Corte Costituzionale: niente limiti d’età per i direttori sanitari delle cliniche private
lentepubblica.it Le Regioni possono decidere autonomamente sull’età pensionabile dei direttori sanitari delle cliniche private accreditate: lo ha stabilito la Corte costituzionale, confermando la legittimità della normativa pugliese. Con la sentenza n. 65 del 2025, la Corte costituzionale ha chiarito che le Regioni possono derogare ai limiti di età fissati a livello nazionale per i dirigenti medici, […] The post Corte Costituzionale: niente limiti d’età per i direttori sanitari delle cliniche private appeared first on lentepubblica.it.

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Le Regioni possono decidere autonomamente sull’età pensionabile dei direttori sanitari delle cliniche private accreditate: lo ha stabilito la Corte costituzionale, confermando la legittimità della normativa pugliese.
Con la sentenza n. 65 del 2025, la Corte costituzionale ha chiarito che le Regioni possono derogare ai limiti di età fissati a livello nazionale per i dirigenti medici, almeno per quanto riguarda il ruolo di responsabile sanitario all’interno delle strutture private convenzionate con il Servizio sanitario regionale. In particolare, è stata ritenuta conforme alla Costituzione la legge della Regione Puglia n. 24 del 30 maggio 2024, che consente anche a chi ha superato i 70 anni di continuare a ricoprire incarichi direttivi nelle strutture sanitarie private accreditate o autorizzate, senza applicare il tetto d’età previsto per il pubblico.
Una competenza regionale legittima: per la Corte Costituzionale niente limiti d’età per i direttori sanitari delle cliniche private
Secondo i giudici costituzionali, la norma regionale pugliese si muove correttamente nell’ambito della competenza concorrente sulla “tutela della salute”, una delle materie in cui le Regioni hanno margini di autonomia legislativa. Il provvedimento statale di riferimento – l’art. 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992 – stabilisce che i medici dirigenti del SSN vadano in pensione a 65 anni, o al massimo a 70 per raggiungere i 40 anni di servizio. Tuttavia, tale disposizione, precisa la Corte, riguarda il settore pubblico e non può automaticamente estendersi alle strutture private, nemmeno se accreditate.
Accreditamento non cambia la natura privata
La Corte ha sottolineato che ottenere l’accreditamento per operare con il Servizio sanitario non trasforma la struttura privata in un’articolazione pubblica, né i suoi rapporti di lavoro in rapporti di natura pubblicistica. Pertanto, il legislatore regionale può decidere autonomamente se e come regolare i requisiti soggettivi – come l’età – per i direttori sanitari delle cliniche private. Un eventuale vincolo nazionale sarebbe legittimo solo se esplicitamente previsto per le strutture private accreditate, cosa che oggi non avviene.
Un limite superato dai fatti
Nel motivare la decisione, la Corte ha anche preso atto del contesto attuale del sistema sanitario italiano, segnato da una carenza cronica di personale medico. A tal proposito ha ricordato come il Parlamento abbia più volte derogato, in via straordinaria, alle regole sull’età pensionabile, anche con provvedimenti recenti – come il decreto-legge n. 215 del 2023 – che consentono ai dirigenti medici di rimanere in servizio fino ai 72 anni, purché entro la fine del 2025. Questa flessibilità normativa, secondo la Consulta, evidenzia la necessità di adattare le regole a una situazione di emergenza e a un’aspettativa di vita significativamente più lunga rispetto al passato.
Nessuna irrazionalità nella scelta regionale
La sentenza richiama infine un precedente del 2021 (sentenza n. 195) in cui la stessa Corte aveva affermato che l’età avanzata non rappresenta un ostacolo, in sé, all’esercizio di incarichi direttivi nelle strutture sanitarie. In quella circostanza, era stato ritenuto perfettamente ragionevole che anche chi ha superato i 70 anni potesse continuare a svolgere il ruolo di direttore sanitario.
Anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), in una segnalazione del 2020, aveva criticato il precedente assetto normativo della Regione Puglia, che poneva limiti anagrafici rigidi alla direzione sanitaria nelle strutture private, considerandolo una barriera ingiustificata all’esercizio della professione medica.
L’impatto della decisione
La decisione della Consulta ribadisce l’importanza del pluralismo organizzativo all’interno del sistema sanitario italiano e rafforza il ruolo delle Regioni nella gestione delle politiche sanitarie. In un periodo segnato dalla scarsità di medici e dalla necessità di garantire continuità nell’erogazione dei servizi, la possibilità di impiegare professionisti esperti anche oltre il limite d’età rappresenta, secondo i giudici, una scelta coerente con la realtà e non irragionevole.
Il testo della sentenza
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