Femminicidi, se contare è un esercizio politico

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Apr 12, 2025 - 06:07
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Femminicidi, se contare è un esercizio politico
Contare è un esercizio politico e, nel caso dei femminicidi, serve ad avere concreta percezione del fenomeno per individuarne le radici culturali: ma In Italia, una banca dati istituzionale, pubblica e completa sui femminicidi, non esiste

Entrambe erano studentesse universitarie e avevano 22 anni. Entrambe sono state uccise a coltellate. Ilaria Sula e Sara Campanella sono tragicamente solo le ultime due vittime di femminicidio: vanno ad aggiungersi alla già troppo lunga lista delle donne uccise nel 2025. Dall’inizio dell’anno sono 19 le donne uccise. Se ne conta una ogni cinque giorni. Secondo i dati pubblicati sul sito del Viminale nel report del Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale, dal 1 gennaio al 31 marzo sono 17 le donne uccise, 14 sono state uccise in ambito familiare o affettivo, dieci dal partner o dall’ex partner. 

Nonostante questi gravi numeri, in Italia non esiste una banca dati istituzionale sui femminicidi. I dati considerati ufficiali sono contenuti nei report dell’Istat e in quelli del ministero dell’Interno. Tuttavia, sono aggiornati con tempistiche diverse e non seguono gli stessi criteri.

Femminicidi, come si contano?

Ogni anno, in occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, l’Istat pubblica il proprio report con i dati sui femminicidi. Non basta: si tratta di un report annuale che non riesce a monitorare in tempo reale la quotidianità.

Il ministero dell’Interno rende pubblici i dati sugli omicidi volontari, classificati in base al sesso delle vittime e alla relazione con il presunto colpevole: il ministero dell’Interno non usa la parola femminicidio

Ma, in mancanza di dati più precisi, questi risultano comunque utili. Fino al dicembre del 2024 l’aggiornamento di questi dati era settimanale, ma a gennaio è diventato mensile. Da gennaio del 2025 che i dati non vengono aggiornati e d’ora in poi, come ha annunciato il Ministero degli Interni i report diventeranno trimestrali.

La mancanza di dati sul femminicidio invisibilizza il fenomeno

Non avere dati sul femminicidio ne ridimensiona la portata e invisibilizza le vittime. Come sottolinea la giornalista esperta di dati Donata Columbro, autrice della newsletter “Ti spiego il dato”il report del Ministero dell’Interno è fermo a gennaio 2025: «Fino a dicembre 2024 l’aggiornamento della pagina sugli omicidi volontari era settimanale, è diventato mensile senza alcun preavviso, ma a febbraio e marzo i nuovi report non sono stati pubblicati».

Questo che cosa significa in concreto? «Che se a scomparire è una donna senza fissa dimora o un* sex worker non troviamo notizie, se è una donna trans non si parla di femminicidio». Esiste un enorme sommerso.

Continua Columbro: «Gli unici dati ufficiali che abbiamo sono quelli che riguardano gli omicidi di genere nella pagina del ministero dell’Interno (non aggiornata), e i dati Istat pubblicati ogni novembre. In questi ultimi però si usa la parola femminicidio usando gli indicatori dello Statistical Framework dell’Onu ma la classificazione dipende anche da quello che succede durante le indagini e dalla tipologia di vittima. Per esempio, sui giornali una prostituta uccisa raramente viene collegata al termine femminicidio, perché il modo ‘classico’ di valutarlo è quello di vedere se c’è una relazione intima tra vittima e autore del reato. La definizione di femminicidio però è politica, quindi i movimenti femministi comprendono tipi di violenza misogina e patriarcale che vanno al di là della violenza intima e domestica»

Sul fronte dati la situazione non accenna a migliorare. Anzi. Lo scorso 3 aprile il Ministero degli Interni ha affermato che «al fine di garantire un monitoraggio costante e puntuale, l’analisi dell’andamento dei reati riconducibili alla violenza di genere verrà pubblicata con cadenza trimestrale»Addio ai report settimanali. A partire da quest’anno il Viminale ha deciso di cambiare, «per ragioni organizzative e di consolidamento dei dati», la periodicità della pubblicazione del monitoraggio degli omicidi volontari e dei reati riconducibili alla violenza di genere: non più ogni sette giorni, ma ogni tre mesi.

L’osservatorio Non una di meno

Se i dati istituzionali sono lacunosi, le associazioni e i movimenti femministi si organizzano: oggi uno strumento efficace per monitorare la situazione in Italia è il database dell’Osservatorio di Non Una Di Meno. Si tratta di dati raccolti dal basso: «Pubblichiamo i dati raccolti non solo per mostrarli e renderli noti, ma soprattutto per denunciare la violenza sistemica esercitata sulla vita delle donne e di tutte le libere soggettività che si sottraggono alle norme di genere imposte» scrive Non una di meno. I dati vengono aggiornati l’8 di ogni mese.

Ad oggi, l’Osservatorio ha registrato 16 femminicidi, 2 suicidi di donne, 1 suicidio di un ragazzo trans, 1 suicidio di una persona non binaria, 4 casi in fase di accertamento.  Inoltre, ci sono almeno altri 16 tentati femminicidi riportati nelle cronache online di media nazionali e locali

Avere dati completi e accessibili serve a capire che cosa caratterizza questo specifico tipo di violenza: per questo motivo l’Osservatorio prende in considerazione anche i tentati femminicidi, il numero di figli o bambini presenti durante il delitto o che vengono lasciati orfani dall’uccisione della madre, le uccisioni delle sex worker, delle persone con disabilità e racconta tutte quelle storie che rimangono fuori dai circuiti di informazione tradizionali.

Femminicidi, quanti sono a livello europeo?

In Italia la mancanza di dati rende difficile quantificare il fenomeno. A livello europeo, Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, pubblica i dati sulle donne vittime di omicidio, con la possibilità di sapere se l’autore dell’omicidio è un partner o un ex partner, oppure un familiare. I dati su queste due casistiche, che non esauriscono l’insieme dei femminicidi, sono però disponibili solo per 20 Paesi e non per tutti sono aggiornati.

Nel 2021, ad esempio, le donne uccise in Italia da un partner o da un parente erano state 0,35 ogni 100 mila abitanti donne, il sesto valore più basso sui 15 disponibili, più alto di quelli di Grecia, Paesi Bassi, Spagna, Repubblica Ceca e Slovacchia. 

La media europea era pari a 0,39 donne uccise da un partner o da un parente ogni centomila abitanti. Nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili i dati di tutti e 20 i Paesi censiti, l’Italia aveva registrato 0,26 omicidi di donne ogni centomila, commessi da un partner o un parente. 

Avevano numeri più bassi dell’Italia solo Spagna, Svezia, Grecia, Slovacchia e Cipro. La media europea era pari, anche in quell’anno, a 0,39.

«L’Italia è fra i Paesi europei in cui il numero di femminicidi è meno alto» aveva detto, all’indomani del dibattito sul femminicidio di Giulia Cecchettin, la ministra alle pari opportunità Eugenia Roccella: come riporta qui Pagella Politica, se si fanno dichiarazioni usando numeri, bisogna avere bene a mente che cosa si sta conteggiando per evitare di fare affermazioni scorrette o fuorvianti. «Contare è un esercizio politico» diceva Michela Murgia. Nel caso dei femminicidi, lo è ancora di più.

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