che portano la procura guidata da Marcello Viola a una conclusione: non si tratta di evasione fiscale, ma di elusione. Non di violazione di una norma tributaria, ma comunque di vantaggi fiscali non dovuti. Così è stato chiesto – ed è stato pagato – il conto per chiudere la contesa. La stessa web company aveva già risarcito il Fisco italiano nel 2017 con 306 milioni, chiudendo così le pendenze tributarie e sanando le situazioni dei quindici anni precedenti.

Sulla scia del cosiddetto «Modello Milano», un patto tra Procura, Finanza e Agenzia delle entrate, sono diverse le stangate inflitte alle multinazionali negli ultimi anni. Fece scuola il caso Netflix, che versò 55 milioni al Fisco. Più di recente, anche per Airbnb è stata chiesta un’archiviazione dopo il pagamento di 576 milioni. Un’inchiesta è stata chiusa su Meta (Facebook): in questo caso il braccio di ferro è ancora in corso e gli inquirenti ipotizzano mancate entrate nelle casse dello Stato per 877 milioni. Dal digitale alla logistica, i pm contestano una mega evasione nei confronti di Amazon. Indagini sono in corso su Lagfin Italian Branch, la filiale italiana della holding lussemburghese del gruppo Campari. «Né Davide Campari-Milano N.V. né alcuna delle sue controllate sono sotto indagine da parte delle autorità», fa sapere CampariGroup.

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