Ricercatori scoprono una nuova specie di farfalla e la dedicano a Giulio Regeni: è la Diplodoma giulioregenii

Il coordinatore del team: "Volevamo dare un contributo per tenere viva l’attenzione sulla ricerca della verità e un segnale alla famiglia" L'articolo Ricercatori scoprono una nuova specie di farfalla e la dedicano a Giulio Regeni: è la Diplodoma giulioregenii proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 16, 2025 - 09:17
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Ricercatori scoprono una nuova specie di farfalla e la dedicano a Giulio Regeni: è la Diplodoma giulioregenii

L’immagine di Giulio Regeni sarà associata a quella di una farfalla. A lui un gruppo di ricercatori calabresi del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) ha dedicato la scoperta della Diplodoma giulioregenii, una nuova specie di farfalla identificata per la prima volta in provincia di Cosenza. “Abbiamo scelto il nome pensando a quanto aveva subito Giulio Regeni – ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Stefano Scalercio, ricercatore Crea alla guida del team, che ha scoperto l’insetto insieme a Sara La Cava, ricercatrice Crea e dottoranda all’Università della Calabria -. Nel nostro gruppo di lavoro alcuni dottorandi hanno più o meno la sua età, abbiamo pensato alla sua carriera stroncata dalle torture, volevamo dare un contributo per tenere viva l’attenzione sulla ricerca della verità e un segnale alla famiglia: il mondo della ricerca non è insensibile al dramma che li ha colpiti”.

La scelta del nome e il caso Regeni – Il lavoro è stato articolato in diverse fasi, è durato circa due anni ma i primi rinvenimenti risalgono al 2016 e sono avvenuti nei boschi della Sila e della Catena costiera, nell’Appennino calabro, dove attraverso trappole luminose in mezzo a castagneti e aree miste di pino e faggio, sono stati individuati tre esemplari mai classificati prima. “Scoprire una nuova specie è sempre una grande emozione, perché si riesce a dare un’identità a un organismo vivente che prima non l’aveva – spiega Scalercio – la scelta del nome poi dipende anche dalle contingenze, in questo caso ci ha scosso l’arrivo di nuove testimonianze sulle atrocità subite da Giulio Regeni, sul cui caso siamo sempre stati sensibili”. La decisione sull’onomastica è avvenuta tra novembre e dicembre sull’ondata delle notizie che arrivavano dalle nuove udienze del processo. In quei giorni, ad esempio, per la prima volta i giudici della Corte d’assise di Roma ascoltavano in forma protetta le rivelazioni di un teste arrestato insieme al ricercatore di Cambridge: “Ho sentito quando Giulio veniva torturato, si lamentava e parlava in arabo – aveva raccontato -. Ci hanno legato le mani, picchiato, hanno usato l’elettroshock”. Immaginando le atrocità subite da un collega, il dolore provato dalla famiglia, il team ha sentito la molla scattare. “Abbiamo pensato fosse il momento di aiutare il ricordo di Giulio affinché non si arresti la ricerca della verità, non si può accettare che una persona andata in Egitto per apportare un contributo alla conoscenza abbia fatto questa fine”, dice Scalercio. A quel punto, dopo l’ok della famiglia di Giulio, la denominazione è diventata ufficiale.

La farfalla e il gruppo di ricerca – Non si conosce ancora tutto della farfalla dedicata a Giulio Regeni, ma si sa che la diplodoma vive in diversi tipi di boschi, si nutre di muschi, licheni o foglie appassite ed è molto piccola, ha un’apertura alare intorno al centimetro e mezzo, il che la rende particolarmente difficile da avvistare. Uno degli aspetti più curiosi e ancora da comprendere della famiglia a cui appartiene è il modo in cui diventa farfalla: “Il bruco si sviluppa all’interno di un astuccio larvale, che cresce insieme al bruco, come fosse la chiocciola di una lumaca, che si costruisce da sé attraverso pezzi vegetali”. Pubblicata sulla rivista internazionale Zootaxa, la scoperta della Diplodoma giulioregenii è avvenuta nell’ambito del progetto National biodiversity future centre, finanziato con i fondi del Pnrr e che coinvolge centinaia di ricercatori da enti di tutta Italia. Lo scopo è da un lato conoscere la biodiversità del territorio e analizzarla, dall’altro condurre valutazioni sulla qualità dell’ambiente, sulla gestione delle foreste e avviare diversi filoni di ricerca sulle molecole di origine naturale rinvenute. Il gruppo Crea è composto da quattro persone di cui tre sono attualmente anche dottorandi dell’Università della Calabria, avrà finanziamenti fino a dicembre 2025. “Speriamo di riuscire a portare avanti le missioni per molti anni – spiega Scalercio – l’Italia meridionale, e in particolar modo la zona della Sila, sono tra le zone d’Europa in cui la biodiversità è più elevata ed è più frequente trovare nuove specie”.

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