“Sul Web la manipolazione, l’assenza di regole e freni portano alla diffusione di balle letali. I Marlene Kuntz? Siamo molto in forma”: parla Cristiano Godano

Cristiano Godano pubblica il nuovo album solista “Stammi accanto”, il 4 aprile. In tutto otto brani inediti tra cui “Dentro la ferita” con Samuele Bersani. Il disco verrà presentato live in tour da Cristiano Godano accompagnato dai Guano Padano dall’8 aprile. Il cantautore si è aggiudicato la targa Gran Torino del Premio Buscaglione 2025 che […] L'articolo “Sul Web la manipolazione, l’assenza di regole e freni portano alla diffusione di balle letali. I Marlene Kuntz? Siamo molto in forma”: parla Cristiano Godano proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 31, 2025 - 13:00
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“Sul Web la manipolazione, l’assenza di regole e freni portano alla diffusione di balle letali. I Marlene Kuntz? Siamo molto in forma”: parla Cristiano Godano

Cristiano Godano pubblica il nuovo album solista “Stammi accanto”, il 4 aprile. In tutto otto brani inediti tra cui “Dentro la ferita” con Samuele Bersani. Il disco verrà presentato live in tour da Cristiano Godano accompagnato dai Guano Padano dall’8 aprile. Il cantautore si è aggiudicato la targa Gran Torino del Premio Buscaglione 2025 che ha ritirato al Supermarket Club di Torino. Dopo oltre 30 anni di carriera come leader dei Marlene Kuntz, Godano rassicura: “Siamo molto in forma. A maggio inizierà il nostro giro di concerti con un’orchestra vera e propria”.

Perché nonostante lo slogan “andrà tutto bene” ai tempi del Covid, ci ritroviamo “nuovamente in n un mondo e una società impaurita immersa in conflitti sociali e guerre?
Sarebbe una domanda adatta per un sociologo, quale non sono. Nel testo quella vastità di cui parlo si riferisce alla mia persona e non al contesto sociale. In ogni caso, per tentare una risposta: i miei lamenti nei confronti della brutta deriva di questo mondo si riconducono in genere e quasi sempre a Internet e alla sua affermazione. Per quanto banale possa apparire come risposta, nulla me lo può togliere dai miei convincimenti. Ovviamente Internet è prima di tutto una invenzione magnifica, e se fosse stata coltivata dalle forze del bene, di cui l’uomo può essere capace, avrebbe potuto risolvere vari problemi dell’umanità. Ma è in realtà una gabbia nella quale ci ritroviamo, guidati da un capitalismo della sorveglianza (Bezos, Zuckerberg, Musk, Thiel, Page, Brin, con tre o quattro di loro schierati in quella foto all’insediamento di Trump che credo diventerà tristemente iconica) che ci ha condotti, con il battaglione degli algoritmi che presiedono alla nostra vita, da loro addestrati, al degrado in cui siamo, pericoloso e forse letale (in una mia risposta successiva spiegherò un po’ meglio il perché di questo degrado). Mi pregio di raccontare questa mia avversione per questi signori da almeno sei/sette anni a questa parte, e purtroppo i fatti mi stanno dando ragione. In Internet ci siamo abituati alla sintesi che lo scrolling a cui siamo avvinti quotidianamente ci obbliga: in linea con Byung-Chul Han so che il dibattito in rete non esiste. Esiste la frenesia del nostro metterci in vetrina esibendo noi stessi in una specie di solipsismo lobotomizzante. Non esiste la democrazia (antica illusione dei primordi della rete, alla quale a dire il vero non ho mai creduto se non ai suoi inizi) e per derivazione non esiste la coltivazione della cultura come bene da diffondere, nonostante le migliaia di siti fantastici che ne sono impregnati: in questo senso penso che gli ideali possano esser stati schiacciati da queste esigenze del capitalismo, che ci vuole dentro la rete per motivi unicamente consumistici. A costo di quel degrado cui ho accennato. Ma, ripeto, non sono un sociologo

“E c’è una stanca vastità di illusioni e ideali” in “Stammi accanto”, che fine hanno fatto oggi? E perché ormai sono quasi scomparsi?
Per me si ritorna a Internet: le possibilità manipolatorie, l’assenza di regole e freni alla diffusione di balle letali. Pensiamo al negazionismo climatico: da una parte il 99% della comunità scientifica che non sa più come dirci che stiamo andando a sbattere, dall’altro una narrazione fraudolenta alimentata dal business di chi avrebbe tutto da perdere da una transizione ecologica, che nega che il cambiamento climatico sia a causa dell’uomo. La rete foraggia la propagazione delle balle, fra cui questa, perché ai capitalisti interessa solo una cosa: che noi passiamo le ore nei nostri cellulari a produrre i dati coi quali verremo profilati per la loro ricchezza fuori controllo. E siccome le balle alimentano il parapiglia fra la gente, ecco che ci ritroviamo costantemente lì dentro sempre più incattiviti e gli uni contro gli altri. E nel frattempo stiamo andando bellamente a schiantarci. La manipolazione e l’assenza di regole, dicevo, hanno secondo me permesso, alimentandola, l’esplosione incontenibile di un disagio sociale evidente, che è connesso con la degenerazione stessa del capitalismo. Sempre più una fetta consistente della ricchezza globale è concentrata nelle mani di un gruppo ristrettissimo di persone, le popolazioni impoverite ne soffrono senza saper attribuire le colpe a chi le ha, e gli algoritmi incoraggiano la piega verso gli autoritarismi e i tecnofascismi, detto in sintesi brutale. L’argomento in realtà meriterebbe frasi meno lapidarie e connessioni date meno per scontate. E comunque lo ripeto, non sono un sociologo.

“Ho dato un nome al mio demone”, si ascolta in “Dentro La Ferita”, chi è il tuo demone?
Giusto poco fa mi sono imbattuto in un reel di Moby, che dice di essersi innamorato della musica nel momento in cui è nato. Io non so se pure il mio demone sia stato così intraprendente con me, ma so per certo che i 45 giri che comprava mia madre quando avevo 5 o 6 anni erano per me oggetti magici e di fascino incomparabile. E non per il feticcio in sé, ma per la musica in essi contenuta. Ho inseguito il sogno del rock con una passione stupefacente e una volitività commendevole, e ho voluto fortemente che la mia vita non fosse quella che capita a quasi tutti: una accettazione fatale delle regole del gioco, nella fattispecie timbrare ogni giorno un cartellino, reale o metaforico che sia, per stare irregimentati nella griglia sociale. Mi è andata bene e ho potuto vivere una vita coi ritmi scelti da me: mi sono fatto il culo tutte le volte che serviva, e sono state e sono tuttora tantissime, e mi sono gestito la vita in un modo personale. Quindi ho avuto la fortuna di poter inseguire il mio demone, la musica (e per derivazione la scrittura), che ha saputo come farsi notare presso la mia sensibilità ricettiva.

In “Ti parlerò” è citato Satana. Chi è il Satana di oggi, secondo te, e perché?
I novelli dittatori, tra effettivi e aspiranti tali, e il capitalismo della sorveglianza sono per me i due Satana della nostra contemporaneità. Sono del ’66 e ho avuto la fortuna di vivere in un contesto sociale potenzialmente ideale, penso di poter dire fra i migliori che il percorso dell’umanità ha dipanato nei secoli. E stando al di qua del senso di colpa per me un po’ assurdo che sta dilagando, che fa guardare a Est pur di immaginare di espiare le colpe, che ovviamente so riconoscere, del nostro emisfero, inserito in un sistema complesso quale la dimensione sociale internazionale con tutti i suoi intrecci (come se solo noi fossimo i cattivi), dico che temo fortissimamente la caduta possibile della democrazia. E dovrebbe essere chiaro a tutti i senzienti che perdere la nostra libertà di pensiero e della sua espressione sarebbe un dramma a cui non siamo abituati. E che vorrei non sperimentare mai. Né io né mio figlio.

Com’è nata la collaborazione con Samuele Bersani?
Ci conoscemmo sul set dei video che i Marlene girarono in Islanda all’epoca del nostro “Ricoveri virtuali e sexy solitudini”. Lui era al seguito dei Masbedo, gli autori dei nostri tre video, e si mescolò con noi addirittura aiutandoci sul set, cosa che apprezzai tantissimo. Non c’è molta speranza in quella canzone a dire il vero: c’è semmai una certa apparente leggerezza nel tentare di addomesticare un problema, quello dell’ansia, che riguarda sempre più tantissime persone. Il ritornello dice, fra altre cose: “Sono ancora qua a soffiare via l’ansia”. Per fortuna la canzone è stata scritta qualche anno fa, e quel soffio non lo sto più producendo perché ne è svanita la necessità. La speranza però c’è in “Eppure so”, il singolo, dove canto “Eppure so che devo continuare a sperare”. La speranza appare vitale in questo momento: sperare ci mantiene vivi, non sperare più ci mortifica nell’inazione e nello spavento dell’angoscia. Sperare è in qualche modo lottare.

Come stanno i Marlene Kuntz?
Siamo molto, molto in forma, e lo hanno dimostrato gli oltre cinquanta concerti fatti la scorsa stagione celebrando il trentennale del nostro primo disco, Catartica, dove sul palco esplodevamo come trent’anni addietro sorprendendo in primis noi stessi. A maggio inizierà il nostro giro di concerti con un’orchestra vera e propria: dalle bordate di Catartica alle raffinatezze dei violini mescolati alle chitarre elettriche, penso non si possa negare la nostra vitalità.

L'articolo “Sul Web la manipolazione, l’assenza di regole e freni portano alla diffusione di balle letali. I Marlene Kuntz? Siamo molto in forma”: parla Cristiano Godano proviene da Il Fatto Quotidiano.