Sanremo specchio del paese? In pochi minuti si è visto cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe fare

Terza serata un po’ più vivace in cui, visto che la dedica è alle donne, si conferma un dato. Le donne o sanno cavarsela da sole come Miriam Leone, che spigliata e naturale porta in scena solo sé stessa, oppure se si affidano ad altri finiscono in trappola, come dimostra la recita da oratorio preparata […] L'articolo Sanremo specchio del paese? In pochi minuti si è visto cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe fare proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 14, 2025 - 10:40
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Sanremo specchio del paese? In pochi minuti si è visto cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe fare

Terza serata un po’ più vivace in cui, visto che la dedica è alle donne, si conferma un dato. Le donne o sanno cavarsela da sole come Miriam Leone, che spigliata e naturale porta in scena solo sé stessa, oppure se si affidano ad altri finiscono in trappola, come dimostra la recita da oratorio preparata per Katia Follesa felice di sposare Simon Le Bon. Ma ciò che Sanremo può essere di bello e ciò che non dovrebbe fare per essere davvero quello specchio del paese di cui tanto si parla, si è visto ieri sera nello spazio di una manciata di minuti.

All’improvviso Conti porta sul palco un ragazzino che sa tutto sul festival, sulla storia di Sanremo dalle origini a oggi. Il ragazzino risponde esattamente alle domande del conduttore e anche a quelle che gli propone a sorpresa qualche vip della platea (per dimostrare che non c’è trucco, ma pensa un po’…). Meraviglia, congratulazioni, applausi, ma che significa tutto ciò? Cosa rappresenta? Una stravaganza, una bizzarria, non certo significativa della vita degli italiani, l’inutile esibizione di una particolare attitudine, che Conti tende pericolosamente a ripetere, come quando anni fa esibì un padre di famiglia di una dozzina di figli o un signore che non aveva mai fatto un giorno di vacanza in tutta la sua vita lavorativa.

Pochi istanti dopo invece arriva il gruppo del Teatro patologico, uno dei vari esperimenti, per fortuna diffusi nel paese, di uso della recitazione come alternativa nell’universo del disagio e della disabilità. Nonostante qualche eccesso di protagonismo del direttore della nobile impresa, si apre sul palco dell’Ariston uno squarcio di vita vera, di confusione, di ingenuità, di ricerca della felicità.

Il teatro fatto in questo modo è una bomba, dicono gli attori: ed è proprio quello che sosteneva Antonin Artaud quando paragonava il teatro alla peste. Capita che contagi anche il festival. Pare che l’idea sia merito di quel simpaticone non privo di talento di Leonardo Pieraccioni.

Grazie per averci ricordato che il paese è anche questo, oltre naturalmente all’impettito capitano dell’immancabile Amerigo Vespucci.

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