Accusato di violenza su una bambina, l’uomo aveva colpito a Perugia. Il racconto: “Afferrò mio figlio”

L’avvocato perugino Andrea Valentini non si dà pace del caso di Massimiliano Mulas, accusato di nuovo: “Era libero, come è possibile? E molti reati commessi in Umbria sono andati prescritti. Inconcepibile”

Apr 16, 2025 - 04:14
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Accusato di violenza su una bambina, l’uomo aveva colpito a Perugia. Il racconto: “Afferrò mio figlio”

Perugia, 16 aprile 2025 – “Mio figlio che suona il campanello del mio studio, inseguito nell’androne del palazzo da un uomo che oggi scopro essere lo stesso accusato di aver violentato una bambina di undici anni a Mestre non lo scorderò mai. Ricordo il volto, cosa ci siamo detti, l’incubo di cosa sarebbe potuto accadere se non fosse riuscito a liberarsi e a chiedermi aiuto. Non ci posso nemmeno pensare...”. Andrea Valentini, avvocato perugino, noto anche per essere stato uno dei giurati popolari della Corte d’assise di Perugia che condannò Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher non si dà pace del caso di Massimiliano Mulas, il 45enne arrestato a Venezia con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una ragazzina, commesso il 10 aprile nell’androne di un condominio di Mestre. Libero, nonostante una lunga scia di reati sessuali. “Era libero, come è possibile? E molti reati commessi a Perugia sono andati prescritti. Inconcepibile. E lo dico da operatore del diritto. Come pensiamo di tutelare i nostri figli in questo modo?”. Mulas dopo che aveva scontato una condanna a otto anni per altre due violenze sessuali nei confronti di due studentesse a Padova, si era spostato in Umbria.

A Perugia nel maggio del 2015 era stato identificato e fermato e successivamente denunciato per adescamento di minori, minacce e violenza privata ma non era mai stato destinatario di misure cautelari per questi episodi accaduti. Oggi è Valentini a tornare indietro nel tempo. Era il 2018. Il figlio dell’avvocato, oggi maggiorenne, allora aveva 12 anni, un bambino. Andrea ricorda quel pomeriggio in maniera nitida: “Doveva comprare un libro, trecento metri da casa, in pieno centro ma al momento di rientrare venne afferrato, si divincolò ed ebbe la prontezza di non entrare in casa ma di suonare al mio studio, due volte il campanello: una sorta di messaggio in codice. Quando apro mi trovo davanti mio figlio con alle spalle quest’uomo che inizia a farfugliare di star cercando una famiglia nel condominio e se ne va. E’ il bambino che mi racconta di essere stato seguito e poi afferrato per un braccio con violenza ma di essere riuscito a divincolarsi, all’epoca faceva jujitsu, e suonare allo studio. Ho agito d’istinto: sono uscito di corsa per rincorrerlo, fermarlo almeno. Non so cosa avrei potuto fargli. Lo raggiungo e intravedo una pattuglia allora lo avvicino con una scusa “Sa’, mi sono ricordato dove abita la famiglia di cui mi chiedeva”. Lui si distrae e gli blocco il braccio dietro alla schiena, facendo segno alla Municipale alla quale racconto l’accaduto”. Mulas sarà portato via, in caserma. “Dopo una settimana mi chiamano i carabinieri e mi chiedono di fare un riconoscimento perché Mulas aveva commesso altre aggressioni simili a quella contro mio figlio”. Testimoniai al processo, ricordo ancora chi era la presidente. Fu condannato, lo ricordo bene. Poi ne ho perso le tracce”. Ma quando sui giornali è rimbalzata la notizia dello stupro di una bambina nell’androne di un palazzo e del lungo curriculum di precedenti fotocopia a casa Valentini è riaffiorato l’incubo. E la rabbia per un sistema che non funziona. “Denunciai, testimoniai, pensando di poter fermare un uomo del genere. E invece... Invece manca un tassello troppo importante: occorre ripensare alla ponderazione della pena e all’individuazione di strumenti alternativi, persone del genere devono entrare in istituti di cura. All’epoca cercai di non traumatizzare mio figlio, oggi anche lui ricorda tutto. Ne abbiamo parlato insieme. È un uomo ma quel volto e quell’episodio non lo scorderà mai”.