Verso il Conclave. Ora c’è anche il comignolo. Smentito il malore di Parolin
Il Vaticano: "Lo svenimento? Fake news". Puljic potrebbe votare a Santa Marta. Dalle schede ai fumogeni colorati: liturgie e sorprese nella Cappella Sistina.

di Nina Fabrizio
CITTÀ DEL VATICANO
Si è parlato anche della “contro testimonianza” degli abusi sessuali e degli scandali finanziari alle congregazioni pre-conclave di ieri cui ha continuato a prendere parte come nulla fosse anche il cardinale peruviano Juan Luis Cipriani, non elettore, sanzionato da Francesco per abusi e ancora influente esponente dell’Opus Dei. Sono stati in tutto 180 i cardinali riuniti, di cui oltre 120 elettori. Per raggiungere il numero dei votanti, 133, ne mancano ancora quattro.
Ieri alle Congregazioni c’era anche il cardinale Pietro Parolin, il favorito del Conclave, che è stato al centro di un giallo per un presunto svenimento dovuto a un calo di pressione. La Sala Stampa vaticana ha seccamente smentito la circostanza e chi ha potuto vedere il cardinale ieri mattina lo ha trovato in ottima forma. I rumors sono però il segnale che il pre-Conclave sta entrando in una fase di forti manovre, con gruppi e partiti che tentano di giocare la carta di una presunta salute inferma per azzoppare la candidatura di un favorito come Parolin, accreditato come moderato ma comunque troppo in continuità con Francesco secondo il fronte più tradizionalista e conservatore.
Altro caso che ha tenuto banco quello del cardinale bosniaco Vinko Puljic, arcivescovo emerito di Sarajevo, 80 anni a settembre. Nonostante sia molto malato è riuscito in questi giorni a raggiungere il Vaticano ma potrebbe votare non dalla Cappella Sistina ma dalla residenza riservata agli elettori, Santa Marta, distante meno di un chilometro, grazie all’ausilio degli “infirmarii”, assistenti previsti dalla costituzione Universi dominici gregis, anche loro naturalmente tenuti al giuramento.
Intanto, mentre scatta il countdown per il Conclave del 7 maggio, hanno messo il turbo i lavori per preparare la Sistina, ogni anno visitata da milioni di persone (lo stop alle visite è scattato domenica), ad accogliere le porpore. Dopo la messa a terra della pavimentazione e del sistema audio, ora è il turno dell’allestimento delle due stufe, una in ghisa risalente al 1939 che serve a bruciare le schede scrutinate. E l’altra, più moderna, aggiunta nel 2005, che è quella dove vengono bruciati i fumogeni che conferiscono il caratteristico colore nero o bianco alla fumata. I vigili del fuoco vaticani hanno fatto capolino ieri mattina sul tetto della sistina intenti a sistemare il comignolo su cui saranno puntati gli occhi del mondo in vista dell’Habemus Papam. Il costume di bruciare le schede è ormai entrato nell’immaginario collettivo ma pochi ricordano che lo scopo originario della combustione è eliminare ogni traccia del voto in modo che tutta l’operazione di elezione del nuovo Pontefice rimanga avvolta nel più completo segreto.
La tradizione risale al 1800, quando il popolo romano si radunava davanti al Quirinale (il Vaticano di oggi) per assistere alla fumata, anche se all’epoca non c’era la distinzione attuale dei colori e si usava anche il giallo. Il primo uso di fumo bianco per segnare un’elezione riuscita e di fumo nero per un’elezione fallita risale al Conclave del 1914, che terminò con l’elezione di Benedetto XV. Nel Conclave del 1958, che elesse Giovanni XXIII, al secolo Roncalli, addirittura, l’incertezza del colore e la discontinuità delle prime fumate diventarono indizi per una teoria complottista secondo la quale, in realtà, ad essere eletto sarebbe stato il cardinale genovese Giuseppe Siri che avrebbe scelto il nome di Gregorio XVII e sarebbe poi stato costretto a rinunciare alla nomina.