Al liceo Berchet di Milano un’ora di sit-in degli studenti contro il decreto Sicurezza: “Autoritarismo mascherato”

Le proteste contro il decreto legge Sicurezza, approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri, continuano a moltiplicarsi. Anche tra i banchi delle scuole. Questa mattina, martedì 8 aprile 2025, gli studenti e le studentesse del liceo Berchet di Milano hanno dato vita a un sit-in di un’ora all’interno dell’istituto, accompagnato da un momento di “autoformazione” […] L'articolo Al liceo Berchet di Milano un’ora di sit-in degli studenti contro il decreto Sicurezza: “Autoritarismo mascherato” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 8, 2025 - 14:00
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Al liceo Berchet di Milano un’ora di sit-in degli studenti contro il decreto Sicurezza: “Autoritarismo mascherato”

Le proteste contro il decreto legge Sicurezza, approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri, continuano a moltiplicarsi. Anche tra i banchi delle scuole. Questa mattina, martedì 8 aprile 2025, gli studenti e le studentesse del liceo Berchet di Milano hanno dato vita a un sit-in di un’ora all’interno dell’istituto, accompagnato da un momento di “autoformazione” sul Dl Sicurezza. Un’iniziativa presentata come spazio di riflessione su una norma ritenuta “autoritarismo mascherato”. “La nostra protesta non nasce per fare propaganda ma per stimolare un pensiero critico sulla narrazione dominante in tema di sicurezza e sul modo in cui essa viene strumentalizzata dal Governo. La scuola non può essere solo un luogo di nozionismo passivo, ma deve formare cittadini in grado di leggere il presente e partecipare consapevolmente alla vita democratica”, si legge nel comunicato diffuso dal collettivo studentesco.


Secondo gli studenti il provvedimento reprime il dissenso, anche pacifico, aggravando le pene per chi manifesta con finalità politiche, colpendo in particolare le fasce più fragili della popolazione: migranti, persone senza fissa dimora e occupanti abusivi. Beatrice Puzzo, studentessa 18enne e membro del collettivo, racconta: “È da settembre che ci impegniamo in un percorso di studio e confronto su questo provvedimento. Abbiamo capito quanto sia pericoloso: invece di affrontare i problemi sociali, li nasconde sotto la retorica della paura. Il decreto alimenta l’insicurezza, emargina i più deboli e reprime il dissenso. È una misura punitiva, figlia di una politica che non risolve, ma consolida la propaganda”. Una critica che non si limita al contenuto del decreto, ma si allarga al suo impatto simbolico e culturale. “Viene costruita una narrazione ideologica in cui ci sono i ‘buoni’ e i ‘cattivi’, senza mai affrontare le cause reali della migrazione o della povertà. Chi protesta viene subito criminalizzato. È un attacco diretto alla libertà di manifestare” spiega Edoardo Monguzzi, studente 18enne e membro del collettivo.

Il sit-in è stato l’occasione per un momento pubblico di lettura e condivisione di testi relativi al Dl Sicurezza, con l’obiettivo d’informare anche gli studenti che non fanno parte del collettivo. Una mobilitazione che ha coinvolto l’intera comunità scolastica, compresi alcuni docenti. “Non tutti, certo, ma molti insegnanti ci supportano, ascoltano, partecipano. Non si tratta di una politica partitica, ma di educazione alla cittadinanza, che parte dallo studio e dalla consapevolezza. Crediamo che la scuola, per noi ragazzi e ragazze, sia il luogo che viviamo ogni giorno più intensamente. È dove ci esprimiamo di più, dove cresciamo, e spesso rappresenta anche un porto sicuro. In un momento storico e politico come questo, segnato da riforme e provvedimenti come il dl Sicurezza, sentiamo il bisogno di ripartire proprio da qui. È da questo spazio che vogliamo rivendicare il diritto a far sentire la nostra voce” spiega Agnese Invernice, studentessa 18enne e membro del collettivo. “Non è una protesta improvvisata ma l’ultimo passaggio di un percorso lungo mesi, fatto di incontri, letture, discussioni e coordinamenti anche con altre scuole, È un modo per far passare il messaggio che la politica non è solo il voto ogni cinque anni, ma la vita quotidiana, la cura dei legami, la capacità di leggere e cambiare il mondo”, chiarisce Puzzo.

Gli studenti sostengono che la loro protesta punta anche a risvegliare una coscienza critica sopita in un contesto storico sempre più ristretto. “La partecipazione alle azioni deve avvenire con cognizione di causa. Crediamo che la politica debba tornare a essere una cosa nobile. Siamo stanchi di sentire dire che i giovani sono disinteressati: la domanda giusta è perché tanti si sentano esclusi dalla politica”, spiega Edoardo Monguzzi. Beatrice Puzzo aggiunge: “Viviamo in un paese che si lamenta continuamente della mancanza di partecipazione dei giovani e del loro disinteresse verso la politica. Ma la vera domanda è: quali sono le cause strutturali di questo disinteresse? È evidente che c’è una crescente disaffezione alla politica, lo vediamo ogni giorno a scuola. Tuttavia, se viviamo in una società che non ascolta i giovani, che non si preoccupa di loro, li usa in modo strumentale e li reprime con provvedimenti come il dl Sicurezza, quando partecipano attivamente, come si può poi accusarli?”. Puzzo conclude sottolineando come la scuola, intesa come luogo di pensiero critico, sia il punto da cui ripartire, in netto contrasto con quella immaginata dal ministro Giuseppe Valditara: “Oggi la scuola, secondo il ministro dell’Istruzione, non deve più essere un luogo di educazione e sviluppo del pensiero critico, ma uno spazio dove ci si prepara a diventare marionette di un sistema. Noi, invece, rivendichiamo la scuola come punto di partenza per imparare a incidere nel mondo, per cambiare il sistema, non per adattarci passivamente”.

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