“Giochi rischiosi: bambini e adolescenti hanno bisogno di queste situazioni per crescere, basta genitori iperprotettivi”. Lo studio su Nature e il parere dell’esperta

Alethea Jerebine è una ricercatrice di salute pubblica alla Deakin University di Melbourne e sta osservando le sue figlie di 10 e 13 anni arrampicarsi su un ammasso di rocce. “Possono farlo?” – si chiede preoccupata. Le rocce presentano infatti molte fessure e sono così ripide che Jerebine, osservandole, avverte delle vertigini. D’istinto, vuole dire […] L'articolo “Giochi rischiosi: bambini e adolescenti hanno bisogno di queste situazioni per crescere, basta genitori iperprotettivi”. Lo studio su Nature e il parere dell’esperta proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 28, 2025 - 16:34
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“Giochi rischiosi: bambini e adolescenti hanno bisogno di queste situazioni per crescere, basta genitori iperprotettivi”. Lo studio su Nature e il parere dell’esperta

Alethea Jerebine è una ricercatrice di salute pubblica alla Deakin University di Melbourne e sta osservando le sue figlie di 10 e 13 anni arrampicarsi su un ammasso di rocce. “Possono farlo?” – si chiede preoccupata. Le rocce presentano infatti molte fessure e sono così ripide che Jerebine, osservandole, avverte delle vertigini. D’istinto, vuole dire loro di smetterla. Allo stesso tempo, si rende conto che le sue ansie sono in contraddizione con l’oggetto della sua ricerca. Di cosa si occupa la studiosa australiana? Come riporta un articolo di Nature: “Studia i benefici ad ampio raggio del gioco rischioso”. Quello che in pratica stanno facendo i suoi figli. Tuttavia, anche la ricercatrice, seppur esperta, non è immune al riflesso di proteggere i propri figli da ogni possibile incidente, come molti genitori tendono a fare. Negli ultimi due decenni, afferma Nature nell’articolo, sono emerse ricerche che dimostrano che le opportunità di un gioco rischioso sono cruciali per uno sviluppo fisico, mentale ed emotivo sano. Di fatto, i bambini hanno bisogno di queste occasioni per sviluppare consapevolezza spaziale, coordinazione e sicurezza.

La ricerca sul gioco rischioso
Le origini della ricerca sul gioco rischioso risalgono al 1996, quando la Norvegia ha approvato una norma sulla sicurezza nei parchi giochi che richiedeva l’aggiunta di elementi come corrimano, angoli arrotondati e attrezzature che riducessero al minimo il rischio di lesioni da cadute all’interno delle aree di gioco. Qualche anno dopo, la psicologa Ellen Sandseter ha notato che le attrezzature dei parchi giochi venivano rimosse a seguito della legge e sostituite con elementi che offrivano poche possibilità di assunzione di rischi. Una soluzione che ha considerato preoccupante, perché la sua ricerca aveva dimostrato che gli adolescenti che avevano meno opportunità di sperimentare emozioni forti positive, come l’arrampicata in montagna, erano più propensi a correre rischi negativi, come – addirittura – il furto nei negozi. Studiare in ricerche ad hoc gli effetti dei giochi rischiosi pone però interrogativi di tipo metodologico e anche etico. Perché non è semplice gestire una situazione comunque non tranquilla e prevedere anche qualche piccolo incidente. Inoltre, la presenza degli osservatori deve essere neutra e non interferire sulle attività ludiche dei bambini per evitare di avere risultati non oggettivi. In ogni caso, l’insieme di studi di Sandseter e altri su questo tema ha individuato alcuni elementi ricorrenti e positivi: un gioco pericoloso è associato a una maggiore resilienza, autostima, risoluzione dei problemi e abilità sociali come cooperazione, negoziazione ed empatia.

Differenza tra rischio e pericolo
C’è ancora da chiarire quale sia la differenza tra una situazione di rischio e quella di pericolo. “Un pericolo è qualcosa di insidioso non facile da fronteggiare, sia per l’età sia per altri motivi – ci risponde Anna Oliverio Ferraris, professoressa di Psicologia dell’età evolutiva all’Università La Sapienza di Roma -. È pericoloso, per esempio, per un bambino piccolo attraversare da solo una strada di grande traffico. Il rischio, invece, è fronteggiabile e cambia in base alle abilità che il bambino va man mano maturando. Ci sono attività ludiche – dall’altalena all’arrampicata, dal saltare al sospendersi a testa in giù, dal pedalare al tuffarsi in piscina – che generano uno stato di eccitazione e al tempo stesso consentono di imparare a gestire l’incertezza. Per un piccolo di un anno che non ha mai camminato, fare un passo può essere un rischio eccitante, ma non un pericolo”.

Come orientarsi
Rimane il dilemma per molti genitori di come si possa lasciare un bambino sperimentare un gioco rischioso, come in un giardino o parco giochi, evitando di trasmettergli ansia e, nello stesso tempo, prevenendo possibili incidenti.
“In questi casi, invece di metterlo ansiosamente in guardia da ogni pericolo, meglio tenerlo d’occhio. Dalle espressioni del viso, dai movimenti e dalle posture che assume si capisce facilmente se si trova a suo agio o se è in difficoltà. Invece di intervenire al posto suo, meglio dargli il tempo di cimentarsi con le novità, consentirgli di mettere alla prova le proprie capacità e di correggersi”.

Per contro, viviamo in un’epoca in cui la possibilità di “rischiare” è ridotta nei più piccoli a zero possibilità?
“In effetti i videogiochi e la carenza di spazi verdi hanno ridotto i tempi dei giochi spontanei e di gruppo all’aperto, utilissimi per socializzare, affrontare gli imprevisti, vincere la paura, acquisire abilità, sicurezza, fiducia in se stessi, imparare ad aiutare gli altri. Capita invece di vedere bambini di tre-quattro anni ancora in carrozzina, quando sarebbero felici di camminare e correre”.

Troppo protettivi
C’è anche una questione culturale. In Italia forse i genitori sono troppo protettivi?
“Molti genitori sono iperprotettivi, anche perché concentrati spesso su un unico figlio; ma l’iperprotezione non consente ai bambini di imparare a gestire il rischio, il che ha come conseguenza di renderli ansiosi e insicuri in tante situazioni che invece potrebbero facilmente fronteggiare”.

A scuola si potrebbe facilitare la possibilità di sperimentare un “rischio positivo” e come?
“Paradosso dei paradossi, molte scuole hanno abolito la ricreazione all’aperto per paura degli incidenti. Si tratta invece di capire quanto sia importante, per la salute fisica e mentale dei bambini e dei ragazzi, poter svolgere attività fisiche che, mettendoli alla prova, consentano anche di conoscere i propri limiti: un apprendimento fondamentale per evitare che poi, impreparati, vadano a cercare eccitazione in situazioni realmente pericolose”.

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