È indegno chi crocifigge le forze dell’ordine

La recente perizia sul caso di Ramy Elgaml, e i nuovi dati sulle manifestazioni violente nel 2024, lo confermano. Accusare per fini politici chi ci difende, è ipocrita. E mette a rischio le istituzioni.Nel 2024 è successo, a proposito delle forze dell’ordine, qualcosa che non vedevamo da anni e che ci deve far riflettere anche in questo 2025 dove, per ora, la situazione si presenta decisamente meno grave. Comunque quello che è successo nel 2024 deve essere un monito per il futuro, da vari punti di vista. Gli agenti feriti nel corso dei cortei di protesta svoltisi l’anno scorso sono stati 273, più del doppio del 2023. Del resto, chiunque avesse seguito la cronaca mese per mese, non si sarebbe meravigliato, a fine anno, a leggere questi numeri.Perché a ogni manifestazione, quando per il cambiamento climatico, quando pro-Pal, quando contro i poliziotti che avevano usato il manganello contro manifestanti che avevano sfondato volontariamente il cordone di sicurezza all’Università di Pisa, quando, infine, per il caso Ramy, a ognuna di queste manifestazioni, cortei, picchetti, blocco delle strade e delle autostrade accadeva che i manifestanti, o la parte più riottosa di essi e violenta, non rispettasse le regole, varcasse i confini imposti dalla sicurezza, svolgesse manifestazioni non autorizzate. Ricorderete tutti che, da un certo punto in poi, le proteste, compresi gli assalti alle caserme, sono diventati il contenuto fondamentale delle manifestazioni stesse. Quel +127 per cento di agenti delle forze dell’ordine feriti, per buona parte, sono stati colpiti perché erano l’obiettivo, non perché facessero il loro mestiere. Erano il bersaglio prescelto. Nel 2024, secondo il ministero dell’Interno, si sono svolte 12.302 manifestazioni, quasi il dieci per cento in più dell’anno precedente, con relativi episodi di violenza, come detto sopra. Ricorderete che si era sviluppato (ma a volte ancora ritorna) un dibattito sbilanciato in cui, spesso, la difesa delle forze dell’ordine ha lasciato il campo a una malcelata difesa dei protestanti e, anche se non esplicitamente, al loro diritto di manifestare senza l’uso del manganello anche quando violavano palesemente la legge commettendo reati. Si fa presto, troppo presto, soprattutto nel mondo dei social, a dimenticare la violenza di quel dibattito e la timidezza di molti, anche nelle più alte cariche istituzionali, a condannare non l’azione di questi teppisti ma la difesa della libertà di tutti noi operata dalle forze dell’ordine. Potrebbe sembrare tardivo e fuori luogo parlarne oggi e invece lo riteniamo necessario e doveroso perché, Dio non voglia che accada qualcosa di simile, ci ritroveremo nelle stesse identiche situazioni. E arriviamo al punto. Qual è l’idea, la cultura che sottostà a coloro che manifestano contro le regole dell’ordine pubblico occupando case, mettendo a ferro e fuoco quartieri, usando violenza anche contro le persone più deboli? La risposta è semplice. Queste persone ragionano così: «Quello che io ritengo giusto fare è legittimo che io lo faccia indipendentemente da tutto e da tutti, regole comprese». E sia ben chiaro che chi asseconda, ovviamente alla maniera del coniglio, cioè senza dirlo esplicitamente ma mantenendosi nel vago, le azioni di coloro che la pensano così, assecondano conseguentemente anche il pensiero che ci sta dietro. Se si trattasse di uno scontro ideale all’interno del perimetro della legalità non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma qui il caso è diverso: quel ragionamento va contro lo Stato di diritto. Infatti, esso prevede che ognuno possa conservare ed esprimere le proprie opinioni mantenendosi rispettoso dell’ambito dei diritti di ognuno e dei relativi doveri. Se no è il caos. E l’anno passato, non lo dimentichiamo, questo caos lo abbiamo sfiorato e, in alcuni momenti, ci siamo passati come al circo si passa attraverso l’anello di fuoco, purtroppo ne hanno fatto le spese le forze dell’ordine. È della settimana scorsa la notizia di una perizia corposa ordinata dai pm di Milano sul caso Ramy Elgaml. In sostanza, essa sostiene che l’inseguimento fu fatto seguendo le regole d’ingaggio. La morte di un giovane, comunque essa avvenga, e da qualsiasi motivo sia provocata, è una tragedia. Ma questo non avrebbe dovuto consentire, anche ad alcune forze politiche, di mettere in dubbio, quando le indagini erano ancora in corso, come lo sono, il comportamento in generale delle forze dell’ordine a partire da un eventuale non provato errore in quel caso. Chi soffia sul fuoco magari non si brucia, ma dà certamente forza e vigore ad un incendio che può fare molto male agli altri. n © riproduzione riservata

Mar 21, 2025 - 12:29
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È indegno 
chi crocifigge  le forze dell’ordine


La recente perizia sul caso di Ramy Elgaml, e i nuovi dati sulle manifestazioni violente nel 2024, lo confermano. Accusare per fini politici chi ci difende, è ipocrita. E mette a rischio le istituzioni.

Nel 2024 è successo, a proposito delle forze dell’ordine, qualcosa che non vedevamo da anni e che ci deve far riflettere anche in questo 2025 dove, per ora, la situazione si presenta decisamente meno grave. Comunque quello che è successo nel 2024 deve essere un monito per il futuro, da vari punti di vista. Gli agenti feriti nel corso dei cortei di protesta svoltisi l’anno scorso sono stati 273, più del doppio del 2023. Del resto, chiunque avesse seguito la cronaca mese per mese, non si sarebbe meravigliato, a fine anno, a leggere questi numeri.

Perché a ogni manifestazione, quando per il cambiamento climatico, quando pro-Pal, quando contro i poliziotti che avevano usato il manganello contro manifestanti che avevano sfondato volontariamente il cordone di sicurezza all’Università di Pisa, quando, infine, per il caso Ramy, a ognuna di queste manifestazioni, cortei, picchetti, blocco delle strade e delle autostrade accadeva che i manifestanti, o la parte più riottosa di essi e violenta, non rispettasse le regole, varcasse i confini imposti dalla sicurezza, svolgesse manifestazioni non autorizzate.

Ricorderete tutti che, da un certo punto in poi, le proteste, compresi gli assalti alle caserme, sono diventati il contenuto fondamentale delle manifestazioni stesse. Quel +127 per cento di agenti delle forze dell’ordine feriti, per buona parte, sono stati colpiti perché erano l’obiettivo, non perché facessero il loro mestiere. Erano il bersaglio prescelto.

Nel 2024, secondo il ministero dell’Interno, si sono svolte 12.302 manifestazioni, quasi il dieci per cento in più dell’anno precedente, con relativi episodi di violenza, come detto sopra. Ricorderete che si era sviluppato (ma a volte ancora ritorna) un dibattito sbilanciato in cui, spesso, la difesa delle forze dell’ordine ha lasciato il campo a una malcelata difesa dei protestanti e, anche se non esplicitamente, al loro diritto di manifestare senza l’uso del manganello anche quando violavano palesemente la legge commettendo reati.

Si fa presto, troppo presto, soprattutto nel mondo dei social, a dimenticare la violenza di quel dibattito e la timidezza di molti, anche nelle più alte cariche istituzionali, a condannare non l’azione di questi teppisti ma la difesa della libertà di tutti noi operata dalle forze dell’ordine.

Potrebbe sembrare tardivo e fuori luogo parlarne oggi e invece lo riteniamo necessario e doveroso perché, Dio non voglia che accada qualcosa di simile, ci ritroveremo nelle stesse identiche situazioni. E arriviamo al punto.

Qual è l’idea, la cultura che sottostà a coloro che manifestano contro le regole dell’ordine pubblico occupando case, mettendo a ferro e fuoco quartieri, usando violenza anche contro le persone più deboli? La risposta è semplice. Queste persone ragionano così: «Quello che io ritengo giusto fare è legittimo che io lo faccia indipendentemente da tutto e da tutti, regole comprese». E sia ben chiaro che chi asseconda, ovviamente alla maniera del coniglio, cioè senza dirlo esplicitamente ma mantenendosi nel vago, le azioni di coloro che la pensano così, assecondano conseguentemente anche il pensiero che ci sta dietro.

Se si trattasse di uno scontro ideale all’interno del perimetro della legalità non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma qui il caso è diverso: quel ragionamento va contro lo Stato di diritto.

Infatti, esso prevede che ognuno possa conservare ed esprimere le proprie opinioni mantenendosi rispettoso dell’ambito dei diritti di ognuno e dei relativi doveri. Se no è il caos. E l’anno passato, non lo dimentichiamo, questo caos lo abbiamo sfiorato e, in alcuni momenti, ci siamo passati come al circo si passa attraverso l’anello di fuoco, purtroppo ne hanno fatto le spese le forze dell’ordine.

È della settimana scorsa la notizia di una perizia corposa ordinata dai pm di Milano sul caso Ramy Elgaml. In sostanza, essa sostiene che l’inseguimento fu fatto seguendo le regole d’ingaggio. La morte di un giovane, comunque essa avvenga, e da qualsiasi motivo sia provocata, è una tragedia. Ma questo non avrebbe dovuto consentire, anche ad alcune forze politiche, di mettere in dubbio, quando le indagini erano ancora in corso, come lo sono, il comportamento in generale delle forze dell’ordine a partire da un eventuale non provato errore in quel caso. Chi soffia sul fuoco magari non si brucia, ma dà certamente forza e vigore ad un incendio che può fare molto male agli altri. n

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