Trump scuote l’albero ma i frutti vanno altrove
Nonostante l'incertezza geopolitica, le Borse godono di ottima salute. E i mercati sono pronti a monetizzare la fine dei conflitti L'articolo Trump scuote l’albero ma i frutti vanno altrove proviene da Economy Magazine.

«C’è un nuovo sceriffo in città». Così J.D.Vance, neo vicepresidente Usa, si è presentato al vertice di Monaco di Baviera, la città, già sede nel 1938 del meeting tra le grandi potenze, salutato all’epoca come l’occasione della grande pace per poi rivelarsi una tappa fatale sulla strada che condusse alla guerra mondiale.
Ma, con buona pace di Giovan Battista Vico, i corsi ed i ricorsi storici sono più un’eccezione che non la regola delle relazioni internazionali. Così il mondo, preoccupato ma non troppo per l’atteggiamento della Casa Bianca, si prepara al confronto tra i protagonisti della nuova stagione degli equilibri mondiaii. Anche se quel che si profila all’orizzonte non sembra essere un lungo periodo di pace nel segno di Donald Trump ma piuttosto una fase geopolitica instabile e fragile che potrebbe tornare tesa da un momento all’altro.
I mercati, impegnati a monetizzare i frutti della fine dei conflitti in Ucraina, potenziale Eldorado delle terre rare, e a Gaza, pur improbabile nuova riviera del Mediterraneo, sembrano per ora propensi a sposare la prospettiva di un dopoguerra all’insegna del business, seppur condizionato dall’aumento della spesa pubblica per armamenti e dall’incognita dei dazi. Ma la presenza di Trump alla Casa Bianca garantisce che l’Europa non potrà sottrarsi, come fece con la prima amministrazione del tycoon, a queste maggiori spese rese possibili dall’uso sistematico delle tariffe bilaterali sugli scambi commerciali, simbolo esplicito del nuovo mondo post-global così come piace al “nuovo sceriffo”.
“Le ultime settimane hanno fornito un duro promemoria sulle vulnerabilità dell’Europa” considerando “la sua dipendenza dalla domanda estera”, ha sostenuto Mario Draghi in un recente articolo sul Financial Times. Solo un cambio di rotta radicale, ha scritto l’ex presidente della Bce potrebbe consentire alla Comunità di Bruxelles di invertire la rotta abbattendo le barriere interne “che equivalgono al una tariffa del 45 per cento sulla produzione e del 110 sui servizi”.
Parole sagge che non hanno trovato finora orecchie attente nel Vecchio Continente, impegnato a cercare una risposta al diktat della nuova amministrazione Usa. E così, anche in presenza di un prossimo futuro ancora instabile in Medio Oriente e in Ucraina, si fa strada la prospettiva un dopoguerra all’insegna dell’inflazione alimentata dall’aumento della spesa pubblica per armamenti. La presenza di Trump alla Casa Bianca garantisce che l’Europa non potrà sottrarsi, come fece con la prima amministrazione Trump, a queste maggiori spese. Inoltre, i dazi Usa sembrano destinati a scatenare ovunque risposte monetarie e fiscali espansive in grado di compensare la perdita di export verso gli Stati Uniti. Questi ultimi, ovviamente, dovrebbero a loro volta produrre di più per compensare le minori importazioni.
Se poi i dazi dovessero risultare alla fine più bassi del temuto, l’effetto espansivo sarebbe ancora maggiore, perché le politiche di stimolo verranno attuate comunque. Insomma, la scure brandita dal presidente Usa potrebbe mettere in moto la reazione degli altri attori della scena geopolitica, con il risultato di rimuovere molti ostacoli secolari. Lo sceriffo Trump senz’altro scuoterà l’albero, ma una buona parte dei frutti potrebbe essere raccolta dagli altri Paesi.
Si spiega in questo modo l’ottimo stato di salute delle Borse di fronte all’attuale incertezza geopolitica e, per quanto riguarda le economie europee, dei dati congiunturali deboli. Nonostante la continua caduta della produzione industriale italiana (in calo da 35 mesi di fila) l’indice delle blue chips ha segnato a metà febbraio il diciassettesimo record del 2025 con un bilancio provvisorio sui massimi da fine 2007 (+11% da inizio anno). I multipli del mercato italiano sono aumentati, con il P/E ratio ad un anno che ha raggiunto quota 11volte, con i mercati che hanno mostrato un forte inizio su una base di utili essenzialmente invariata. In questo contesto sono destinati ad inserirsi i dividendi positivi in arrivo per i titoli finanziari.
Il mercato italiano, dunque, sembra avere ancora del potenziale di rialzo considerando lo sconto nei multipli a cui viene scambiato rispetto alle controparti europee ed internazionali. Senza dimenticare l’effetto dell’esito della ristrutturazione del sistema in piena evoluzione. Al contrario, tarda la ripresa di industriali e prodotti di consumo.
Non a caso il report di Intermonte dedicato alle prospettive dei mercati titola ”l’Italia è tornata nel radar degli investitori”. Il BTP sta scalando posizioni nei confronti dell’OAT francese, del Gilt britannico e anche dello stesso Bund tedesco. Se il debito italiano attrae di più, perché viene ritenuto sostenibile e relativamente tranquillo, se ne avvantaggia anche l’azionario.
La discesa dello spread, da 170punti base degli inizi di gennaio 2024 a 110 di fine dicembre dello stesso anno (107 a metà febbraio) ha portato a quello che nel gergo del mercato si chiama Re-rating dei multipli. Piazza Affari è passata negli ultimi dodici mesi da un Price-Earnings (sull’anno seguente) di 9 volte a 10,6 volte. Insomma il gap valutativo con le borse dell’Europa si è ridotto ma Milano resta a sconto su quelle di Parigi, Londra e Francoforte, per non parlare di Wall Street.
Anche la Borsa tedesca vanta una lunga serie di massimi registrati nell’ultimo anno nonostante la delicata congiuntura dell’auto, forse la prima emergenza su cui andrà valutata la capacità di reazione della Ue.
E che dire di Parigi, trascinata dalle performance del lusso? L’indice EuroStoxx Luxury si porta sui massimi da circa un anno e in prossimità del suo record storico. La folgorante partenza d’anno ha sorpreso molti investitori che si aspettavano ricadute negative sui livelli di spesa derivanti dalla lenta ripartenza cinese, dai timori di guerra commerciale e dal deterioramento del quadro macro a livello globale. i colossi del luxury hanno evidenziato una resilienza impressionante nelle vendite e nella capacità di conservare i margini di guadagno. Ne deriva che l’indice Stoxx Luxury è cresciuto da inizio anno a metà febbraio del +13,40% vs +9% dell’indice globale Stoxx 600 ed è il secondo miglior settoriale finora, superato soltanto dalle Banche (Stoxx Banks +15%).
Per chi ha un po’ di coraggio, quello cioè di sopportare il rischio di una rottura tra Cina e America), la Borsa di Shangai potrebbe offrire quest’anno un ritorno ancora maggiore di quelle europee, unito per giunta a un forte apprezzamento del renminbi. Basterebbe comunque, per avere un buon rapporto tra rischi e opportunità, dividere a metà l’investimento tra Europa e Cina. DeepSeek, la risposta di Pechino ai primati nell’Intelligenza Artificiale Usa ha raggiunto i vertici nei download gratuiti dell’App Store di Apple dopo aver rilasciato modelli di intelligenza artificiale in grado di superare i migliori d’America nonostante siano costruiti a un costo inferiore e con chip meno potenti: solo due mesi e mezzo di lavoro e sei milioni di dollari. Ma DeepSeek non è l’unica azienda cinese che sta facendo progressi. Ad esempio, c’ la startup 01, mentre la società madre di TikTok, ByteDance, ha rilasciato mercoledì scorso un aggiornamento del suo modello che afferma di superare 01 di OpenAI in un test di benchmark chiave. Il presidente cinese Xi Jinping ha recentemente partecipato ad un incontro con importanti leader del settore privato, tra cui Jack Ma, cofondatore di Alibaba, già in disgrazia. .
Non si può trascurare l’oro salito a ridosso dei 3 mila dollari l’oncia, con un balzo del prezzo del 40% in poco più di un anno. Nelle sole sette settimane del 2025, la crescita è stata di quasi il 10%. A sostenere l’ascesa del metallo giallo è stato in particolare l’atteggiamento di alcune banche centrali che stanno comprando più oro del solito per accumularlo nelle riserve, in gran parte al posto dei dollari: soprattutto quelle di Polonia, Cina, India, Turchia. L’obiettivo è di proteggersi dagli effetti dell’inflazione, dell’espansione del debito Usa e l’eventuale svalutazione del dollaro. Ma per ora l’unico vero nemico di Trump sono …le uova schizzate di prezzo all’insù per l’epidemia di aviaria che ha investito le uova Usa, elemento base della colazione più gradita allo sceriffo.
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