Dl Sicurezza, anche i magistrati contestano la legittimità costituzionale
Non sono più soltanto gli avvocati di persone alla sbarra a esprimere dubbi in merito alla costituzionalità del Decreto Sicurezza approvato dal governo Meloni. Per la prima volta, infatti, anche un organo dello Stato – nello specifico la Procura di Foggia – ha deciso di sollevare davanti al Tribunale della città pugliese una questione di […] The post Dl Sicurezza, anche i magistrati contestano la legittimità costituzionale appeared first on L'INDIPENDENTE.

Non sono più soltanto gli avvocati di persone alla sbarra a esprimere dubbi in merito alla costituzionalità del Decreto Sicurezza approvato dal governo Meloni. Per la prima volta, infatti, anche un organo dello Stato – nello specifico la Procura di Foggia – ha deciso di sollevare davanti al Tribunale della città pugliese una questione di legittimità costituzionale concernente due nuove aggravanti introdotte dal testo. Si tratta, nello specifico, di quelle previste per la consumazione di un reato in prossimità di una stazione ferroviaria e per aver opposto violenza a pubblici ufficiali durante l’esercizio delle loro funzioni, che vengono considerate dai pm in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana.
Il caso di specie riguarda un procedimento penale in cui una serie di imputati sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali nei confronti di agenti della polizia ferroviaria in servizio presso la stazione di Foggia. Secondo il parere della Procura, però, le aggravanti delineate dall’art. 61 n. 11 decies c.p. e dall’art. 337 co. 3 c.p., introdotte dal nuovo decreto – approvato in fretta e furia dal governo a inizio aprile dopo che il testo si era incagliato in Parlamento -, sollevano «seri dubbi di compatibilità» con gli articoli 3, 25, 27 e 77 della Carta costituzionale. I pm ritengono infatti che le norme in esame non rispondano ai requisiti di ragionevolezza e di coerenza, creando al contrario una disparità di trattamento per fatti analoghi. I magistrati puntano il dito anche sul metodo, sostenendo che l’introduzione di tali aggravanti tramite decreto-legge – riservato a casi di “straordinaria necessità e urgenza” – sarebbe ingiustificata, anche per il lungo iter parlamentare precedente all’approvazione del testo da parte dell’esecutivo. Essa avrebbe, secondo i magistrati, compresso le prerogative del Parlamento nel percorso di definizione delle scelte di criminalizzazione, così come – a causa dell’assenza di un consono periodo di vacatio legis – la conoscibilità delle norme da parte dei cittadini. La decisione del giudice è attesa nel mese di giugno.
Nel frattempo, la scorsa settimana, a sollevare la questione di costituzionalità del DL Sicurezza sono stati anche due avvocati. In occasione di un processo per direttissima, i legali Eugenio Losco e Mauro Straini hanno infatti chiesto al Tribunale di Milano di rinviare alla Consulta il testo. Il procedimento vede imputato un ragazzo che non si è fermato a un posto di blocco, per poi avere una discussione con le forze dell’ordine. Il reato contestatogli è quello di resistenza a pubblico ufficiale, aggravata dalla fattispecie inserita nella norma. Anche in questo caso, gli avvocati contestano che al decreto manchino le ragioni di “necessaria e straordinaria urgenza” che dovrebbero contraddistinguere i Decreti Legge. In passato, la Consulta aveva considerato costituzionalmente illegittimo un DL proprio perché mancava di tali criteri. La giudice del Tribunale di Milano dovrà ora esaminare la richiesta dei legali e sarà chiamata a sciogliere la riserva il prossimo 26 maggio, per poi eventualmente passare la palla alla Corte Costituzionale.
Dopo mesi di proteste da parte delle opposizioni e della società civile, con un colpo di mano in Consiglio dei Ministri il governo Meloni aveva approvato il “Pacchetto Sicurezza”, trasformato in un decreto legge e dunque sin da subito applicabile, lo scorso 4 aprile. Il provvedimento, rispetto alla versione al vaglio delle Camere, era stato ridimensionato dopo i rilievi avanzati dal Capo dello Stato circa la smaccata incostituzionalità di una serie di punti. Sono però rimaste intatte molte misure-bandiera della maggioranza, tra cui il carcere fino a due anni per i blocchi stradali, il divieto di vendita e consumo di cannabis “light”, il nuovo reato contro le occupazioni abusive, l’aumento del tetto al rimborso delle spese legali per i membri delle forze dell’ordine che affrontano il processo e la possibile autorizzazione agli appartenenti ai servizi segreti a partecipare e dirigere associazioni terroristiche o mafiose.
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