Autovelox, la stessa sezione della Cassazione ora cambia idea: ma sull’omologazione crea altro caos. Intanto il Mit annuncia un decreto
Nel giro pochi mesi la stessa sezione della Suprema Corte interpreta in maniera differente due casi simili. Ma un passaggio dell'ultima ordinanza solleva ancora dubbi L'articolo Autovelox, la stessa sezione della Cassazione ora cambia idea: ma sull’omologazione crea altro caos. Intanto il Mit annuncia un decreto proviene da Il Fatto Quotidiano.

La Cassazione fa un passo indietro sul caos autovelox. Nel giro di pochi mesi due ordinanze della seconda sezione civile della Suprema Corte – con lo stesso giudice nel collegio (presidente in un caso e relatore nell’altro) – interpretano in maniera differente casi simili, creando ancora più confusione e l’incertezza interpretativa sulla storica disputa riguardante i termini “omologazione” e “approvazione“ non svanisce.
Tra sindaci confusi e fleximan – Tutto questo avviane in un periodo in cui, in Italia, l’argomento autovelox continua ad essere al centro del dibattito. Tra la confusione dei sindaci, il fenomeno “fleximan” non si arresta e continua la distruzione delle telecamere: l’ultimo caso la settimana scorsa nel Comune di Codroipo, in provincia di Udine.
L’ordinanza di aprile – Ad aumentare in maniera esponenziale il numero di ricorsi degli automobilisti contro le multe ricevute era stata proprio una decisione della Supera Corte dell’aprile del 2024. Per i giudici i termini “approvazione” e “omologazione” – presenti nel Codice della strada e nel suo regolamento – fanno riferimento a due procedimenti distinti con finalità diverse ed entrambi necessari. C’è però un problema: in Italia non esistono dispositivi per il rilevamento della velocità omologati perché la procedura non è stata mai regolamentata. Solo per fare un esempio, anche quelli utilizzati dalla Polizia stradale sono solamente approvati dal ministero ma non omologati.
Il caos – Così mentre alcune associazioni degli automobilisti spronavano chi aveva ricevuto una multa per eccesso di velocità a presentare ricorso, la decisione della Cassazione ha mandato il tilt i Comuni: c’è chi ha sempre tenuto attivi i rilevatori fissi di velocità, chi li ha spenti e chi invece, dopo aver messo in standby gli autovelox, li ha riattivati. In questi mesi, intanto, governo e Parlamento non hanno fatto nulla per risolvere la questione: né con il decreto di Matteo Salvini che riguardava proprio gli autovelox, né con la riforma del Codice della strada. Una recente circolare del ministero dell’Interno destinata ai prefetti si è solo limitata fornire delle indicazioni per opporsi ai ricorsi . In mezzo ci sono anche inchieste penali, con la procura di Cosenza ha chiesto al gip e ottenuto il sequestro di numerosi autovelox (gli ultimi due a Bagnolo di Po, in provincia di Rovigo) proprio perché non risultano omologati.
La nuova decisione – Ma a stravolgere il quadro ci ha pensato, ancora una volta, la seconda sezione civile della Cassazione presieduta da Aldo Carrato (che era relatore nel precedente caso): ha dato torto a un automobilista che nel 2017 era stato sanzionato per eccesso di velocità dalla Polizia locale di Sassari. In uno dei motivi alla base alla base del ricorso veniva lamentato il fatto che il Tribunale aveva “confuso l’autorizzazione ministeriale con l’omologazione”, quest’ultima – veniva fatto presente – “necessaria a pena d’invalidità dell’accertamento e degli atti consequenziali anche qualora il dispositivo”, in questo caso il telelaser utilizzato dalla Polizia locale, “sia stato approvato e/o autorizzato”. Principio alla base dell’ordinanza di aprile. Questa volta però la Corte ha definito “manifestamente infondato” questo rilievo. Perché – scrivono i giudici nell’ordinanza pubblicata il 5 febbraio – “il Tribunale, proprio nel rispondere all’eccepita mancanza di omologazione, ha verificato che sussistevano le due necessarie autorizzazioni ministeriali e che le certificazioni prodotte comprovavano, altresì, la corretta taratura dell’apparecchio di rilevazione elettronica, oltre che il suo regolare funzionamento”. Questa volta, pertanto, per la Suprema Corte gli autovelox solamente approvati e soggetti a taratura sono idonei ad accertare la velocità. Un vero e proprio contrordine rispetto alla decisione di aprile.
I dubbi – Tutto definitivamente chiarito? Non proprio. Nella stessa ordinanza i giudici scrivono per motivare la decisione: “Del resto il ricorrente non aveva dimostrato che nessuna delle due autorizzazioni non si riferisse anche all’omologazione, rilevandosi, altresì, dalla sentenza qui impugnata che già il giudice di pace aveva accertato l’avvenuta omologazione“. Un passaggio che rischia di creare ancora più scompiglio, perché – appunto – non esistono in Italia autovelox omologati. Dubbi che vengono sollevati anche dal direttore dell’Anci Veneto, Carlo Rapicavoli: “Su quali basi tecniche è stata effettuata l’omologazione posto che non sono state ancora definite le norme regolamentarie per tale procedura? Si configura una nuova possibile equivalenza tra “taratura” e “omologazione”?”, chiede. Come Rapicavoli spiega a ilfattoquotidiano.it, se da un lato la Corte ha ritenuto che sul piano tecnico autorizzazioni ministeriali e taratura assolvano “a tutte le funzioni di certezza del rilevamento che implica il procedimento di omologazione”, dall’altro “sul piano giuridico, però, in nessuna parte dell’ordinanza si afferma che l’approvazione sia equipollente all’omologazione ma si ribadisce espressamente la distinzione tra le due procedure”. “A questo punto, a maggior ragione, non è più differibile un intervento normativo che chiarisca definitivamente la questione, è intollerabile il permanere di tale situazione di incertezza“, sottolinea il direttore dell’Anci Veneto.
Lo schema di decreto – Qualcosa intanto sembrerebbe muoversi. La scorsa settimana il sottosegretario al Mit, Tullio Ferrante, rispondendo a un’interrogazione in commissione Trasporti alla Camera, ha comunicato che è stato chiuso il tavolo tecnico con i rappresentanti del ministero dell’Interno, dell’Anci e del ministero delle Imprese ed è stato “predisposto uno schema di decreto che, dopo anni di attesa, cerca di fornire criteri chiari e univoci sui requisiti tecnici di omologazione che gli autovelox devono soddisfare”, “volti a garantire la massima affidabilità e precisione delle misurazioni effettuate”, “per ridurre errori di rilevazione e disallineamenti tra un dispositivo e l’altro”. “Ne deriva – ha aggiunto il sottosegretario – che i dispositivi approvati dal 2017 in poi risultano coerenti con i requisiti di omologazione individuati dallo schema di decreto”. Lo schema, secondo quanto comunicato “sarà inviato nei prossimi giorni al ministero delle Imprese”.
L’attesa – “Se, come annunciato dal sottosegretario, finalmente si è giunti alla predisposizione di un decreto contenente criteri chiari e univoci, si tratta di una buona notizia attesa da tempo con l’auspicio che si giunga al più presto alla sua emanazione”, commenta Carlo Rapicavoli. Nell’attesa permane la confusione tra i sindaci, in particolare in una regione come il Veneto dove è nato il fenomeno di “Fleximan“ e da dove è partito il ricorso che ha portato alla prima decisione della Cassazione. E tanti di loro chiedono chiarimenti proprio all’Anci. “Da sempre viene ribadito che, anche se in alcuni casi è contestabile un uso improprio di tali strumenti di controllo, su cui occorre intervenire, ciò non legittima le generalizzazioni o le speculazioni di parte e non può giustificare la sospensione generalizzata di misure preventive che possono salvare vite umane“, sottolinea il direttore Rapicavoli. “L’urgenza di fare chiarezza in modo definitivo, con un intervento normativo, deriva – conclude – dall’esigenza di certezza del diritto per le Amministrazioni, per gli organi di controllo e per i cittadini e automobilisti, nonché di efficacia delle norme finalizzate alla sicurezza di tutti”.
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