Quale velivolo da pattugliamento marittimo per l’Italia?

Ad oggi Aeronautica (e Marina) dispongono di quattro velivoli Mpa (Maritime Patrol Aircraft): i P-72A in dotazione all’88° Gruppo inquadrato nel 41° Stormo di base a Sigonella. L'articolo di Giovanni Martinelli

Mar 31, 2025 - 13:00
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Quale velivolo da pattugliamento marittimo per l’Italia?

Ad oggi Aeronautica (e Marina) dispongono di quattro velivoli Mpa (Maritime Patrol Aircraft): i P-72A in dotazione all’88° Gruppo inquadrato nel 41° Stormo di base a Sigonella. L’articolo di Giovanni Martinelli

Nei giorni scorsi, complici le informazioni emerse da un’audizione parlamentare del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Generale Goretti e poi rilanciate da vari mezzi di informazione nonché dagli stessi social, è tornato alla ribalta il tema della scelta del futuro MPA (Maritime Patrol Aircraft) per le nostre Forze Armate.

Prima però di entrare nel dettaglio delle informazioni/indiscrezioni in oggetto, un paio di considerazioni introduttive. La prima riguarda ciò di cui si sta parlando e cioè gli MPA (Maritime Patrol Aircraft); ovvero, dei velivoli ad ala fissa ottimizzati per le operazioni di pattugliamento marittimo e la lotta antisom (o ASW, Anti-Submarine Warfare). Velivoli poi che possono generalmente imbarcare munizionamento adatto al contrasto di navi di superficie e, soprattutto, di sottomarini. E infine, grazie alle più o meno sofisticate dotazioni in termini di sensori e sistemi collegati, possono svolgere missioni di ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) ad ampio spettro.

In virtù di queste caratteristiche e della sempre più robusta minaccia portata dalla proliferazione di battelli subacquei in molte Marine, l’importanza di questi stessi MPA è andata così aumentando molto in questi ultimi anni; al punto di farli diventare diventare un assetto operativo tanto pregiato quanto ricercato.

La seconda considerazione riguarda la situazione specifica del nostro Paese. Con l’osservazione che questo stesso particolare assetto operativo in Italia è gestito in una maniera anche “originale”; con l’Aeronautica Militare che dal 1957 ha in carico i velivoli dedicati a queste missioni ma che poi li fa operare con piloti e operatori di bordo anche della Marina Militare, andando così a creare un classico esempio di collaborazione interforze; il che significa anche che le stesse scelte in questo ambito saranno in qualche modo condivise.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Per quanto riguarda infine la situazione attuale, si ricorda che oggi Aeronautica (e Marina) dispongono di 4 velivoli dedicati, i P-72A in dotazione all’88° Gruppo inquadrato nel 41° Stormo di base a Sigonella. Il P-72A è  un velivolo derivato dal ben noto ATR-72 e cioè uno degli aerei di linea regionali più diffusi nel mondo; il loro acquisto è stato deciso per venire incontro alla sostituzione dei precedenti Breguet Br 1150 Atlantic, ritirati completamente dal servizio nel 2017.

Qui però c’è un punto fondamentale da sottolineare; il programma relativo a questi nuovi velivoli, entrati in linea a partire dal 2018, nasce come un semplice “gap filler”. In altri termini, pur di non perdere le capacità in questo settore ma non disponendo delle risorse necessarie per acquistare altri MPA, il Ministero della Difesa sceglie di acquistare un numero limitato di P-72A; che oltretutto non dispongono nemmeno di capacità operative complete (in particolare, nel fondamentale ambito ASW). Da qui la grande e sempre più stringente esigenza di adottare un nuovo (e più completo) MPA.

IL FUTURO

E che tale esigenza sia forte, lo si evince anche da quanto scritto nell’ultimo Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP); quello relativo agli anni 2024-2026. In esso infatti si registra il primo stanziamento di 560 milioni di € destinato all’acquisizione di una nuova piattaforma aerea indicata come Maritime Multi Mission Aircraft (M3A).

L’obiettivo è quello di acquistare i primi 2 velivoli comunque non subito bensì, genericamente, dopo il 2026; a fronte di un requisito finale che dovrebbe essere racchiuso in una forchetta di 6-8 M3A. Nella breve descrizione fornita dal DPP, questi nuovi aerei dovranno così assicurare capacità di pattugliamento aereo marittimo a lungo raggio, sopra e sotto la superficie del mare, con il ritorno quindi a piene capacità ASW; e, infine, altrettanto ampie capacità ISR.

A oggi, come detto, l’avvio vero e proprio del programma non è proprio imminente; tuttavia non è da escludere che alla luce dei nuovi ingenti fondi messi a disposizione della Difesa si possa assistere (ipoteticamente certificata dal DPP di questo anno) a un’accelerazione. E proprio il fattore “tempi” potrebbe diventare tra i più importanti in termini di scelte future.

LE OPZIONI IN CAMPO

Qui si torna al punto di partenza; cioè alle dichiarazioni del Generale Goretti. Nell’ambito cioè del lavoro comune sul Gcap (e sull’F-35), si stanno aprendo prospettive di collaborazioni industriali nel settore della Difesa tra Italia e Giappone; collaborazioni che potrebbero riguardare sia il settore degli addestratori avanzati (e qui potrebbe entrare in gioco la ipotetica fornitura degli M-346 di Leonardo) e, per l’appunto, quello del pattugliamento marittimo.

In questo caso, lo schema sarebbe inverso, con l’Italia interessata al P-1 prodotto dalla Kawasaki. Una ipotesi anche affascinante; per certi versi. Il P-1 infatti è l’MPA in servizio nella Japan Maritime Self-Defense Force e tra le sue caratteristiche peculiari c’è quella di essere stato sviluppato appositamente per questo ruolo; a differenza dell’attuale offerta di velivoli di questo tipo, ormai basati tutti sulla modifica di aerei di linea.

Ne risulta che il P-1 stesso è da considerare (anche per gli avanzati sistemi imbarcati) come una delle piattaforme più performanti di questo tipo oggi in servizio. Dunque, l’eventuale sua scelta da parte Italiana avrebbe un suo (forte) senso. Tuttavia, le caratteristiche sopra menzionate finiscono con il rappresentare anche uno svantaggio. In particolare sul fronte dei costi; sia quelli di acquisto che di gestione/supporto logistico.

Quest’ultimo aspetto sarebbe poi ulteriormente esacerbato dall’opzione di “personalizzare” tale stesso velivolo una volta (nel caso) acquistato dal nostro Paese. L’ipotesi più gettonata (peraltro avanzata dallo stesso Capo di Stato Maggiore della Marina Ammiraglio Credendino) sarebbe infatti quella di sostituire una serie di sistemi originali di missione con altri di produzione nazionale; di per sé un percorso anche sensato, se non fosse che esso potrebbe portare a ulteriori costi di sviluppo (con annessi potenziali rischi tecnici e dilatazione dei tempi).

DUNQUE, COSA FARE?

La risposta non è affatto semplice. Perché se da una parte (come abbiamo visto) l’ipotesi P-1 appare allettante, dall’altra non si può negare che le incognite sia tali e tante da sconsigliare di percorrerla davvero. Anche perché, alla fine, il dato in qualche modo positivo è che le alternative non mancano; ciascuna delle quali con i propri pregi e i propri difetti.

Allo stato attuale, si parla di altri 2 possibili candidati. Il primo è una versione MPA/ASW appositamente sviluppata del noto aereo da trasporto tattico C-27J di Leonardo; quest’ultimo già in dotazione all’Aeronautica. Ipotesi dunque interessante dal punto di vista della comunanza logistica e dalla pressoché completa autorità nazionale sul progetto; anche qui però non mancano i dubbi, in particolare sui rischi legati allo sviluppo di una simile piattaforma (con annesse possibili ripercussioni su costi e tempi), più quelle legate alle reali capacità operative finali.

L’alternativa è invece rappresentata dal P-8A Poseidon della Boeing; derivato dal noto aereo passeggeri di linea 737, il Poseidon è da considerare l’attuale MPA di riferimento in campo Occidentale, essendo già stato adottato da 9 Paesi (molti dei quali della Nato). Quindi, capacità operative ai massimi livelli e potenziali collaborazioni/forme di comunanza in ambito Alleanza Atlantica sarebbe elementi anche concreti; per contro, i costi di nuovo non modesti e l’assenza di un ruolo industriale/tecnologico dell’industria Italiana (con i velivoli acquistati direttamente negli USA) sarebbero elementi negativi di non poco conto.

In estrema sintesi, un quadro davvero complicato; con una scelta finale che non si presenta per l’appunto facile. Questo anche perché (potenzialmente) nel novero dei contendenti potrebbe rientrare pure il progetto Francese destinato all’ingresso in servizio futuro del nuovo velivolo A321 MPA; di nuovo derivato, dall’omonimo velivolo di linea di Airbus.

Altrimenti detto, alla fine la vera sfida resta confinata nella ricerca del miglior compromesso possibile tra capacità operative, costi (di acquisizione e di vita del velivolo), livello di (eventuale) coinvolgimento industriale della nostra industria e urgenza del programma (ovvero tempi più o meno stretti.) Insomma, davvero un bel dilemma; non c’è che dire.