Privacy, Garante lento a giudizio

Alla sbarra il Garante della privacy troppo lento. È successo in Croazia, dove il Garante nazionale è stato portato in tribunale da una persona, che si è lamentata della lungaggine dell’amministrazione nella lavorazione di una pratica. Alla fine, il Garante è intervenuto, ma solo dopo che l’interessato si era già rivolto al tribunale per eccepire […] L'articolo Privacy, Garante lento a giudizio proviene da Iusletter.

Apr 8, 2025 - 11:24
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Privacy, Garante lento a giudizio

Alla sbarra il Garante della privacy troppo lento. È successo in Croazia, dove il Garante nazionale è stato portato in tribunale da una persona, che si è lamentata della lungaggine dell’amministrazione nella lavorazione di una pratica. Alla fine, il Garante è intervenuto, ma solo dopo che l’interessato si era già rivolto al tribunale per eccepire l’inerzia dell’autorità. Il giudice, in ogni caso, ha accertato la dilatazione dei tempi, rimproverandola al Garante, cui ha addossato le spese di giudizio: l’adempimento tardivo non è servito a scampare dalla condanna a rimborsare il costo dell’avvocato assunto dall’interessato. La sentenza, datata 19 febbraio 2025, resa nella causa I-2033/2024-4, è del Tribunale amministrativo di Spalato ed è un campanello d’allarme per tutti i garanti dei singoli stati dell’Ue, presso i quali i reclami degli interessati rimangono inevasi anche per parecchi mesi, se non anni. Al centro della vicenda decisa dal tribunale di Spalato c’è una persona che ha chiesto a un ente del settore lavoro (istituto croato per il lavoro sociale) di avere l’accesso ai suoi dati personali e ciò sulla base dell’articolo 15 del Gdpr (regolamento UE sulla privacy n. 2016/679).

Nel silenzio dell’ente, l’interessato si è rivolto al Garante della privacy croato, che però ha lasciato l’interessato senza risposta per oltre due mesi. Quest’ultimo non si è perso d’animo e ha iniziato un contenzioso chiedendo al giudice amministrativo di ordinare al Garante di definire la pratica e di condannare lo stesso Garante al rimborso delle spese di giudizio. Il Garante si è difeso riferendo di avere già adottato il provvedimento di sua competenza, prescrivendo all’istituto del lavoro di consentire l’accesso ai dati all’interessato, ma che il provvedimento, al momento dell’inizio del giudizio, non era stato ancora notificato al richiedente. In sostanza, al momento dell’inizio della causa, l’interessato non aveva avuto ricevuto la comunicazione da parte del Garante. A fronte di ciò, secondo il giudice, l’avvio del contenzioso è stato del tutto giustificato.

Di conseguenza, il tribunale ha ritenuto che l’interessato é stato costretto a fare causa e, dunque, ha maturato il diritto a essere rimborsato delle spese di lite, calcolate in 1.250 euro e messe in conto al Garante. Al di là dei termini specifici vigenti nel diritto croato, il principio, per cui i garanti della privacy devono stare attenti al calendario e non possono far giacere le pratiche per un tempo indeterminato, è applicabile a tutti gli stati dell’Unione europea, considerato che il Gdpr ha applicazione diretta in tutta la UE. E una sentenza, che condanna il Garante alle spese per adempimento tardivo dell’attività di ufficio, è un precedente da non sottovalutare. D’altra parte, i dati sui tempi di risposta dei garanti europei riscontrati dell’associazione “noyb”, attiva nella presentazione di reclami in tutta la UE, evidenziano periodi anche molto dilatati. Ad esempio, ci sono reclami di Noyb pendenti da oltre 2 anni davanti ai Garanti di Francia, Irlanda, Belgio, e anche Italia. Sul totale dei reclami di Noyb, l’8,3% è pendente almeno da 4 anni, il 27% giace inevaso da più di 3 anni e il 13,5% è in attesa di decisione da più di 2 anni.

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