Tutti pazzi per il true crime. Se è falso, meglio

Negli Usa una serie spacciata per vera ma completamente creata dall’Ia. L’autore: "È solo spettacolo travestito da notizia, ormai un genere a sé"

Mar 8, 2025 - 08:13
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Tutti pazzi per il true crime. Se è falso, meglio

Lo scorso agosto Elizabeth Hernandez, reporter del Denver Post, si è imbattuta in un video su Youtube intitolato “Husband’s Secret Gay Love Affair with Step Son Ends in Grisly Murder”. Con quasi 2 milioni di visualizzazioni, in 26 minuti il video raccontava in modo accattivante di un cruento omicidio avvenuto a Littleton, Colorado, proprio dove risiede la reporter. Hernandez si è subito domandata come fosse possibile che la notizia non si trovasse da nessun’altra parte – incluso lo stesso Denver Post. Non ci è voluto molto per scoprirlo: la notizia era falsa e il video, caricato dal canale “True Crime Case Files”, era stato creato con l’intelligenza artificiale generativa. L’effetto domino è stato immediato: il canale, in rapidissima ascesa su YouTube, è stato chiuso poco dopo dalla piattaforma. Tutti i video, presentati come episodi di “true crime” e con centinaia di migliaia di visualizzazioni, erano storie inventate.

La storia potrebbe sembrare l’ennesimo episodio di contenuti online generati dall’Ia e spacciati per veri. Ma c’è di più. Aprendo un’inchiesta sul caso, 404 Media è riuscita a intervistare l’amministratore di “True Crime Case Files” che, utilizzando lo pseudonimo Paul per mantenere l’anonimato, ha spiegato come questa sua operazione avesse uno scopo ben preciso. "C’era motivo di chiamarlo true crime, perché il true crime è un genere – ha dichiarato –. Volevo che il pubblico riflettesse sul perché: perché è così importante che queste storie siano vere, perché ha tutta questa importanza che queste storie raccontino di persone in carne e ossa che sono state ammazzate?". Secondo Paul, nessuno avrebbe guardato i suoi video se avesse saputo a prescindere che erano storie false. Allo stesso tempo, nessuno guardandoli si è accorto che lo fossero, apparentemente. "Il true crime è spettacolo travestito da notizia – ha detto a 404 Media –. È solo questo".

Nonostante i “nomi assurdi dei personaggi” e i dettagli “bizzarri” delle storie, scritte quasi interamente da ChatGPT, le sezioni commenti del canale dimostravano che i video venivano presi sul serio. Le storie erano disturbanti, spesso “ipersessuali”. "Cercavo di dare una dose eccessiva di oscenità allo spettatore – ha spiegato Paul –. Volevo metterlo di fronte al fatto che è proprio quell’oscenità che lo coinvolge così tanto". Che siano vere o no, a quanto pare. Secondo Paul, il true crime è una forma di spettacolo ormai: "Gli spettatori non lo guardano per essere informati, lo fanno per intrattenimento – ha detto –. È quasi diventato un passatempo nazionale ormai, le persone lo guardano passivamente e non si chiedono neanche “Perché questa violenza ci piace così tanto?“"”.

La questione non riguarda solo gli Stati Uniti. L’ascesa della popolarità del genere true crime riguarda moltissimi paesi, tra cui l’Italia, dove i podcast di cronaca nera “vera“ sono secondi per ascolti solo a quelli che raccontano storie di vita. Allo stesso modo, da tempo è diffusa la polemica attorno a problemi intrinseci del genere: dalla ri-vittimizzazione di persone che hanno già sofferto, fino al fenomeno del turismo dell’orrore, serie e podcast true crime sono stati più volte oggetto di discussione per certe conseguenze che possono scatenare.

Casi emblematici, nel bene e nel male, le fiction true crime della serie Monster di Ryan Murphy, su Netflix: se La storia di Lyle ed Erik Menendez, nel 2024, ha portato addirittura a chiedere la revisione del caso dei due fratelli condannati all’ergastolo, di contro Dahmer, nel 2022, venne travolta da diverse ondate di critiche, a partire dai parenti delle vittime delserial killer, che definirono la produzione un’operazione “insensibile” che “sfrutta il loro dolore”. Gli esempi potrebbero essere infiniti – vedi il recente ennesimo grande successo anche su Netflix Italia di American Murder: il caso Gabby Petito – e l’amministratore di “True Crime Case Files” è convinto che l’etica delle sue azioni risieda proprio in questa zona grigia in cui inevitabilmente si colloca il genere. Secondo lui, ciò che ha fatto non è peggio di ciò che normalmente fa il true crime di per sé. Anzi. Secondo Paul i suoi video fake sono “migliori”: "Almeno non sfruttano le storie reali di vittime reali per un profitto", ha dichiarato.