Glovo perde il ricorso sulla maxi multa da 65 milioni. Il giudice: “Sono dipendenti, pagare i contributi”
Un’altra sentenza accerta che i rider del cibo a domicilio sono lavoratori dipendenti delle piattaforme e quindi hanno diritto alle tutele dei subordinati. Lo ha stabilito il tribunale di Milano decidendo su una causa intentata da Glovo: l’azienda dell’app chiedeva di annullare la maxi-multa da oltre 65 milioni di euro arrivata nel 2021, frutto di […] L'articolo Glovo perde il ricorso sulla maxi multa da 65 milioni. Il giudice: “Sono dipendenti, pagare i contributi” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Un’altra sentenza accerta che i rider del cibo a domicilio sono lavoratori dipendenti delle piattaforme e quindi hanno diritto alle tutele dei subordinati. Lo ha stabilito il tribunale di Milano decidendo su una causa intentata da Glovo: l’azienda dell’app chiedeva di annullare la maxi-multa da oltre 65 milioni di euro arrivata nel 2021, frutto di una serie di verbali inviati da Inps e Ispettorato del lavoro; gli enti contestavano il mancato pagamento dei contributi. Questa volta c’è una piccola consolazione per Glovo: il giudice Giorgio Mariani ha comunque ordinato di ricalcolare l’entità della sanzione, in quanto parametrata su criteri ritenuti troppo severi. Tuttavia ha comunque confermato la sostanza, cioè che i fattorini sono dipendenti e quindi hanno diritto all’applicazione di un contratto collettivo e a vedersi riconosciuti i relativi contributi previdenziali.
Anche questo provvedimento ricostruisce il funzionamento del lavoro di rider, per arrivare alla conclusione per cui esiste un vincolo di dipendenza dalle piattaforme. Come di consueto, la difesa di Glovo è consistita nello specificare che ogni fattorino ha il diritto di prenotare i turni che vuole e di rifiutare le corse proposte. Su questo, però, il tribunale ricorda che il rider non ha alcun potere negoziale, perché lo schema di contratto è redatto integralmente dall’azienda. Inoltre, il diritto di rifiutare (e quindi non guadagnare) è l’unico elemento di autonomia, fa notare il magistrato: “Il rider – si legge nella sentenza – perde però tale autonomia nella fase esecutiva, quando decide di iniziare il lavoro accedendo alla piattaforma (l’app di Glovo), visto che l’uso dell’app è regolato dal contratto-quadro in cui sono descritte le condizioni applicabili ad ogni singola consegna”.
Di conseguenza, il tribunale ha dichiarato “corretta la riconduzione delle 30 fattispecie concrete a quella ex articolo 2 del decreto legislativo 81 del 2015”: si tratta quindi di una collaborazione “etero-diretta” per cui la legge prevede l’applicazione delle norme sul lavoro dipendente, a partire dal contratto collettivo. Il giudice ha però ordinato di ricalcolare la cifra: secondo il tribunale, infatti, non è giusto garantire contributi come se si trattasse di un rapporto a tempo pieno anche a chi svolge poche ore di lavoro a settimana. “Da questo punto di vista – prosegue il provvedimento – i calcoli resi nei verbali opposti devono essere certamente rivisti”.
“Quando ero presidente Inps – ha spiegato Pasquale Tridico, economista e capo delegazione Movimento Cinque Stelle al Parlamento Ue – abbiamo fatto verifiche a tappeto sulle condizioni di lavoro dei rider e abbiamo appurato che in molti casi erano lavoratori subordinati mascherati da partita Iva”. “Come Inps – ha aggiunto – avevamo comminato ben 52 milioni di multe a quattro società, che sarebbero servite a pagare i contributi non versati per questi lavoratori. Le aziende hanno fatto ricorso ma hanno perso: il giudice ha riconosciuto che avevamo ragione. Questo è un caso straordinario, reso possibile grazie al decreto Dignità, che dimostra che con i fatti si possono tutelare davvero i lavoratori e migliorare le loro condizioni”.
L'articolo Glovo perde il ricorso sulla maxi multa da 65 milioni. Il giudice: “Sono dipendenti, pagare i contributi” proviene da Il Fatto Quotidiano.