Dazi e non solo, ecco le prossime mosse di Trump

La politica commerciale degli Stati Uniti con Trump ha già nuove date fissate per ulteriori misure protezionistiche. Fatti, numeri e approfondimenti

Mar 22, 2025 - 09:23
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Dazi e non solo, ecco le prossime mosse di Trump

La politica commerciale degli Stati Uniti con Trump ha già nuove date fissate per ulteriori misure protezionistiche. Fatti, numeri e approfondimenti

In Italia si festeggia la Festa della Liberazione il 25 aprile. Negli Stati Uniti, invece, sarà il 2 aprile, e non riguarderà ovviamente l’anniversario dalla sconfitta del nazifascismo bensì il giorno in cui l’amministrazione di Donald Trump adotterà nuovi dazi reciproci contro quasi tutti i paesi del mondo. Sembra un’esagerazione, ma è stato lo stesso presidente degli Usa a parlare di “liberation day”, perché quel giorno “recupereremo molta della ricchezza che abbiamo scioccamente ceduto ad altri paesi, compresi amici e nemici”. A ognuno la sua festa, insomma.

LA TIMELINE DEI DAZI AMERICANI ADOTTATI

Dopo i dazi già adottati a marzo contro le importazioni da Canada e Messico, nonostante i 30 giorni di pausa di febbraio e le marce indietro rispetto ad alcuni beni, a entrare in vigore sono stati quelli sulla Cina, passati prima al 10 e poi al 20%. A cui Pechino ha risposto con tariffe del 15 e del 10% su diversi prodotti agroalimentari. Poi, il 12 marzo, Trump ha annunciato l’aumento dei dazi su tutte le importazioni di acciaio e alluminio al 25%. A cui l’Unione europea ha risposto con la promessa di altre misure commerciali: dazi su prodotti tessili, agricoli e il bourbon. A quel punto, in questa spirale di minacce e controminacce, è stato Trump di nuovo a ventilare l’ipotesi di dazi del 200% su vini, champagne e altri liquori europei. Nel caso in cui l’Ue dovesse veramente imporre le tariffe del 50% sul whisky americano, che in teoria dovrebbero entrare in vigore il 1° aprile.

LA QUESTIONE DELLE NAVI CINESI

Tra pochi giorni, il 24 marzo, Trump deciderà anche su un’altra questione tariffaria: se imporre delle tasse per le navi cinesi e tutte quelle imbarcazioni costruite in Cina per l’ingresso nei porti statunitensi. Il fine ultimo sarebbe quello di rilanciare la cantieristica navale americana. A fine febbraio l’Ustr (United States Trade Representative) ha lanciato un programma di misure, non ancora finalizzate ma aperte a discussioni fino al 24 marzo, quando ci sarà un’udienza pubblica dell’Ustr. A quel punto il presidente Usa dovrà scegliere. Secondo quanto riportato da Reuters, già solo la minaccia di imporre queste commissioni alle navi cinesi – che possono arrivare fino a 1,5 milioni di dollari – ha portato a un aumento delle scorte di carbone negli Usa e a un’incertezza del mercato agricolo, restringendo le disponibilità di imbarcazioni necessarie per esportare i prodotti americani all’estero.

IL PROSSIMO ROUND DI DAZI ANNUNCIATI DA TRUMP

E poi, la settimana successiva ancora si arriverà alla cosiddetta “liberazione”. Il 2 aprile, infatti, se non ci saranno ripensamenti – cosa, comunque, non da escludere – entreranno in vigore dazi con tutti i partner commerciali degli Usa. Dal Canada al Messico, ma soprattutto ai paesi dell’Unione europea che potrebbero vedersi imporre il 25% sulle loro esportazioni di ogni prodotto negli States. Fino ai dazi reciproci con tutti i paesi del mondo, per imporre tariffe pari sui prodotti scambiati bilateralmente. Nei prossimi 10 giorni, l’aspettativa è che Washington e diversi paesi cercheranno di negoziare per limitare l’impatto dei possibili dazi, magari per abbassare in maniera reciproca le tariffe.

I POSSIBILI CRITERI DIETRO I DAZI

E le trattative potrebbero far emergere differenze tra paese e paese, anche all’interno dell’Unione europea. Secondo un rapporto della società americana di investimento Hudson Bay Capital, i criteri alla base delle scelte degli Stati Uniti riguardo i dazi da imporre a singoli stati sono diversi. E non essendo solo economici, ma anche politici, possono premiare o svantaggiare qualcuno. Vanno dal considerare una reciprocità delle tariffe su import ed export, a se la nazione in questione apre i suoi mercati alle aziende statunitensi allo stesso modo in cui le sue aziende operano negli Usa. Oppure se il paese aiuti in qualche modo la Cina a eludere i dazi attraverso la riesportazione, o ancora se il paese è in linea con i parametri di spesa della Nato, oppure se supporta o ostacola gli sforzi degli Usa nei vari teatri di scontro mondiale.

L’APPROCCIO EUROPEO E ITALIANO

Da qui i diversi approcci che nel mondo, ma soprattutto in Europa, sono emersi tra i paesi che si preparano a rispondere ai dazi americani. Da una Francia ondivaga, che un po’ spinge per ritorsioni dure e un po’ cerca di mitigare le contromisure commerciali, a un’Italia che invece ha in più di un’occasione espresso la sua contrarietà a scatenare una guerra commerciale e ad andare incontro alle richieste di Trump. “Non si cada nella tentazione di rappresaglie”, ha detto per esempio la premier Giorgia Meloni. Un approccio che in realtà è consigliato anche da vari economisti, come sottolineato nello studio della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (Econ).