Cusco, viaggio tra storia viva e montagne incantate
Non avevo mai messo piede in un luogo come CUSCO. Camminare tra le sue strade, scolpite da secoli di storia, è stato come aprire un libro antico, di quelli consumati dal tempo, dove ogni pagina profuma di mistero e spiritualità. CUSCO, situata nel cuore delle ANDE PERUVIANE, a oltre 3.400 metri sul livello del mare, […] Cusco, viaggio tra storia viva e montagne incantate

Non avevo mai messo piede in un luogo come CUSCO. Camminare tra le sue strade, scolpite da secoli di storia, è stato come aprire un libro antico, di quelli consumati dal tempo, dove ogni pagina profuma di mistero e spiritualità. CUSCO, situata nel cuore delle ANDE PERUVIANE, a oltre 3.400 metri sul livello del mare, non è soltanto una città: è una sensazione che si imprime nell’anima, un caleidoscopio di culture, architetture e tradizioni che resistono al tempo.
La sua posizione è strategica: incastonata tra le valli andine, CUSCO domina il paesaggio come un nido d’aquila. Il territorio che la circonda è un intreccio di rilievi montuosi, profonde vallate e antichi sentieri che conducono verso MACHU PICCHU, la celebre cittadella perduta degli INCA. Ma fermarsi solo a MACHU PICCHU sarebbe riduttivo: ogni pietra di questa città racconta una storia. E io ho voluto ascoltarla tutta, passo dopo passo.
Appena arrivato, l’aria rarefatta mi ha accolto con un abbraccio inaspettato. Respirare a quell’altitudine è diverso: ogni respiro è più profondo, quasi meditativo. Il clima qui è un susseguirsi di contrasti affascinanti. Di giorno, il sole riscalda le strade con generosità, illuminando i muri in pietra e i tetti in terracotta con riflessi dorati. Ma basta che il sole scompaia dietro una vetta, ed ecco che l’aria si fa frizzante, quasi pungente. In alcune giornate di marzo, come quelle in cui ho viaggiato, il cielo si apre all’improvviso in un breve acquazzone, per poi tornare limpido nel giro di pochi minuti, regalando arcobaleni che si distendono tra le cime innevate.
Il centro storico di CUSCO, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, è un labirinto di vicoli acciottolati, balconi in legno intarsiato e chiese che raccontano l’incontro – a volte doloroso, altre volte straordinariamente creativo – tra il mondo incaico e quello coloniale spagnolo. Camminare per Plaza de Armas è come assistere a un incontro di epoche: da un lato la Cattedrale di CUSCO, imponente e solenne, dall’altro le mura ciclopiche degli antichi templi inca, ancora perfettamente incastrate tra loro, sfidando i secoli e i terremoti.
Non posso dimenticare la mia visita a Qorikancha, l’antico Tempio del Sole. Questo luogo era il centro spirituale dell’Impero Inca, e anche se gran parte della sua magnificenza fu smantellata dai conquistadores per costruire il Convento di Santo Domingo, le sue fondamenta restano un inno all’ingegno architettonico di questa civiltà perduta. Le pietre, levigate con precisione millimetrica, trasmettono un senso di ordine, bellezza e potere che ancora oggi impressiona.
Ma CUSCO non è solo rovine. È una città viva, vibrante, piena di suoni, profumi e colori. La cultura andina pulsa ovunque: nei mercati affollati di spezie, stoffe intrecciate a mano, frutta sconosciuta dai sapori intensi. Ho passato ore nel Mercado de San Pedro, mescolandomi alla gente del posto, assaggiando succhi di maracuja, formaggi di montagna, patate viola e pane cotto in forni a legna. È qui che ho capito cosa significa davvero “vivere il Perù”.
Ogni pomeriggio, le strade si animano di artisti di strada, musicisti che suonano il charango o il flauto di pan, donne vestite con i tradizionali abiti colorati che vendono amuleti, tessuti e dolci fatti in casa. È impossibile non lasciarsi catturare da questa energia contagiosa, dove ogni sorriso è un invito alla scoperta.
Per chi ama la natura e le escursioni, CUSCO è un paradiso. Ogni sentiero porta a una meraviglia diversa: dai siti archeologici di Sacsayhuamán, Q’enqo, Puka Pukara e Tambomachay, alle escursioni nella Valle Sacra, un paesaggio surreale punteggiato da terrazzamenti agricoli, villaggi incastonati tra le montagne e fiumi impetuosi. Uno dei momenti più intensi del mio viaggio è stato il cammino verso Pisac, attraversando paesaggi che sembrano usciti da un dipinto impressionista, con campi di quinoa che ondeggiano al vento e lama che pascolano sereni sotto un cielo immenso.
E poi c’è il clima sociale di CUSCO, forse uno degli aspetti più sorprendenti. Nonostante l’afflusso turistico, la città ha mantenuto una forte identità culturale, e il senso di comunità è tangibile. Ho partecipato a una cerimonia tradizionale di ringraziamento alla Pachamama, la Madre Terra, guidata da uno sciamano locale. Non è stato un semplice rituale per turisti: ho percepito un’autenticità profonda, un legame sacro con la natura che si riflette in ogni gesto quotidiano.
Le notti a CUSCO sono magiche. Il cielo, limpido e profondo, sembra avvicinarsi alla terra, come se le stelle volessero raccontare anche loro la storia di questo luogo unico. Ho dormito in una piccola pensione gestita da una famiglia quechua, affacciata su un vicolo silenzioso. Le coperte erano pesanti, il silenzio assoluto, rotto solo dai passi dei cani randagi o da qualche risata lontana. In quel silenzio, il cuore sembrava battere più piano, come per non disturbare la bellezza circostante.
Ogni angolo di CUSCO è una scoperta: dai musei poco frequentati che custodiscono resti di civiltà antichissime, ai piccoli caffè dove bere una cioccolata calda mentre fuori piove a dirotto. In uno di questi caffè, parlando con un giovane artigiano, ho imparato che in quechua, la lingua degli INCA, la parola “CUSCO” significa “ombelico del mondo”. E davvero, in quel momento, mi è sembrato di trovarmi proprio lì, nel centro spirituale di qualcosa di più grande.
Chi visita CUSCO non se ne va mai davvero. Una parte di te resta lì, tra i profumi di incenso dei templi, tra i canti delle donne nei campi, tra le pietre millenarie che raccontano di imperi e leggende. Io lo so, perché ogni giorno, anche ora che sono tornato, una parte del mio cuore continua a camminare su quelle strade antiche, alla ricerca di qualcosa che non si può spiegare, ma solo vivere.