Evocare oggi un esercito europeo è come dire che non bisogna fare nulla | L’analisi di Luigi Caramiello
“Questa storia del riarmo collettivo, unitario, ovvero dell’esercito europeo è una chiara trasfigurazione retorica del concetto ‘non si deve fare nulla’”. Lo scrive Luigi Caramiello sul Riformista, sottolineando che “dato che l’esercito europeo, evidentemente, è un progetto a lungo termine, che dovrebbe coniugarsi con altri allineamenti non da poco, sul piano politico, istituzionale, economico, dire […] L'articolo Evocare oggi un esercito europeo è come dire che non bisogna fare nulla | L’analisi di Luigi Caramiello proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

“Questa storia del riarmo collettivo, unitario, ovvero dell’esercito europeo è una chiara trasfigurazione retorica del concetto ‘non si deve fare nulla’”.
Lo scrive Luigi Caramiello sul Riformista, sottolineando che “dato che l’esercito europeo, evidentemente, è un progetto a lungo termine, che dovrebbe coniugarsi con altri allineamenti non da poco, sul piano politico, istituzionale, economico, dire bisogna fare l’esercito europeo di fronte alle urgenze presenti è lo stesso che dire non bisogna fare nulla, anzi è proprio il modo per non fare nulla, di buttare la palla in tribuna, dicendo però che si è tanto ben intenzionati a fare la difesa europea, che deve essere fatta ‘come si deve’. Aggiungendo che, certo, così la pensavano anche i padri fondatori.
Un armamentario retorico che serve solo ad aggirare una questione semplice: tutti i partiti, in varie nazioni, sanno quanto sia impopolare chiamare la gente alle armi, insomma fare la guerra, anche quando è indispensabile.
È chiaro che è molto più agevole – spiega Caramiello – dichiarare che non si vorrebbe farla, ma si è costretti a farla, perché ci sono degli obblighi europei ai quali non ci si può sottrarre.
Per questo il meccanismo all’opera nella testa di tanti settori politici, anche avveduti, è semplicemente questo: scaricare l’eventuale decisione di mobilitare le forze armate sull’Europa, per sfuggire alle proprie responsabilità.
Riguardo alla questione ‘tecnica’, al di là di tutte le quisquilie sul risparmio che si otterrebbe da una difesa comune, la verità è che la difesa comune si realizza in modo semplice, veloce ed efficace, rafforzando tutti gli eserciti nazionali e mettendoli sotto un sistema di coordinamento apicale e una catena di comando comune.
Insomma, se c’è da fare presto e bene, lo schema è questo. Dichiararsi pronti, ma solo nell’ambito della difesa comune europea, se non addirittura sotto l’ombrello dell’ONU, significa quindi non essere disposti a fare nulla. E questo è gravissimo perché trasmette ai nostri potenziali nemici, un segnale di debolezza, di scarsa determinazione e di inesistente coesione. Nel nostro Paese dovrebbero capirlo tutti e in fretta, a destra e a sinistra, adottando sull’argomento un atteggiamento in chiave di ‘unità nazionale’ (la Russia è un po’ più pericolosa delle Brigate Rosse…) piuttosto che traccheggiare sul tema al fine di lucrare un punto in più o in meno nei sondaggi”.
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