Dazi Usa: vino, formaggi e moda. Ecco il Made in Italy a rischio | L’analisi
Le produzioni agroalimentari di qualità, dal vino ai formaggi passando per l’olio e la pasta. Le automobili e i veicoli commerciali. Il mercato della moda. La filiera della lavorazione dei metalli. Sono i settori del Made in Italy che rischiano di essere maggiormente colpiti dai dazi al 20% imposti dagli Stati Uniti sulle merci esportate […] L'articolo Dazi Usa: vino, formaggi e moda. Ecco il Made in Italy a rischio | L’analisi proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Le produzioni agroalimentari di qualità, dal vino ai formaggi passando per l’olio e la pasta. Le automobili e i veicoli commerciali. Il mercato della moda. La filiera della lavorazione dei metalli.
Sono i settori del Made in Italy che rischiano di essere maggiormente colpiti dai dazi al 20% imposti dagli Stati Uniti sulle merci esportate dall’Europa.
Le Regioni più colpite, secondo alcuni studi, potrebbero essere Sardegna, Molise e Sicilia per via delle filiere di lavorazione dell’energia. Sardegna e Toscana sono i territori più esposti, secondo un’analisi della Cia-Agricoltori Italiani, a causa dell’alta dipendenza delle esportazioni agroalimentari dal mercato statunitense.
In attesa di capire quali saranno le contromisure assunte dall’UE, o se il governo italiano proverà la strada della negoziazione singola con gli USA, le stime del possibile impatto sull’economia italiana parlano di un effetto dazi che potrebbe di fatto quasi azzerare la crescita stimata per il 2025.
Il Centro studi di Confindustria prevede che il PIL italiano nel 2025 crescerà del +0,6%, con una ripresa ipotizzata a +1% nel 2026. Tuttavia, si stima un possibile impatto negativo cumulato sul PIL italiano del -0,4% nel 2025 e del -0,6% nel 2026.
Secondo le proiezioni di EY, invece, il PIL italiano potrebbe crescere dello 0,4% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, mentre l’impatto complessivo delle politiche protezionistiche potrebbe variare tra il -0,5% e il -1,0% entro il 2027. Insomma, l’effetto negativo dei dazi potrebbe erodere buona parte della crescita prevista.
I prodotti alimentari soffrono per l’elevata dipendenza dall’export negli USA. Il costo per le singole filiere sarebbe di quasi 500 milioni di euro solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta e 120 milioni per i formaggi.
Tra i prodotti più a rischio spicca il Pecorino Romano, prodotto al 90% in Sardegna, che registra un export negli USA del 57% (quasi 151 milioni di euro). Questo formaggio viene utilizzato soprattutto per insaporire le patatine in busta.
Con eventuali dazi al 25%, il florido settore americano di chips e snack (2,5 miliardi) si troverebbe costretto a rivolgersi ad altri prodotti caseari, magari meno pregiati ma dal prezzo più conveniente.
Ma non si tratta solo di gusti, ci sarebbero ripercussioni anche sui prezzi. La Coldiretti stima che con le tariffe sul cibo Made in Italy, i consumatori americani dovranno spendere fino a due miliardi di euro in più. In Toscana, il 28% dell’export agroalimentare finisce negli USA. Le filiere dell’olio e del vino sono tra le più esposte: il 42% dell’olio e il 33% dei vini toscani venduti all’estero raggiungono il mercato americano.
Anche Lazio, Abruzzo e Campania potrebbero subire contraccolpi, vista la grande quantità di pasta, prodotti da forno e vini acquistati dagli USA.
Il solo comparto di vini, spiriti e aceti italiani, ricorda Federvini, vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti e coinvolge 40mila imprese e più di 450mila lavoratori.
Quanto alla moda, nel 2024, l’export verso gli Stati Uniti dei comparti calzaturiero, pelletteria, conceria e pellicceria, seppur in lieve flessione rispetto all’anno precedente, ha raggiunto un valore di quasi 3 miliardi di euro.
Finora, gli scambi Italia-USA sono stati floridi. Nel 2024, le vendite di beni italiani negli USA sono state pari a circa 65 miliardi di euro, generando un surplus vicino a 39 miliardi, secondo il Centro studi di Confindustria.
Nonostante un calo nell’ultimo anno, il mercato statunitense ha offerto il contributo più elevato in assoluto alla crescita dell’export italiano dal periodo pre-Covid.
L’export italiano è più esposto della media europea al mercato USA, rappresentando il 22,2% delle vendite italiane extra-UE, rispetto al 19,7% della media UE.
Tra i settori maggiormente esposti spiccano le bevande (39%), gli autoveicoli (30,7%), gli altri mezzi di trasporto (34%) e la farmaceutica (30,7%).
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