6 buoni motivi per vedere (o rivedere) E.R.

Scrivere di E.R. Medici in prima linea equivale a scrivere di un pezzo della vita di molti di noi. Un tratto di percorso – quei fantastici anni ’90 – in cui abbiamo condiviso qualcosa, sentendoci contemporaneamente attori e testimoni di una decade che non pensavamo potesse durare come un battito di ciglia. Scrivere di E.R.… Leggi di più »6 buoni motivi per vedere (o rivedere) E.R. The post 6 buoni motivi per vedere (o rivedere) E.R. appeared first on Hall of Series.

Mag 16, 2025 - 14:04
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6 buoni motivi per vedere (o rivedere) E.R.

Scrivere di E.R. Medici in prima linea equivale a scrivere di un pezzo della vita di molti di noi. Un tratto di percorso – quei fantastici anni ’90 – in cui abbiamo condiviso qualcosa, sentendoci contemporaneamente attori e testimoni di una decade che non pensavamo potesse durare come un battito di ciglia. Scrivere di E.R. vuol dire ricordarsi delle serate in famiglia, quelle in cui il focolare era rappresentato solamente dalla televisione, senza altre distrazioni come smartphone o social network. Si finiva di cenare, si litigava con il fratello di turno per chi dovesse sparecchiare la tavola e si chiamava (esclusivamente per pochi minuti, altrimenti sapete che bollette!) l’amica del cuore per aggiornarsi sull’interrogazione del giorno successivo. Chi era più adulto, invece, sistemava le ultime incombenze della giornata. E poi via, tutti davanti alla tv, in attesa della fine della pubblicità e della sigla iniziale.

Scrivere di E.R. vuol dire elogiare la generosità del Dr. Greene e l’anticonformismo di Ray. O rivivere i 6 momenti in cui il rapporto tra Benton e Carter si è mostrato in tutta la sua unicità. E ancora, ripercorrere i 10 episodi più emozionanti della serie e analizzare il finale della nona stagione. Scrivere di E.R. significa risvegliare un’altra volta le sensazioni di quegli anni, il nostro coinvolgimento nelle vicende dei protagonisti e le nostre piccole discussioni con i genitori per poter rimanere svegli fino a tardi.

Questa volta invece vogliamo scrivere un articolo per spiegare a coloro che non hanno ancora avuto l’opportunità di guardarla, quelli che secondo noi sono 6 buoni motivi per vedere (o rivedere) E.R. (Chi invece l’ha già vista e rivista come la sottoscritta, potrà cullarsi nella nostalgia).

1) La scrittura e la coralità dei personaggi

Non è un caso che il pregio più grande della serie sia anche il primo dell’elenco di questo articolo. Se vedrete E.R. scoprirete infatti che i tanti protagonisti che si succedono nel corso delle stagioni vi sembreranno persone realmente esistenti. Non stiamo esagerando. Ognuno di loro è stato caratterizzato e approfondito così bene nelle sue umane fragilità, che vi sembrerà di far parte di una famiglia. Di trovarvi tra individui che conoscete da una vita. E non intendiamo solamente i medici, le infermiere e il personale dell’ospedale, ma anche tutto quel vivace e sfaccettato microcosmo formato dai pazienti e dai loro parenti. La coralità di questo medical drama è totale oltre che originale. La gente comune, quella di tutti i giorni (noi stessi, quindi) viene messa al centro dell’attenzione, della narrazione e della riflessione.

Ci sono storie (e patologie) che ci hanno toccato il cuore e che ricordiamo a distanza di anni. E ci sarà un motivo se il solo pensiero di alcuni malati ci fa venire un nodo in gola anche adesso. La spiegazione sta precisamente nella loro scrittura, mai ripetitiva o banale. Mai retorica o ridondante. Eppure se proviamo a contare tutti gli attori passati da quel pronto soccorso in quindici anni, arriviamo tranquillamente all’ordine delle centinaia. Capirete bene, quindi, perché valga la pena di vedere (o rivedere) questa serie tv.

2) La sanità non è un business ma un diritto

Il Dr. Gates
Credits: Warner Bros.

Ogni volta che si tira in ballo la questione della sanità (anche qui in Italia), mi piacerebbe avere accanto tre medici di E.R.: il Dr. Kovac, il Dr. Ross e il Dr. Gates. Assolutamente. Questi tre personaggi, più di chiunque altro, hanno criticato e si sono battuti coraggiosamente a causa delle continue contraddizioni e incoerenze del sistema sanitario americano. Quando a comandare sono le lobby delle case farmaceutiche, le assicurazioni private e le caste arricchite, resta solo una cosa da fare. Trasgredire, quando e come si può. Kovac, Ross e Gates vivono i loro turni al pronto soccorso perennemente sul filo del rasoio, rischiando di mandare all’aria la loro carriera pur di prendere la decisione più eticamente corretta, fregandosene altamente di alcune leggi americane.

Il diritto alle cure gratuite per tutti infatti, è un argomento che sta particolarmente a cuore al tipo di narrazione voluta per questa serie. Le situazioni di alcuni pazienti, primi fra tutti coloro che vivono nel ghetto, sono così maledettamente ingiuste e sproporzionate, che noi spettatori non possiamo che schierarci con decisione dalla parte dell’indignazione e della vergogna. Personalmente quando qualcuno tra i medici prendeva scelte contro il business privato, ho sempre incrociato le dita sperando che non venissero scoperti. Soprattutto, desideravo che i malati, anche il senzatetto dimenticato da Dio, venissero curati adeguatamente.

La malattia non è una scelta ma una condizione, quindi perché penalizzare alcune persone e non altre? La verità è che non esiste una logica, se non quella del profumo dei dollari. Un sistema che si sta facendo strada anche nella nostra vecchia e cara Europa, con la speranza che da qualche parte ci siano un Dr. Kovac, Ross o Gates pronti ad andare controcorrente.

3) Il percorso del Dr. Carter

Il Dr. Benton e il Dr. Carter
Credits: Warner Bros.

Questo personaggio meriterebbe un articolo a sé (chissà, magari ne arriverà uno quando meno ve lo aspettate), perché la sua storia professionale coincide con il passare delle stagioni di E.R. Da giovane tirocinante timido e imbranato a medico competente e risoluto, John Carter cresce e matura di pari passo con la serie. Il suo percorso rappresenta un’esperienza totalizzante anche per noi spettatori, perché scopriamo tutto quello che concerne un pronto soccorso di un ospedale nordamericano attraverso gli occhi del dottore.

Proprio come lui, veniamo sganciati dritti nel pieno delle emergenze quotidiane del reparto, privi di imbracature di salvataggio o un materasso morbido su cui atterrare. E l’impatto è inevitabilmente forte. Traumatico. Ci fa male. Rimaniamo attoniti, pietrificati, incapaci di renderci utili. Veniamo affidati a un severo supervisore che è lì per insegnarci tutto, con il quale discutiamo in continuazione, ma con cui sviluppiamo una relazione paterna. Benton e Carter. Nessuno come loro. Irraggiungibili. Durante 11 lunghi anni (e stagioni) Carter ha affrontato la vita, come ognuno di noi. I suoi pazienti prima di tutto. Poi un’epidemia di vaiolo, un accoltellamento, il ruolo di responsabile del pronto soccorso, il volontariato in Africa, l’apertura di una clinica dedicata alle malattie infantili. E molti altri avvenimenti che non basterebbe un libro per contenerli tutti, perché questo personaggio è stato una fonte inesauribile d’ispirazione, di altruismo e di dolcezza.

4) Il realismo e l’empatia

Per comprendere l’impatto culturale che questa serie tv ebbe sugli spettatori di tutto il mondo dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Infatti, poco dopo la messa in onda della prima stagione (era il 1994) le iscrizioni alle facoltà universitarie di medicina ebbero un’impennata, mentre i candidati ai colloqui dicevano di voler diventare come i medici di E.R. Un’intera generazione era entrata in sintonia con i personaggi e le loro storie, commuovendosi di fronte ai casi più tragici e gioendo quando un intervento andava a buon fine.

Era impossibile non empatizzare con i pazienti, perché ognuno di noi almeno una volta nella vita si è trovato tra le mura di un ospedale. Per assistere o per essere assistito. Abbiamo tutti respirato quell’aria di disperazione ma anche di speranza che si aggira invisibile tra i reparti. È una sensazione che conosciamo e che nella serie viene rappresentata così com’è, nuda e cruda.

Non solo il pubblico, però, ma anche la critica ha riempito questo medical drama di elogi e di premi, soprattutto per l’accuratezza nel presentare i quadri clinici e la precisione della terminologia medica. Quando si guarda E.R. si viene travolti da tante parole nuove che con il passare degli episodi impariamo a riconoscere e ad abbinare a una determinata patologia o situazione. Da spettatori abbiamo il privilegio di entrare in una sala operatoria, di guardare il funzionamento dei nostri organi interni proiettati su di uno schermo. Osserviamo l’attrezzatura medica, i nomi dei farmaci e dei macchinari. Vediamo il cuore che riparte dentro la cassa toracica di un paziente. Vediamo la vita che ricomincia e di cui possiamo sentirne il suono. Un’esperienza meravigliosa e indimenticabile.

5) Gli episodi dedicati a una singola patologia

Per quanto riguarda questo punto cercheremo di non fare spoiler, anche se gli episodi dedicati a una singola patologia sono tra i più belli ed emozionanti di E.R. Chi ha visto la serie ricorderà, ad esempio, la presenza di alcuni attori guest star che hanno impersonato pazienti con una specifica malattia grave o degenerativa. Oltre all’interpretazione attoriale da voto 10, però, queste puntate rivelano anche la precisione con cui gli sceneggiatori e i registi hanno studiato i disturbi psico-fisici presi in esame.

Tanto da far credere a noi spettatori di avere davanti agli occhi una ricca e dettagliata enciclopedia medica, di cui possiamo aprire una pagina a caso e leggere i sintomi e le possibili cure di una determinata patologia. SLA, cirrosi epatica, leucemia, ictus cerebrale, Parkinson, schizofrenia e molto altro ancora. Il corpo umano è un organismo attivo, affascinante e delicato. È sufficiente una piccola disarmonia per farlo soffrire e per portarlo a un passo dal suo spegnimento. Perciò l’insegnamento che traiamo da questi episodi è che bisogna essere attenti, cauti e coccolarlo più che si può, senza sottovalutare la sua imprevedibile fragilità. Quindi ora ci rivolgiamo a tutti coloro che non hanno visto E.R.. Credeteci se vi diciamo che anche solo queste puntate valgono la visione e l’ammirazione dell’intera serie.

6) La lungimiranza degli argomenti trattati

Ray con un paziente sordomuto
Credits: Warner Bros.

Uno dei personaggi di E.R. è affetto da AIDS. Un altro invece è omosessuale. E poi ci sono medici con famiglie monogenitoriali, parenti dei protagonisti tossicodipendenti o affetti da malattie psichiatriche. C’è la critica al sistema sanitario (di cui vi abbiamo parlato poco sopra), il dibattito sul diritto alla scelta quando un paziente si trova in fin di vita, l’eutanasia. È giusto che un minorenne alla soglia del suo diciottesimo compleanno e con una malattia in fase terminale non possa decidere della propria condizione ma debba farlo un genitore? Deve esserci un legame di sangue per ottenere l’ordine di non rianimare un paziente? O spesso chi ci è stato sempre accanto è anche l’unico o unica che può conoscere le nostre ultime volontà, a prescindere dalla parentela?

Perché in alcuni luoghi del mondo come l’Africa si muore per malattie che nella ricca società occidentale sono perfettamente curabili? Le coppie omossessuali hanno diritto ad avere figli? Si può appartenere a una famiglia aristocratica multimilionaria, ma decidere ugualmente di lavorare e di donare il proprio tempo e le proprie risorse al prossimo? Come comunicare con un bambino piccolo o un ragazzo sordomuti? E se una donna vuole abortire, mentre un’altra invece partorisce ma cade vittima di depressione post-partum? Erano gli anni ’90 e poi gli anni ’00. Potremmo andare avanti all’infinito nel citarvi pezzetti di realtà analizzati durante le quindici stagioni di E.R. Può esserci un’opera più lungimirante e attuale di così?

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