Santosh, così il cinema indiano “mostra” unghie, classe e fascino indiscusso ma viene censurato in patria
C’è chi, non a torto, ha definito Santosh un Serpico al femminile. Certo è che il 2024 con il cospicuo afflusso produttivo occidentale (si veda anche Amore a Mumbai), e l’interesse del Festival di Cannes (Santosh era al Certain Regard e Amore a Mumbai in Concorso), una certa tendenza minoritaria del cinema indiano oltre regole, […] L'articolo Santosh, così il cinema indiano “mostra” unghie, classe e fascino indiscusso ma viene censurato in patria proviene da Il Fatto Quotidiano.

C’è chi, non a torto, ha definito Santosh un Serpico al femminile. Certo è che il 2024 con il cospicuo afflusso produttivo occidentale (si veda anche Amore a Mumbai), e l’interesse del Festival di Cannes (Santosh era al Certain Regard e Amore a Mumbai in Concorso), una certa tendenza minoritaria del cinema indiano oltre regole, consuetudini e discussi stereotipi dell’industria di Bollywood sta mostrando unghie, classe e fascino indiscusso. Titolo di punta del 34esimo Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina (FESCAAAL) in corso in questi giorni a Milano, Santosh, della regista Sandhya Suri, mostra tutti i limiti umani, morali, giudiziari di una polizia corrotta, violenta e omicida.
Siamo nel Nord rurale dell’India, dove la protagonista Santosh (Shahana Goswami) si trasferisce, come prevede un piano governativo, ereditando il lavoro dal marito poliziotto morto in scontri di piazza. Così se da un lato il film mostra nella prima mezz’ora un atto di importante emancipazione femminile, con Santosh che indossa i panni cachi dell’agente di polizia subito peraltro inflessibile; dall’altro, di fronte all’omicidio di una ragazzina della casta inferiore Dalit, e sotto la guida della severa collega Geeta Sharma (Sunita Rajawar), Santosh evita che il malumore della folla e dei parenti della vittima si tramutino in rivolta, ma soprattutto sembra trovare il colpevole in un giovane musulmano.
Pedinamento e arresto in borghese sfociano però in una tortura privata di alcuni sadici poliziotti – tra cui anche le due protagoniste – che ha risvolti ulteriormente drammatici. Senza mai far perdere un’inquadratura alla sua altera e determinata protagonista, una donna della classe media e di casta superiore, la regista e sceneggiatrice Suri orienta il racconto affinché la catarsi in divisa di Santosh si scontri con le storture endemiche del sistema di polizia che sacrifica sull’altare del proprio arrogante dispotismo altre categorie sociali (qui gli islamici trattati come paria). Di fondo l’obiettivo è quello di smitizzare l’immagine che Bollywood ha creato attorno alle forze dell’ordine, spesso giustificate nei loro atti di violenza gratuiti, come nella saga Cop Universe. Anche se, a dire il vero, Santosh è più l’illustrazione sofisticata di un “arazzo di pregiudizi” che un rozzo “dito puntato contro qualcosa”.
Allo stesso tempo il film di Suri vive di una poderosa, naturale arte del filmare che accenna linee esteriori del noir per poi riempirle di un realismo sociopolitico di robusta e vibrante intensità. Santosh rimane comunque un film invisibile al pubblico indiano. Perché proprio nei giorni dell’anteprima italiana al FESCAAAL di Milano la commissione censura indiana (CBFC) ha bloccato l’uscita del film in sala a causa della rappresentazione misogina, violenta e islamofobica della polizia indiana. Alla produzione è stato chiesto di tagliare intere sequenze. Richiesta alla quale Suri e il team produttivo (britannico-tedesco-francese) hanno risposto picche. “È stata una sorpresa per tutti noi perché non ritenevo che queste questioni fossero particolarmente nuove per il cinema indiano o che non fossero state sollevate in precedenza da altri film”, ha spiegato la regista angloindiana che vive a Londra. “Per me era molto importante che il film venisse distribuito in India, quindi ho cercato di capire se c’era un modo per farlo funzionare. Ma alla fine è stato semplicemente troppo difficile fare quei tagli e avere un film che avesse ancora senso”. Santosh è stato il candidato a Miglior Film Internazionale per la Gran Bretagna agli Oscar 2025. Verrà proiettato alla Cineteca Milano Arlecchino venerdì 28 marzo alle 21 e domenica 30 marzo alle 13.
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