ChatGPT o3, sisma silenzioso: menti sintetiche e futuro umano

Con ChatGPT o3, OpenAI supera un punto critico: l'AI ora è uno strumento di accelerazione cognitiva che ridisegnerà totalmente l'economia. L'articolo ChatGPT o3, sisma silenzioso: menti sintetiche e futuro umano è tratto da Futuro Prossimo.

Apr 19, 2025 - 15:27
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ChatGPT o3, sisma silenzioso: menti sintetiche e futuro umano

Sono seduto qui, a “dialogare” con ChatGPT o3, e non posso fare a meno di pensare a come l’intelligenza artificiale stia cambiando le regole del gioco: non con un’esplosione, ma con un silenzioso e inesorabile sussurro. OpenAI ha appena rilasciato questo modello che, a detta di molti esperti, rappresenta un balzo significativo verso quella che chiamiamo Intelligenza Artificiale Generale (AGI).

Non è perfetto, certo, ma è qualitativamente diverso dai suoi predecessori. Mi trovo a testarlo su questioni di filosofia, letteratura, economia post-lavoro, persino questioni di salute personale. E ogni volta, la stessa inquietante sensazione: non è tanto la velocità o l’intelligenza di ChatGPT o3 a colpirmi, quanto l’improvvisa chiarezza con cui vedo il futuro dell’economia globale trasformarsi davanti ai miei occhi.

Pensieri sparsi su un’intelligenza non umana

Vi propongo poche riflessioni frammentate, lo ammetto. Pensieri che si accavallano mentre osservo questa tecnologia all’opera. Il modello ChatGPT o3 non è solo più veloce o più intelligente di GPT-4.5; è qualitativamente diverso, con effetti di rete e punti di svolta che lo rendono utile per una gamma più ampia di compiti oltre la semplice conversazione.

E no, non è un’intelligenza aliena. Opere come il testo di Max Tegmark “Vita 3.0” (ve lo consiglio) mi hanno aiutato a inquadrare meglio il fenomeno: o3 opera nello stesso ambiente matematico e fisico degli umani, con un orizzonte cognitivo che va oltre, ma non soppianta le nostre capacità.

Mi chiedo sempre più spesso: è davvero un AGI? Ancora no, ma ci stiamo avvicinando a passi da gigante. La curva di addestramento per questi modelli segue un andamento esponenziale, ogni nuova generazione è più intelligente e veloce della precedente. E il prossimo o4? Impossibile prevederne le capacità.

ChatGPT o3, il futuro economico che nessuno era pronto ad affrontare

Ora arriva la parte che mi tiene sveglio la notte: l’economia post-lavoro. Non sono più teorie astratte; uno che pure la sa lunga sulle AI, Dario Amodei di Anthropic, ne parla spesso. Stiamo osservando i primi movimenti tettonici di questo cambiamento.

Ma cosa significa “economia post-lavoro”? Immaginate un mondo dove sempre più lavori vengono svolti dalle macchine. Non solo i lavori manuali, ma anche quelli intellettuali: avvocati, medici, programmatori, persino artisti. In questo scenario, come distribuiamo la ricchezza? Se finora lo stipendio era il modo principale, cosa succede quando gli stipendi scarseggiano perché il lavoro umano serve sempre meno?

Qui entra in gioco quello che gli esperti chiamano “indice di agenzia economica“. In parole povere, misura quanto controllo abbiamo sul nostro destino economico. È composto da tre elementi: quanto guadagniamo lavorando (stipendi), quanto ricaviamo da ciò che possediamo (proprietà, investimenti), e quanto riceviamo dallo Stato o altre istituzioni (sussidi, reddito di base).

ChatGPT o3 ha analizzato montagne di dati economici e mi ha aiutato a capire questo indice in pochi minuti. E qui arriva l’incredibile: mentre l’AI elaborava informazioni a velocità vertiginosa, io faticavo a starle dietro. È come se il mio cervello fosse diventato il “collo di bottiglia” del processo: un’esperienza davvero straniante.

Decidere locale, pensare globale

Nelle mie riflessioni confuse, continua a tornarmi in testa un concetto: la “sussidiarietà”. Sembra complicato, ma è semplice: le decisioni dovrebbero essere prese il più vicino possibile a chi ne subisce le conseguenze.

Pensateci: chi conosce meglio i problemi di un territorio? Chi ci vive. L’idea è quindi di lasciare che le comunità locali decidano per sé stesse, senza imposizioni dall’alto. È come una forma di intelligenza collettiva: ogni territorio fa le scelte migliori per sé, e il sistema complessivo funziona meglio senza un controllo centralizzato.

In pratica, immagino piccole comunità che investono collettivamente in risorse come pannelli solari, centri dati, connessioni internet ultraveloci. Queste infrastrutture aumenterebbero il “potere d’acquisto collettivo” della comunità: in sostanza, renderebbero tutti un po’ più ricchi (no, non sono Prodi e non sto parlando dell’Euro, non fatemi il verso con il meme) e attirerebbero persone di talento.

Sarebbe un modo concreto per prepararci a un futuro dove il lavoro tradizionale sarà sempre più raro e dovremo trovare nuovi modi per distribuire la ricchezza e dare significato alle nostre vite.

ChatGPT o3, un futuro di opportunità o di dipendenza?

In sintesi, non posso fare a meno di pormi la classica domanda: ChatGPT o3 rappresenta un’opportunità o una minaccia? Come sempre, credo entrambe le cose. Se usato come semplice stampella cognitiva, rischiamo di diventare dipendenti senza internalizzare i modelli mentali e le conoscenze. Ma se lo utilizziamo come acceleratore di apprendimento, possiamo espandere, e notevolmente, le nostre capacità.

L’AI e la robotica potrebbero eliminare o ridurre lavori tradizionali nei settori di programmazione, giurisprudenza e medicina, ma creeranno anche nuove opportunità in settori emergenti come la creazione di contenuti e la relazione sociale con gli altri.

La socializzazione delle risorse naturali nelle aree interne sottoutilizzate potrebbe incoraggiare investimenti locali in pratiche sostenibili ed economie circolari, promuovendo la conservazione ambientale e la produttività a lungo termine.

Alla fine, il mio pensiero più ricorrente è questo: l’economia post-lavoro potrebbe essere teoricamente risolta, ma la sua applicazione pratica rimane incerta e richiede ulteriore esplorazione. Siamo all’alba di qualcosa di completamente nuovo, e ChatGPT o3 è solo l’inizio di questo viaggio verso un futuro che ancora fatichiamo a immaginare.

Ma dobbiamo osare nell’immaginarlo.

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