Europa ai margini: mentre Usa e Russia negoziano sull’Ucraina, noi paghiamo il conto
di Federico Cappuccio Ricordate quando si diceva che la Russia fosse sull’orlo del collasso, che l’Ucraina stesse vincendo e che Putin fosse ormai spalle al muro? Tempi andati. Oggi la narrazione si è ribaltata e i protagonisti della nuova puntata della geopolitica mondiale non sono né Zelensky né, tantomeno, l’Unione Europea, ma l’improbabile, eppure efficacissimo, […] L'articolo Europa ai margini: mentre Usa e Russia negoziano sull’Ucraina, noi paghiamo il conto proviene da Il Fatto Quotidiano.

di Federico Cappuccio
Ricordate quando si diceva che la Russia fosse sull’orlo del collasso, che l’Ucraina stesse vincendo e che Putin fosse ormai spalle al muro? Tempi andati. Oggi la narrazione si è ribaltata e i protagonisti della nuova puntata della geopolitica mondiale non sono né Zelensky né, tantomeno, l’Unione Europea, ma l’improbabile, eppure efficacissimo, duo Donald Trump e Vladimir Putin. Sì, avete capito bene. Il tycoon americano e lo zar russo dialogano, discutono, tessono trame per un possibile negoziato in Arabia Saudita, mentre l’Europa resta in silenzio, relegata al ruolo di spettatore non pagante.
La notizia del recente contatto telefonico tra Trump e Putin ha scosso il panorama internazionale, rivelando una verità scomoda: la totale irrilevanza dell’Unione Europea in questa partita.
Per anni, Bruxelles ha adottato una linea rigida e intransigente, allineandosi come un automa alle posizioni statunitensi e alimentando l’illusione di una vittoria ucraina. La realtà, però, racconta tutt’altra storia. Zelensky si trova sempre più isolato, costretto a prendere in considerazione compromessi che fino a poco tempo fa erano impensabili. E mentre l’Ue continua a vagare senza una strategia chiara, la scena è occupata da attori più determinati e spregiudicati.
Da un lato, Trump, che con una “telefonata” ha dimostrato di essere più pacifista tutti i leader europei messi insieme. Dall’altro, Putin, che gioca la sua partita con la pazienza di un grande scacchista, aspettando che l’Europa perda fiato prima di sedersi al tavolo delle trattative alle condizioni migliori per la Russia.
E l’Europa? L’Europa c’è solo per firmare assegni miliardari all’Ucraina, distribuire fondi e armi senza una strategia di lungo termine e, nel frattempo, applaudire sé stessa per la fermezza dimostrata. Mentre Bruxelles approvava pacchetti di aiuti e sosteneva economicamente Kiev con cifre astronomiche (oltre 800 miliardi di euro, una somma persino superiore al Next Generation EU) l’opinione pubblica veniva rassicurata sull’imminente crollo della Russia. La retorica dominante raccontava che le sanzioni avrebbero messo in ginocchio Mosca e che, priva delle risorse necessarie, il Cremlino si sarebbe arreso sotto il peso della sua stessa guerra.
Oggi, il paradosso è evidente. Non solo Mosca è ancora saldamente in piedi, ma persino la Cina cerca di inserirsi nei negoziati di pace. Pechino, a differenza di Bruxelles, ha compreso che nel grande gioco della diplomazia non si può restare ai margini aspettando un invito. Bisogna imporsi con credibilità e determinazione, due qualità che l’Unione Europea sembra aver smarrito da tempo.
Ma forse l’aspetto più grottesco è l’ipocrisia del sistema mediatico occidentale, che per anni ha martellato l’opinione pubblica con la narrazione di una Russia in ginocchio. Lo stesso Mario Draghi, nel 2022, dichiarava che le sanzioni stavano devastando l’industria militare russa, impedendole di produrre armamenti. Il Fondo Monetario Internazionale prevedeva una contrazione del Pil russo del 10% nel 2023. Eppure, eccoci qui: Mosca è ancora lì, con una economia che non ha risentito delle sanzioni e che dialoga con la nuova amministrazione americana per ottenere i migliori vantaggi da un negoziato.
Come dimenticare poi le parole di Draghi al MIT di Boston nel 2023, quando affermava che Kiev doveva vincere “a tutti i costi”, altrimenti l’Unione Europea avrebbe perso la sua stessa essenza. Accettare una vittoria russa, o addirittura un pareggio, avrebbe mandato, secondo lui, un segnale disastroso agli autocrati di tutto il mondo. Oggi, proprio quel pareggio o una “vittoria russa” sono lo scenario più plausibile. Con Trump e Putin a dettare i termini della pace e Bruxelles che continua a scrivere regolamenti mentre rincorre le decisioni altrui.
Ci è voluto l’uomo più controverso d’America per spingere Putin a negoziare. E mentre gli altri negoziano la pace, noi europei restiamo a guardare, con la penna in mano ma sempre con il portafoglio aperto.
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